Pericoli per la salute con le trasfusioni di “sangue vecchio”
I ricercatori: “Ridurre il limite massimo di conservazione del sangue portandolo da 6 a 5 settimane”
Il sangue che milioni di persone donano nella speranza possa essere impiegato in un secondo momento per salvare delle vite umane non andrebbe conservato per oltre 4 o 5 settimane. A rischio, evidenzia un nuovo studio condotto da un team di ricercatori della Columbia University Medical Center (CUMC), è la stessa salute dei pazienti sottoposti a trasfusione. Il cosiddetto “sangue vecchio”, spiegano gli scienziati sulle pagine del numero di gennaio del Journal of Clinical Investigation, rilascia grandi quantità di ferro nel flusso sanguigno che potrebbero rivelarsi potenzialmente nocive per il paziente. “La nostra raccomandazione sarà discutibile - commenta il responsabile dello studio, il dottor Steven Spitalnik, professore di patologia e biologia cellulare nonché direttore medico dei laboratori clinici al NewYork-Presbyterian, in Columbia - ma pensiamo di avere dati reali per sostenerla. Recenti studi hanno concluso che le trasfusioni di ‘sangue vecchio’ non hanno alcun impatto sullo stato di salute del paziente. La carenza di questi studi è rappresentata però dal fatto che mai si è preso in esame il solo sangue più vecchio disponibile per le trasfusioni. La nostra ricerca ha dimostrato che l’utilizzo di questo plasma, quando conservato per oltre 5 settimane, può realmente danneggiare i pazienti”.
Pericoli dal troppo ferro rilasciato nel flusso sanguigno
Ad oggi la trasfusione di globuli rossi è la procedura più comune eseguita sui pazienti ospedalizzati. Soltanto negli Stati Uniti, nell’ultimo anno, si contano non meno di 5 milioni di pazienti che hanno subito una trasfusione. “Ma più il sangue viene conservato - aggiunge il dottor Eldad Hod, professore associato di patologia e biologia cellulare alla CUMC, nonché patologo clinico al NewYork-Presbyterian, in Columbia - tanto più le cellule risultano danneggiate”. Attualmente la FDA permette la conservazione del sangue utilizzato per le trasfusioni per un massimo di 6 settimane ma i ricercatori raccomandano di ridurre il tempo di conservazione a non oltre 5 settimane. Lo studio si è avvalso di un gruppo di 60 soggetti sani che hanno accettato di ricevere volontariamente una unità di globuli rossi conservata da un minimo di 1 fino ad un massimo di 6 settimane.
I risultati dello studio
I soggetti, monitorati ininterrottamente per 20 ore, hanno avuto reazioni diverse. Poche ore dopo la trasfusione, 7 dei 9 volontari che hanno ricevuto il sangue conservato per 6 settimane, non riuscivano a metabolizzare adeguatamente le cellule danneggiate, liberando in tal modo grandi quantità di ferro nel loro flusso sanguigno. La stessa cosa è accaduta ad un solo volontario che ha ricevuto il sangue vecchio di 5 settimane. Sebbene nessuno dei volontari abbia subito dei danni gravi, lo studio ha dimostrato che l’eccesso di ferro può favorire lo sviluppo di coaguli di sangue e lo sviluppo delle infezioni. “In base alla quantità di ferro che circola nel sangue dei volontari che hanno ricevuto il sangue di 6 settimane - ha spiegato il dottor Hod - possiamo prevedere che alcune infezioni esistenti potrebbero essere esacerbate”. Per quanto riguarda i pazienti malati, ricoverati in ospedale, “l’eccesso di ferro potrebbe portare a gravi complicazioni”, ha aggiunto il professor Spitalnik. “E’ probabile che la percentuale di soggetti che subiscono complicazioni a causa del sangue troppo vecchio sia molto piccolo - asseriscono ancora i ricercatori - ma dal momento che le persone che ricevono una trasfusione sono decine di milioni in tutto il mondo anche una differenza dell’1 per cento potrebbero interessare un gran numero di pazienti”.
I ricercatori chiedono venga utilizzato sangue più fresco
Secondo i dati ufficiali rilasciati dalle banche del sangue prese in esame dal team di scienziati “si stima che circa il 10 al 20 per cento di unità di plasma usate per le trasfusioni sia stato conservato per più di 5 settimane”. Di conseguenza, spiega il professor Hod, “il numero di pazienti a rischio è decisamente elevato”. “Il Regno Unito, l’ Irlanda, i Paesi Bassi e il National Institutes of Health - ha poi concluso il professor Spitalnik - hanno limitato la conservazione di sangue per le trasfusioni a 35 giorni. Riteniamo che questo obiettivo possa essere raggiunto anche in altri paesi”. Qualche tempo fa un altro studio, condotto da un’equipe di ricercatori del Connecticut Children’s Medical Center di Hartford, e pubblicato sulle pagine del Clinical Care, mise in guardia dall’utilizzo di sangue più vecchio di 4 settimane. I pazienti che - colpiti da gravi traumi o affetti da malattie - vengono sottoposti a trasfusione di sangue conservato per più di 28 giorni risultavano avere un rischio doppio di soccombere a seguito di una trombosi o di un infarto d’organo multiplo. “La somministrazione preferenziale di sangue più recente, a pazienti in condizioni critiche - osservava il professor Philip Spinella - rischia di aumentare le quantità di plasma che va scartato per superati limiti di scadenza. Dato che il sangue è spesso una risorsa scarsa è necessario sviluppare metodiche per minimizzare gli sprechi e al contempo fornire il prodotto ematico più efficace e sicuro per un certo paziente”.