Viaggiare nel tempo non sarà più fantascienza: scoperto il modo per individuare i cunicoli spazio-temporali
Secondo una nuova ricerca dell’Università Jishou di Hunan, Cina, i wormhole potrebbero essere trovati tramite gli effetti gravitazionali che producono sulla luce emessa da oggetti distanti

Non più solo fantascienza: i cunicoli che permetterebbero di viaggiare nello spazio e nel tempo adesso possono essere individuati. Secondo il sito Space.com che cita una nuova ricerca apparsa sulla rivista Physical Review D, i wormhole potrebbero essere trovati tramite gli effetti gravitazionali che producono sulla luce emessa da oggetti distanti.
Cosa sono i wormhole
Fin da quando sono stati concettualizzati nel secolo scorso i wormhole - letteralmente “worm-hole” significa “buco di verme” - hanno affascinato le persone perché rappresentano una possibile soluzione alle limitazioni della velocità della luce nell’Universo. Essi sono teorizzati come ponti spazio-temporali che connettono due punti distanti del Cosmo in modo tale che un oggetto che vi viaggi attraverso potrebbe arrivare a destinazione più velocemente rispetto ad un percorso che segua la normale curvatura dello spazio. I cunicoli dello spaziotempo erano stati previsti negli anni '30 da Albert Einstein e Nathan Rosen, nella teoria nota come 'ponte di Einstein-Rosen', e descrivevano gigantesche strutture cosmiche.

Come si individuano i cunicoli spazio-temporali?
L’effetto di lensing gravitazionale è oggi ampiamente sfruttato dagli studiosi per ”ingrandire” oggetti cosmici lontani. I corpi più massicci, infatti, possono letteralmente piegare il tessuto dello spazio-tempo facendo curvare la luce. Quando la luce produce questa curva ingrandisce anche l’oggetto da cui la luce proviene e, se ci si trova nella linea visiva di questi due oggetti, è possibile ottenere questo ingrandimento e dunque individuare oggetti lontanissimi che non sarebbero individuabili in altri modi. Questo effetto può essere prodotto non solo dai buchi neri ma, secondo quanto sostengono i ricercatori cinesi, anche dagli stessi wormhole. Anzi, secondo Lei-Hua Liu, uno dei ricercatori dell’Università Jishou di Hunan che ha prodotto lo studio, l’ingrandimento che un cunicolo spaziale produrrebbe sarebbe molto massiccio e potrebbe essere rilevato dalla Terra. Tuttavia c’è una difficoltà: tutti gli oggetti massicci possono produrre questo effetto (anche una galassia) e quindi capire se l’oggetto che produce l’ingrandimento è o non è un wormhole sembra ancora molto difficile, almeno per quel che ne sappiamo oggi.
E’ possibile distinguere un buco nero da un wormhole?
Un recente studio, pubblicato sulla rivista scientifica Physical Review D da un gruppo di ricerca dell’Università di Sofia in Bulgaria, ha mostrato un nuovo modello teorico che potrebbe aiutare a distinguere i wormhole dai buchi neri, con i quali condividono molte caratteristiche. Secondo il team di ricerca bulgaro, le sottili differenze fra un buco nero e un wormhole potrebbero diventare visibili proprio grazie all' effetto detto “lente gravitazionale”, che distorcendo la luce a sufficienza funziona come una vera e propria lente di ingrandimento. Ingigantendo le piccole differenze di comportamento che distinguono, in linea teorica, i buchi neri dai wormhole. Un altro modo per carpire le differenze sarebbe quello di individuare un wormhole con un’angolazione perfetta, vale a dire il cui ingresso sia esattamente rivolto verso di noi. Questo ci consentirebbe di osservare con maggiore chiarezza la luce che lo attraversa e di individuare quei dettagli che lo renderebbero distinguibile.
Differenze tra un buco nero e un wormhole
I buchi neri sono reali, corpi celesti con masse estremamente concentrate. I wormholes, o ponti Eintein-Rosen, sono oggetti teorici. Si presume che lo spaziotempo possa "bucarsi" e che un buco nero possa formare un cunicolo che va poi a sbucare in un "buco bianco" altrove. Tuttavia anche i buchi neri sono rimasti una mera ipotesi teorica per molto tempo, trasformatasi poi in una teoria dimostrata. Successivamente siamo anche riusciti a “immortalarli”, per la prima volta nel 2019 Si tratta – lo ricordiamo – di “pozzi profondissimi”, regioni dello spazio-tempo con caratteristiche estreme, la cui enorme gravità non dà scampo neppure alla luce, una volta che è stata inghiottita.