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Gemelline cinesi geneticamente modificate condannate ad una vita breve

Le modifiche apportate al loro genoma, effettuate per renderle resistenti all’Hiv, potrebbero ridurre drasticamente la loro aspettativa di vita

Roberto Zoncadi R.Z.   
Gemelline cinesi geneticamente modificate condannate ad una vita breve

Voleva renderle immuni alla Hiv, ma la modifica genetica effettuata sul loro Dna attraverso la tecnica Crispr-Cas9, potrebbe condannarle a una vita molto più breve del normale. He Jiankui, lo scienziato cinese della Southern University of Science and Technology di Shenzhen, che a novembre dello scorso anno annunciò al mondo di aver fatto nascere due gemelline geneticamente modificate, potrebbe aver trascurato delle informazioni importanti che rendono la sua sperimentazione un salto nel buio.

Ecco cosa rischiano le gemelline

A puntare il dito contro di lui è un team di scienziati dell’Università della California che ha condotto uno studio analizzando 410mila profili genetici contenuti nella biobanca del Regno Unito. Le conclusioni sono inquietanti: la doppia mutazione del gene Ccr5 introdotta da He darebbe alle gemelline il 21 per cento di probabilità in più di morire prima del compimento del 76esimo anno di età. La ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati sulle pagine di Nature Medicine, soffre di alcune limitazioni e non svela i perché di questo problema.

Giocare con il Dna è pericoloso

La biologa evoluzionista April Wei e il genetista Rasmus Nielsen, che nell’analizzare i dati hanno testato anche un nuovo strumento computazionale di loro sviluppo, che mette in relazione le mutazioni genetiche con la durata della vita, ritengono che giocare con il Dna sia estremamente pericoloso. “Penso che sia davvero difficile dimostrare che un gene sia incondizionatamente benefico - ha commentato April Wei -. Anche se risolvessimo le difficoltà tecniche e le questioni etiche, possiamo davvero permetterci di modificare un gene se non sappiamo se possa avere o meno un effetto deleterio?”.

Contrazione della vita quasi irrilevante

Nonostante le pesanti critiche della comunità scientifica a He Jiankui, molti ricercatori hanno fatto notare che la metodologia di Wei e Nielsen presenta delle limitazioni, dovute alle caratteristiche del campione disponibile, e che l’associazione tra la mutazione di Ccr5 e la contrazione della durata della vita non sia poi così rilevante. Allo stato attuale il genoma umano è ancora un grande mistero e manipolarlo comporta rischi troppo elevati. “È semplicemente folle, a questo punto, andare avanti e iniziare a mutare i geni negli umani - è il commento critico del neuroscienziato Alcino Silva -. Non importa quanto benintenzionati possiamo essere quando progettiamo queste manipolazioni genetiche, semplicemente non ne sappiamo abbastanza per farlo in questo momento”.

Serve una maggiore consapevolezza

Disabilitare Ccr5 è come togliere i freni a un’automobile: la macchina (in questo caso il cervello) va molto più veloce ma il rischio di schiantarsi è molto più elevato. La mutazione CCR5-Δ32 è comune in diverse popolazioni umane. Circa l'11 per cento della popolazione del Regno Unito dispone di questa mutazione in almeno una copia del gene CCR5, e il tasso è ancora più alto in alcune aree della Scandinavia. L'apparente collegamento tra la mutazione CCR5-Δ32 e l'aspettativa di vita è interessante, ma non sorprendente, sostiene David Melzer, noto epidemiologo dell'Università di Exeter, nel Regno Unito. Uno dei marcatori genetici che Wei e Nielsen hanno usato per testare la forma mutante di CCR5 è associato a condizioni autoimmuni - come il morbo di Crohn e il diabete di tipo 1 - che possono abbreviare la vita di una persona.

Roberto Zoncadi R.Z.   
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