Il vaiolo delle scimmie colpisce l’Ue: primo caso in Svezia. Si tratta del ceppo aggressivo
La variante Clade1 preoccupa. L’agenzia svedese per la sanità pubblica: “E’ la prima volta che colpisce al di fuori dell’Africa”
L'Agenzia svedese per la sanità pubblica ha annunciato di aver registrato il primo caso al di fuori dell'Africa della variante più pericolosa del vaiolo delle scimmie, che l'Oms ha dichiarato ieri un'emergenza sanitaria globale. "Ad una persona è stato diagnosticato a Stoccolma il morbo causato dalla variante Clade 1. È il primo caso causato dal clade I ad essere diagnosticato al di fuori del continente africano", ha affermato l'agenzia in un comunicato.
Bassetti: "Evitare la diffusione globale"
A 15 mesi dalla fine dell'emergenza che lo aveva visto protagonista, il vaiolo delle scimmie - ormai ribattezzato mpox - torna dunque a far paura. Matteo Bassetti, direttore del reparto di malattie infettive dell'ospedale policlinico San Martino di Genova, sottolinea la “necessità di organizzarsi con tutte le misure di terapia e profilassi per evitare la diffusione globale. Il nuovo ceppo virale detto Clade1, aggiunge il professore - è molto diverso rispetto al precedente e più aggressivo e virulento. Si parla di circa 15 mila casi nel continente africano dall'inizio dell'anno e 461 i decessi”.
Le vittime principali sono i minori
“Il virus - prosegue - sta mostrando di essere capace di varcare i confini dei paesi dove è stato descritto maggiormente e insediarsi in aree in cui fino a oggi non era presente". Secondo Bassetti, la cosa che preoccupa di più è che le vittime principali sono oggi i minori. Secondo i dati diffusi dall'Oms, il 39% dei casi e il 62% dei decessi riportati dall'inizio dell'anno fino a maggio nella Repubblica Democratica del Congo - sottolinea ancora - riguardavano bambini con meno di 5 anni di età. Il 20% delle persone decedute non aveva ancora compiuto un anno e negli ospedali, riferisce Save the Children, sono ricoverati a causa della malattia anche neonati di appena due settimane.
"Si tratta di una malattia infettiva di difficile contenimento. Potrebbero esserci casi d'importazione legati ai viaggi, anche nel nostro Paese. Occorre organizzarsi presto - conclude Bassetti - con tutte le misure di terapia e profilassi per evitare la diffusione globale".
Msf: "Da giugno in Congo 1.159 casi"
Da metà giugno a inizio agosto nelle strutture supportate da Medici Senza Frontiere (Msf) nella Repubblica Democratica del Congo (Rdc) sono stati già assistiti 1.159 pazienti. Di questi, 431 erano casi gravi e 728 erano casi semplici seguiti ambulatorialmente. Sono inoltre 6.376 le sessioni di sensibilizzazione organizzate. Follow-up dei casi di contatto: più di 1.530 casi sono attualmente seguiti a domicilio. Da metà giugno un team di Msf lavora nella zona sanitaria di Uvira nel Sud Kivu. "Stiamo supportando le cure per le persone con sintomi gravi presso l'ospedale generale di riferimento di Uvira, e il follow-up con i pazienti con forme più lievi della malattia su base ambulatoriale, isolando i casi sospetti". Nel Nord Kivu "abbiamo avviato attività di sorveglianza e sensibilizzazione nei campi profughi di Goma dove siamo presenti e stiamo rafforzando le strutture sanitarie in termini di triage, isolamento e gestione dei pazienti che presentano sintomi riconducibili a Mpox - prosegue il comunicato -. Nel nord-ovest del Paese sono stati lanciati altri due interventi: uno nella zona sanitaria di Bikoro, nella provincia dell'Equatore, e l'altro nella zona sanitaria di Budjala, a Sud di Ubangi".