Licenziato a 25 anni per sopraggiunto limite d'età. Il caso davanti alla Corte di giustizia europea
Il ragazzo milanese era stato assunto con contratto a chiamata. La storia paradossale parte dalla Adercrombie & Fitch per arrivare a Lussemburgo

Si può essere licenziati a venticinque anni per sopraggiunti limiti d'età? Sembra una barzelletta ma è successo a un giovane milanese, dipendente della Abercrombie & Fitch, assunto con contratto cosiddetto a chiamata. La forma di rapporto di lavoro che, per via della sua duttilità è candidata a sostituire gli abrogati voucher. Il contratto a chiamata si basa infatti sul fatto che possa essere applicato a lavoratori con meno di 25 anni di età o con più di 55.
Il 25 enne era stato assunto con questa particolare forma di contratto, introdotta dalla Legge Biagi e criticatissima perché permette al datore di lavoro di assumere il dipendente servendosene solo alla bisogna. In sostanza il lavoratore sta a disposizione del datore di lavoro con l'obbligo di rispondere alla chiamata, in cambio percepisce un'indennità di disponibilità. Al contrario dei voucher, questo tipo di contratto si porta dietro i diritti dei contratti di lavoro subordinato. Come spesso succede però, le forme contrattuali come questa, pensate per studenti e pensionati, finiscono per essere applicate anche oltre queste casistiche proprio per la loro estrema flessibilità.
La storia del giovane milanese
Nel caso del giovane milanese è accaduto che, avendo superato il limite di 25 anni, il datore di lavoro, pur di non rinunciare ai benefici derivanti dal contratto a chiamata, ha deciso di licenziare il giovane. Il quale però ha sporto denuncia e il caso è arrivato fino alla Corte di Giustizia europea. Il caso verrà esaminato entro breve e il giudice supremo dovrà decidere se sia stata applicata una discriminazione. L'avvocato generale, Michal Bobeck, di nazionalità ceca, ha già resa nota la sua posizione: i limiti di età sono "compatibili solo se giustificati dalla volontà politica di favorire l'occupazione giovanile".
L'avvocato scrive che "la norma in questione invece di cercare una soluzione alla disoccupazione, sposta il problema rinviando la disoccupazione alla fascia di età successiva". La conclusione cui giunge Bobeck è che i giudici italiani devono stabilire se esiste una proporzione tra lo scopo politico della legge e la possibilità di mandare a casa un ragazzo di 25 anni. Il parere dell'avvocato generale di norma non è vincolante, ma data la sua autorevolezza è possibile che venga adottato dalla Corte, chiamata in causa dalla Cassazione italiana, dopo un giudizio d'Appello a favore del giovane.