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Troppe fughe di gas e il pianeta non respira per l’inquinamento. Ma il metano ci può salvare

L’impatto del nuovo clima è ampio e potenzialmente catastrofico. Eppure le soluzioni per invertire la tendenza ci sono

Maurizio Riccidi Maurizio Ricci   
Troppe fughe di gas e il pianeta non respira per l’inquinamento. Ma il metano ci può salvare

Questa è la stagione in cui riscaldamento globale, cambiamento del clima, effetto serra diventano materiale per le chiacchiere di tutti i giorni, nelle discussioni sotto gli ombrelloni o nei bar delle città roventi. L’impatto del nuovo clima è molto più ampio e potenzialmente catastrofico (alluvioni, siccità, carestie), ma è l’aria che scotta sulla pelle a luglio e ad agosto che sembra creare urgenza ad agire. Sarebbe bello che, con uno schioccar di dita, si potesse rovesciare la tendenza ed eliminare, per esempio, le emissioni di anidride carbonica di oltre metà delle auto che circolano nel mondo, facendo respirare un po’ noi e il pianeta.

Bene. E’ perfettamente possibile. Si può fare anche in fretta. E, per giunta, in larga misura gratis. La chiave è il metano. L’energia blu della pubblicità di una volta è, in realtà, un potentissimo gas serra, peggio dell’anidride carbonica. La differenza è che, mentre un metro cubo di CO2 è solo una seccatura, un metro cubo di metano ha un prezzo, un costo, un valore. Lo testimonia la vostra bolletta del riscaldamento. La Iea, l’agenzia che si occupa di energia per conto dell’Ocse (l’organizzazione che raccoglie i paesi industrializzati) ha calcolato i risparmi di inquinamento che si potrebbero ottenere, eliminando gli sprechi e le fughe di gas nell’estrazione del metano. Vediamo come.

Il metano che inquina

Rispetto al periodo precedente alla rivoluzione industriale, nell’atmosfera c’è 2,5 volte più metano. Si parla sempre dell’anidride carbonica, ma il metano riscalda l’atmosfera, intrappolando il calore vicino al suolo, 80 volte di più della CO2. Gli scienziati calcolano che una tonnellata di metano svanito per aria produca, nei suoi 12 anni di permanenza nell’atmosfera, un effetto serra di riscaldamento equivalente a quello che determinano fra 28 e 36 tonnellate di CO2 nell’arco di un secolo. Non ha, però, lo stesso effetto di bomba ad orologeria: mentre l’anidride carbonica resta nell’atmosfera per secoli, continuando ad accumularsi e richiede altrettanti secoli per scomparire, il metano svanisce nell’aria in 12 anni. In altre parole, se noi smettessimo di lasciare che il metano si diffonda nell’atmosfera, nel giro di 12 anni non ce ne sarebbe più.

Almeno, quello di cui siamo responsabili. In realtà, infatti, solo metà del metano ha origine umana. Il resto fa parte (come anche l’anidride carbonica) dei normali processi naturali. Quello che produciamo noi si divide, grosso modo, fra l’agricoltura e l’energia. Ed è su quest’ultimo che si concentra la Iea perché è, letteralmente, un metano che ci lasciamo sfuggire fra le mani.

Una megafuga di gas

Lo bruciamo all’imboccatura dei pozzi di petrolio (notato il pennacchio di fuoco in cima alle trivelle? E’ metano che brucia). Lasciamo che sfiati nell’aria, per allentare la pressione nell’estrazione del gas. Lo perdiamo dalle mille fessure dei tubi che lo trasportano e degli impianti che lo lavorano. Solo negli Usa, ha calcolato la rivista Science, sfumano così nell’aria 13 milioni di tonnellate di metano ogni anno. Di fatto, è come se la grande rivoluzione, in termini di effetto serra, legata al passaggio delle centrali elettriche americane dal superinquinante carbone al meno tossico gas, non fosse mai avvenuta.

Questa tragedia dell’incuria, dell’ignoranza, dell’abbondanza (“con tutto il petrolio che c’è nel pozzo, ci preoccupiamo se si perde un po’ di metano?”) si può però rovesciare in una storia a lieto fine. Due i fattori. Il primo è il tempo: proprio perché la vita media del metano nell’atmosfera è limitata a 12 anni, interventi che contengono le perdite avrebbero risultati significativi e immediati, in termini di effetto serra. Il secondo sono i costi: Science calcola che, a forza di fughe di gas, negli ultimi 20 anni le aziende Usa dell’energia hanno lasciato volare nell’atmosfera 2 miliardi di dollari. Prima ancora della responsabilità ambientale, il buon senso suggerisce di frenare l’emorragia.

Il quadro mondiale

A livello globale, secondo la Iea, ci sono 80 milioni di tonnellate di metano che, ogni anno, sfuggono dagli impianti legati all’energia nell’atmosfera. Non occorre una rivoluzione tecnologica: normali interventi di monitoraggio, manutenzione, revisione e innovazione degli impianti possono ridurre queste fughe di un quarto nell’arco di un anno, di tre quarti entro il 2030. Il direttore della Iea, Fatih Birol, sottolinea l’effetto serra così sventato: è come, dice, se più di metà delle auto che circolano nel mondo smettessero di emettere anidride carbonica. Chi paga? I costi di questi interventi, dice sempre la Iea, per metà possono essere coperti dal valore del gas recuperato.

L’Italia, che ha una produzione di gas importante, ma minuscola rispetto ai giganti mondiali, conta solo per lo 0,3 per cento del metano perso in aria a livello globale. Il grosso risale ai grandi produttori. Stati Uniti e Russia, insieme, rispondono di quasi un terzo di tutte le fughe di gas. Per tre quarti potrebbero essere evitate e il 30 per cento del costo degli interventi sarebbe coperto dalla vendita del metano recuperato.

Maurizio Riccidi Maurizio Ricci   
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