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Tracce biologiche su un esopianeta distante “soltanto” 120 anni luce dalla Terra

Il telescopio spaziale Webb rivela metano, anidride carbonica e una possibile molecola legata alla vita su K2-18b, un pianeta sub-nettuniano che orbita attorno a una nana fredda

Roberto Zoncadi Roberto Zonca   
Rappresentazione artistica di K2-18b
Rappresentazione artistica di K2-18b

Potrebbe sembrare fantascienza, ma è tutto vero: c’è un mondo, a soli 120 anni luce da noi, che potrebbe ospitare un oceano sotto un cielo carico di metano e anidride carbonica. Si chiama K2-18b, è un sub-nettuniano - cioè un pianeta con una massa inferiore a quella di Nettuno - e orbita attorno a una nana fredda nella costellazione del Leone. La sua scoperta risale al 2015 grazie al telescopio spaziale Kepler, ma oggi torna a far parlare di sé grazie al più potente e avanzato strumento mai inviato nello spazio: il James Webb Space Telescope.

Secondo uno studio in uscita su The Astrophysical Journal Letters, K2-18b avrebbe le caratteristiche di un pianeta Hycean, un termine che deriva dalla fusione delle parole inglesi hydrogen (idrogeno) e ocean (oceano). Questo tipo di esopianeti potrebbe rappresentare uno dei migliori candidati per la ricerca di vita nell’universo. I dati raccolti da Webb, in particolare grazie agli strumenti NIRISS e NIRSpec, rivelano la presenza nell’atmosfera di metano (CH₄), anidride carbonica (CO₂) e, forse, persino di solfuro di dimetile (DMS), una molecola prodotta sulla Terra da organismi viventi.

 

Metano, CO₂ e l’assenza di ammoniaca: indizi da interpretare

Fin dal suo debutto nel 2022, Webb ha mostrato una sorprendente capacità di analizzare le atmosfere planetarie. Tra i suoi primi obiettivi scientifici c’era già un esopianeta, Wasp-96b, ma ora il salto qualitativo è notevole. “Abbiamo ottenuto lo spettro più dettagliato mai registrato di un sub-nettuniano in orbita nella zona abitabile”, ha spiegato Savvas Constantinou dell’Università di Cambridge, coautore dello studio.

L’atmosfera di K2-18b sembra essere composta da un involucro di idrogeno che avvolge un oceano probabilmente ricco d’acqua. Il metano e la CO₂ appaiono in quantità elevate, mentre l’ammoniaca è sorprendentemente assente. Questo squilibrio nella chimica atmosferica rafforza l’ipotesi della presenza di un oceano sottostante, ipotesi già sostenuta da altri modelli teorici.

Il pianeta ha una massa stimata in 8,6 volte quella terrestre e un raggio di 2,6 volte superiore al nostro. Secondo i ricercatori, l’interno potrebbe contenere un mantello di ghiaccio ad alta pressione, simile a quello dei giganti ghiacciati del nostro Sistema solare. Ma è la superficie - o meglio, ciò che potrebbe esserci sopra - ad accendere l’interesse degli scienziati: un vasto oceano sotto un’atmosfera ricca di gas serra.

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Il mistero del DMS: possibile indizio biologico, ma serve cautela

Tra i dati ottenuti da Webb, spicca una possibile rilevazione del solfuro di dimetile (DMS), una molecola organica molto particolare. Sulla Terra, è emessa quasi esclusivamente dal fitoplancton, e contribuisce all’odore caratteristico del mare. La sua eventuale presenza nell’atmosfera di un altro pianeta ha generato comprensibile entusiasmo.

Tuttavia, gli stessi autori dello studio invitano alla prudenza. La rilevazione del DMS non è ancora confermata, e soprattutto non implica necessariamente la presenza di forme di vita. Esistono meccanismi chimici non biologici che potrebbero, in linea teorica, produrre questa molecola anche in ambienti esotici. Serviranno nuove osservazioni con Webb per poter trarre conclusioni più solide.

Il DMS è comunque un biosignature candidate, cioè una molecola che – se confermata – rientra tra gli indizi potenziali di un’attività biologica. Se la rilevazione sarà confermata, K2-18b potrebbe diventare un target prioritario per futuri studi astrobiologici.

Spettri di K2-18 b ottenuti con gli strumenti NirIss e NirSpec di Webb. Crediti: Nasa, Csa, Esa

I pianeti Hycean: nuovi candidati nella ricerca della vita

Il termine “Hycean” è stato proposto di recente proprio dal gruppo guidato da Nikku Madhusudhan, primo autore dello studio e docente all’Università di Cambridge. “Tradizionalmente, la ricerca di vita sugli esopianeti si è concentrata perlopiù su quelli rocciosi più piccoli, ma i più grandi pianeti Hycean sono molto più favorevoli per le osservazioni atmosferiche”, afferma lo scienziato.

Secondo Subhajit Sarkar, coautore dello studio e ricercatore all’Università di Cardiff, “sebbene mondi di questo tipo non esistano nel Sistema solare, i sub-nettuniani sono i pianeti più comuni a oggi conosciuti nella nostra galassia”. Questo significa che, se davvero offrono ambienti favorevoli all’abitabilità, potrebbero rappresentare una vera miniera d’oro per l’astrobiologia.

L’atmosfera ricca di idrogeno rende questi pianeti molto più “leggibili” dagli strumenti astronomici, rispetto ai pianeti terrestri. Per questo motivo, le missioni future potrebbero preferire i mondi Hycean ai classici “gemelli della Terra”, almeno nella fase di individuazione e caratterizzazione delle atmosfere.

Webb cambia le regole del gioco nella caccia alla vita

Il telescopio spaziale Webb si sta rivelando uno strumento rivoluzionario per l’esplorazione dell’universo. La sua capacità di analizzare atmosfere planetarie lontane con una risoluzione senza precedenti sta permettendo agli scienziati di studiare mondi che fino a pochi anni fa erano semplici puntini nella notte.

K2-18b è il perfetto esempio di come le frontiere dell’astrobiologia si stiano ampliando. I pianeti Hycean, pur molto diversi dalla Terra, potrebbero rivelarsi altrettanto (se non più) promettenti nella ricerca di tracce di vita. E mentre attendiamo nuove conferme, Webb continuerà a scrutare il cielo, portandoci sempre più vicino a rispondere alla domanda più antica di tutte: siamo davvero soli nell’Universo?

Fonte:

Il preprint dell’articolo in uscita su The Astrophysical Journal Letters
Carbon-bearing Molecules in a Possible Hycean Atmosphere

Roberto Zoncadi Roberto Zonca   
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