Rischiò la sua vita per salvare i sopravvissuti di Rigopiano, ora dona il premio alle vittime

“Non esprimo giudizi sulle indagini in corso, non ne ho la competenza: preferisco non dare opinioni personali”. Il maresciallo Capo della Guardia di Finanza, Lorenzo Gagliardi, tra i primi ad arrivare con la sua squadra all’hotel Rigopiano (Pescara) travolto lo scorso 18 gennaio da una valanga che ha provocato 29 vittime, non vuol parlare degli inviti a comparire stilati dalla procura di Pescara. C’era da aspettarselo, è un uomo d’azione: molti fatti e poche chiacchiere.

Chi è Gagliardi

 Il finanziere senza dubbio sarà ricordato per il suo coraggio, ma anche per aver scelto di destinare le risorse in denaro del “Premio D’Andrea” che gli è stato donato a Termoli (Campobasso), alla Croce Rossa di Penne, per la realizzazione di un punto avanzato a Farindola. La notte della tragedia aveva raggiunto con i colleghi e agli esperti del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (Cnsas) il luogo della disgrazia, avanzando nella tormenta con le pelli di foca ai piedi e illuminando il tragitto con le torce. “Alle fine dei conti non mi pare di aver fatto qualcosa di diverso da quello che ho fatto altre volte”, commenta il finanziere. Una volta giunto nell’area in cui sorgeva l’hotel “non riuscivo a capire che cosa fosse successo”. Quello che gli si presenta davanti è uno scenario apocalittico.

Il dramma

"Scavavamo con le mani, con tutto quello che avevamo a disposizione, avevamo capito che lì, sotto la neve, c'era qualcuno". La voce del maresciallo è decisa, ma ogni tanto s’incrina di fronte alla forza dei ricordi. “Non arrivava l’elisoccorso, intorno a noi c’era il nulla: se un collega non mi avesse detto che lì c’era un hotel avrei senz’altro detto in luogo disabitato”. Il complesso alberghiero era crollato, la neve ricopriva tutto, “poi abbiamo sentito alcune voci, quelle dei superstiti, quelle di due uomini provati e infreddoliti”. Ed è l’inizio della lotta contro il tempo. “Qualcosa abbiamo fatto”, racconta ora Gagliardi: “Abbiamo salvato molte vite”.

I superstiti

Il 20 gennaio i vigili del fuoco estraggono vive nove persone: la moglie e il figlio di Giampiero Parete (l'uomo che ha dato l'allarme) Adriana Vranceanu e il piccolo Gianfilippo; tre bambini, l'altra figlia di Parete, Ludovica, Edoardo Di Carlo e Samuel Di Michelangelo, e altre quattro persone. Si tratta di Giampaolo Matrone, Vincenzo Forti, Francesca Bronzi e Giorgia Galassi. Insieme a loro affiorano anche altri cadaveri. Le operazioni di recupero terminano il 25 gennaio con un bilancio di 29 morti e undici sopravvissuti. Una strage.

Le indagini

Per la tragedia di Rigopiano ci sono sei indagati Bruno Di Tommaso, Ilario lacchetta, Enrico Colangeli, Antonio Di Marco, Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio sono iscritti nel registro "in violazione di normative cautelari e prevenzionali", e per "omessa previsione, prevenzione e gestione dei rischi connessi anche all'attività aziendale (esercizio di struttura ricettivo alberghiera in zona di alta montagna a rischio isolamento per eventi atmosferici e valanghivi)". L’accusa, insomma, è di negligenza, imprudenza e imperizia.