Nuova speranza contro la vitiligine, una crema già sul mercato ne inverte gli effetti
Si chiama Ruxolitinib e, benché sia nata per trattare alcune patologie del sangue, sembra in grado di curare la malattia autoimmune nel 50 per cento dei casi
Un team di ricercatori del Tufts Medical Center di Boston ha individuato un farmaco, attualmente utilizzato per trattare alcune patologie del sangue, che sembrerebbe in grado di contrastare, e in alcuni casi invertire, gli effetti della vitiligine, malattia autoimmune - relativamente comune - che causa la perdita della pigmentazione della pelle. I risultati dei test, giunti a una sperimentazione clinica di fase II, hanno sorpreso gli stessi ricercatori. La crema, la Ruxolitinib, ha permesso trattare una moltitudine di pazienti affetti da vitiligine facciale. Di questi, quasi il 50 per cento, ha beneficiato di un sostanziale miglioramento con regressione della patologia.
Cause scatenanti risultano ignote
I dati relativi al trial clinico sono stati presentati dal professor David Rosmarin, dermatologo presso il Tufts Medical Center nel corso del Congresso mondiale di dermatologia, tenutosi a Milano lo scorso 15 giugno. Al momento la vitiligine è una malattia ancora misteriosa. Il sistema immunitario attacca le cellule preposte alla pigmentazione della pelle, ma le cause scatenanti risultano ignote. La patologia, che può essere più o meno aggressiva, colpisce qualsiasi parte del corpo. I dati statistici rivelano tuttavia che le aree maggiormente a rischio sono quelle più esposte, come viso e mani.
Attuali trattamenti hanno efficacia limitata
La metà dei pazienti - nel mondo se ne contano ormai circa 50 milioni, pari all’1 per cento della popolazione mondiale -, contrae la malattia prima dei 20 anni. La condizione colpisce allo stesso modo tutti i gruppi etnici. Allo stato attuale, evidenziano i responsabili della sperimentazione, non esistono trattamenti di re-pigmentazione approvati dalla Food and Drug Administration (Fda). Anche i “trattamenti come la fototerapia, i corticosteroidi topici e gli inibitori della calcineurina - commenta Rosmarin - hanno un’efficacia limitata”.
I risultati dello studio
Lo studio condotto da Rosmarin e colleghi risulta essere il più ampio mai condotto sulla vitiligine. I ricercatori hanno infatti testato il medicinale e analizzato risultati per ben 2 anni, arruolando complessivamente 157 pazienti in 30 siti degli Stati Uniti. I volontari, suddivisi in due gruppi, hanno ricevuto quotidianamente l’applicazione topica di ruxolitinib o il placebo direttamente nell’area colpita dalla vitiligine. Circa la metà dei soggetti trattati con la dose più alta del medicinale ha registrato un miglioramento statisticamente significativo nella riduzione della vitiligine facciale. Tra i partecipanti che hanno invece ricevuto il placebo soltanto il 3 per cento ha goduto di lievi miglioramenti.
Irrilevanti gli effetti collaterali
I pochi degni di nota erano rappresentati da arrossamenti e acne. “Ruxolitinib topico - afferma il professor Rosmarin - ha il potenziale per cambiare il modo in cui viene trattata la vitiligine: non solo è efficace nel ripigmentare la pelle, ma ha anche un eccellente profilo di sicurezza. Siamo anche ottimisti sul fatto che molti pazienti affetti da vitiligine possano vedere una risposta ancora migliore con uso continuo di ruxolitinib per un lungo periodo di tempo, combinato con la fototerapia e l’esposizione alla luce solare. La nostra speranza è che questo trattamento, alla fine, possa restituire una vita normale a milioni di persone in tutto il mondo”.