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Il tumore del sangue non è più una condanna inappellabile

I nuovi approcci e le tante iniziative di supporto alle famiglie

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
Foto Ansa - Pixabay
Foto Ansa - Pixabay

C’era una volta il tumore del sangue che era una condanna. Inappellabile. C’era una volta e non c’è più perché, da quando Alberto Marmont, il luminare che ha fatto la storia della medicina italiana con il primo trapianto di midollo osseo al Policlinico San Martino di Genova, ha aperto la strada alla speranza, un po’ alla volta quella strada è diventata un’autostrada, anche grazie ai due successori nel reparto di ematologia dell’ospedale genovese: Andrea Bacigalupo e Emanuele Angelucci.

L’altro tassello decisivo per passare dalla disperazione alla speranza è l’AIL, Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma, che ogni giorno da più di cinquant’anni lotta per assicurare condizioni di vita migliori ai malati, che si declinano in moltissimi modi, dall’assistenza domiciliare che ha permesso di ridurre i tempi di ricovero in molti casi da 40 giorni a 12, alle case AIL, supportate negli ultimi anni da Unicredit, qui rappresentata da Marco Borgione, che permettono di accogliere i pazienti e le loro famiglie quando sono ricoverati e dimessi, in modo che un problema sanitario non si trasformi (anche) in un problema economico per tutta la famiglia.

Ma “Sognando Itaca” è il salto di qualità nella cura e nella tipologia della cura, un giro d’Italia a vela organizzato da AIL, che permette ai malati di essere curati, anche con le tecniche più moderne della velaterapia. Il viaggio parte da Genova e quest’anno tocca il Tirreno, dopo che lo scorso anno ha avuto l’Adriatico come sfondo, con tanto di arrivo a Venezia che, per definizione, è qualcosa di unico al mondo. La scelta di Genova nasce dall’ effervescenza instancabile di Liliana Freddi, una specie di fiducia mitologica che guida AIL a queste latitudini, e della sua squadra a partire da Rachele Selvaggia De Stefanis e Ernesto Pugliese, con l’assessore ai giovani e al marketing territoriale del Comune di Genova Francesca Corso a dare idealmente il via alle regate. E le ulteriori tappe sono Viareggio, Cagliari il 6 giugno, Palermo, Reggio Calabria, Cetraro in provincia di Cosenza, Salerno fino al traguardo finale di Napoli il 14 giugno.

Giuseppe Navoni, giubbotto tecnico da skipper e passione assoluta, è il coordinatore del progetto ed ha iniziato con l’idea di un ragazzo ricoverato con una regata sul lago di Garda, prima che la velaterapia prendesse il largo al mare: “I pazienti traggono uno straordinario beneficio e in barca, insieme al timone fisico, metaforicamente riprendono in mano anche il timone della propria vita, invertendo i ruoli con il personale sanitario”. E Navoni, che è anche vicepresidente nazionale di AIL e guida la sezione bresciana, è una forza della natura che trova la sua traduzione nei due professori del Policlinico San Martino, l’ospedale più grande d’Europa, quasi una città nella città, che commentano e festeggiano l’iniziativa.

Il primo, ovviamente, è Emanuele Angelucci, direttore di ematologia e terapie cellulari, che spiega “anche l’aspetto psicologico è importantissimo nella cura e cercare di mettere a proprio agio il più possibile i pazienti è esso stesso un elemento della cura”. Angelucci, marchigiano di Pesaro, ha le esse che si sciolgono, ma soprattutto ha un’umanità che è qualcosa che riconcilia con la bellezza della cura. E lo sguardo con cui guarda i suoi pazienti pare più efficace di un farmaco, anzi è un farmaco aggiunto.

La conferma di tutto questo arriva da Gabriella Biffa che al San Martino dirige l’Unità operativa di psicologia clinica e psicoterapia e che quindi ha studiato direttamente sui pazienti l’importanza di abbinare alle cure tradizionali anche la velaterapia e in generale le cure alternative: “Anche se siamo in pochi cerchiamo di studiare il più possibile i benefici di queste attività perché sono importanti nel recupero dei pazienti. E lavorare in tandem fra reparti ci permette un approccio più completo e attento in tutte le sue fasi”. I risultati, da questo di punto di vista, sono impressionanti e lo staff della dottoressa Biffa ha dati già scientificamente consolidati che fanno capire quanto sia importante andare avanti su questa strada.

Anche perché “Sognando Itaca” non si limita alla velaterapia, ma ha anche yogaterapia, arteterapia, musicoterapia, ginnastica dolce e molto altro, il tutto sotto il controllo dei pazienti, che sono al centro del viaggio, e dei loro compagni di navigazione. L'equipaggio, infatti, è formato ovviamente dai malati e, oltre agli skipper professionisti che danno in diretta i consigli per la migliore navigazione, da medici, infermieri e psicologi per portare la cura fuori dai luoghi tradizionali della cura. E, testimonia chi ha fatto i viaggi fino ad ora, in tutti i ruoli citati, “il contesto è quello di assoluta reciprocità”. Il viaggio in corso, in particolare, è connotato anche dalla presenza a bordo dei nutrizionisti, perché agli “scopi sociali” tradizionali, l’edizione 2024 di “Sognando Itaca” aggiunge anche l’attenzione sull’importanza di un ambiente sano e soprattutto di un’alimentazione sana sulla prevenzione.

E qui arriva un altro tassello della storia, quello legato all’alimentazione e a scelte corrette che aiutano anche la salute. È molto interessante il racconto di Vincenzo Russo, professore di psicologia dei consumi e neuromarketing che lavora nella direzione scientifica del master in “Food and Wine Comunication” dell'Università milanese Uilm e, proprio in occasione della partenza di “Sognando Itaca”, spiega le tecniche per portare il pubblico verso una o l’altra scelta alimentare: "Purtroppo, il packaging del junk food, il cibo spazzatura, spesso è molto più accattivante di quello dei prodotti che fanno bene alla salute e in queste occasioni il cervello del consumatore tende ad essere attratto proprio dalla confezione. E lo stesso discorso vale per il posizionamento delle luci nei punti vendita o, come abbiamo avuto modo di provare con un nostro esperimento, anche dalle essenze profumate che vengono effuse fra gli scaffali dove ci sono i prodotti”.

Insomma, anche le strategie di marketing possono contribuire concretamente a migliorare la salute dei pazienti e il fatto che tutto questo accada in concomitanza con la partenza di “Sognando Itaca” è un segno decisivo del cambiamento di mentalità e di paradigma nella cura. Che, ovviamente, in questi casi, non può prescindere dall’ospedalizzazione e dalla cura tradizionale. Ma, d’ora in poi, non può più prescindere nemmeno dall’aspetto psicologico. In viaggio verso il mare delle infinite possibilità di cura.

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
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