Nuovo test per scovare l’Alzheimer: diagnosi precoce fino a 10 anni prima dei sintomi
Scoperto un biomarcatore nel liquido cerebrospinale che rileva l'Alzheimer molto prima delle immagini PET, aprendo nuove prospettive per la diagnosi e il trattamento

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Pittsburgh ha sviluppato un test capace di rilevare l’Alzheimer con un anticipo significativo rispetto alle attuali tecniche diagnostiche. Pubblicato su Nature Medicine, lo studio dimostra che il test può identificare le prime tracce della proteina tau – un marcatore chiave della malattia – fino a dieci anni prima che diventino visibili con le scansioni PET. Secondo Thomas Karikari, autore principale della ricerca, "il nostro test permette di intercettare le fasi iniziali dell’aggregazione tau, un momento in cui le terapie hanno maggiori probabilità di successo".
Il ruolo della proteina tau nella diagnosi dell'Alzheimer
L’Alzheimer è caratterizzato da due principali alterazioni cerebrali: l’accumulo della proteina beta-amiloide e la formazione di fibrille patologiche della proteina tau. Finora, gli sforzi si sono concentrati sulla rilevazione precoce della beta-amiloide, ma il nuovo test punta sulla tau, ritenuta un indicatore più preciso della progressione della malattia. Gli scienziati hanno individuato una specifica regione della proteina tau, denominata tau258-368, che gioca un ruolo centrale nella formazione delle fibrille neurofibrillari, rendendola un bersaglio ideale per la diagnosi precoce.
Un biomarcatore più accessibile ed efficace
Attualmente, la tomografia a emissione di positroni (PET) è il metodo più affidabile per individuare la tau nel cervello, ma il suo utilizzo è limitato da costi elevati e difficoltà di accesso. Il nuovo test, basato sull’analisi del liquido cerebrospinale, rappresenta una svolta perché offre una soluzione meno invasiva ed economicamente sostenibile. Attraverso la misurazione di specifici marcatori della tau, come p-tau-262 e p-tau-356, il test potrebbe migliorare la diagnosi precoce dell'Alzheimer, offrendo ai pazienti maggiori possibilità di trattamento prima che i danni cerebrali diventino irreversibili.
Implicazioni per il trattamento dell'Alzheimer
Secondo Karikari, la proteina beta-amiloide può essere vista come una miccia che innesca la malattia, mentre la tau è il vero fattore scatenante del deterioramento cognitivo. "Se riuscissimo a intervenire prima che la tau si aggreghi, potremmo cambiare il decorso della malattia", afferma lo scienziato. Questo approccio potrebbe rivoluzionare le strategie terapeutiche, concentrandosi su interventi mirati nelle fasi iniziali dell’Alzheimer.
Diagnosi più rapida e accessibile: il futuro della ricerca
La possibilità di combinare questo nuovo biomarcatore con i test del sangue già esistenti potrebbe rendere la diagnosi dell’Alzheimer più semplice e accessibile. Attualmente, i ricercatori stanno lavorando per validare l'affidabilità del test in studi clinici su larga scala, con l'obiettivo di integrarlo nella pratica medica quotidiana. Se i risultati saranno confermati, questa tecnologia potrebbe segnare un punto di svolta nella lotta contro l’Alzheimer, migliorando la diagnosi precoce e aumentando le opportunità di intervento terapeutico.
Fonte:
Nature Medicine