Danni a lungo termine causati dall’ictus: nuove scoperte sul talamo riaccendono la speranza per milioni di pazienti
Uno studio evidenzia il ruolo del talamo nei danni indiretti post-ictus e apre la strada a trattamenti innovativi per ridurre le disabilità croniche
Un nuovo studio condotto dalla Simon Fraser University (SFU) getta luce su un meccanismo finora trascurato, che contribuisce alla disabilità a lungo termine dopo un ictus. Lo studio, pubblicato sulle pagine della rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, dimostra che il talamo, una struttura centrale del cervello, può subire danni indiretti anche mesi o anni dopo l’evento, nonostante non venga colpito direttamente. Utilizzando tecnologie avanzate, i ricercatori hanno scoperto che questi danni compromettono il ruolo del talamo come hub di comunicazione cerebrale, con effetti a cascata che influenzano altre aree non lesionate. La scoperta apre nuove possibilità terapeutiche, che potrebbero migliorare il recupero di milioni di pazienti in tutto il mondo.
Il talamo e il suo ruolo nel cervello
Il talamo è una struttura fondamentale che regola funzioni cruciali come memoria, linguaggio, attenzione e movimento. Comunica con molte aree cerebrali tramite lunghe connessioni chiamate assoni, che lo rendono vulnerabile ai danni indiretti causati da un ictus. Quando gli assoni che collegano il talamo ad altre aree lesionate vengono danneggiati, il deterioramento si propaga fino al talamo stesso, alterandone la funzione. Questo provoca un effetto a cascata che influisce negativamente su altre regioni del cervello normalmente controllate dal talamo.
Uno studio innovativo su pazienti con ictus cronico
I ricercatori hanno analizzato l’attività cerebrale di 18 pazienti con “ictus cronico”, utilizzando modelli computazionali per confrontarla con quella di individui sani. I dati hanno rivelato un collegamento diretto tra il grado di danno indiretto al talamo e il livello di disabilità a lungo termine. Sebbene il talamo appaia intatto dal punto di vista strutturale, la sua funzionalità è profondamente compromessa, suggerendo che potrebbe essere un bersaglio terapeutico promettente.
Prospettive terapeutiche: possibile ripristinare il talamo
Lo studio ha dimostrato che il talamo mantiene una certa integrità strutturale, a differenza dei tessuti cerebrali distrutti dal danno diretto. Questo lo rende potenzialmente recuperabile attraverso interventi mirati. Secondo Phillip Johnston, autore principale dello studio, “prevenendo o correggendo queste disfunzioni, potremmo alleviare significativamente le disabilità croniche nei pazienti colpiti da ictus”. Terapie come farmaci mirati o stimolazioni cerebrali potrebbero ripristinare il funzionamento del talamo, limitando il deterioramento e migliorando il recupero complessivo.
Domande ancora aperte
Nonostante i progressi, rimangono molte domande aperte. Una delle principali è distinguere l'impatto dei danni diretti causati dalla lesione cerebrale iniziale e quello dei danni indiretti al talamo. Il professor Randy McIntosh, co-autore dello studio, sottolinea: “Il talamo potrebbe subire diversi tipi di danno dopo un ictus. Comprendere quali meccanismi specifici causano l’attività cerebrale anomala osservata è essenziale per progettare terapie mirate.” Un obiettivo chiave per il futuro sarà studiare come questi danni si sviluppano nelle prime ore e giorni dopo un ictus, quando le possibilità di intervento sono maggiori.
Collaborazione e ricerca multidisciplinare
Stando a quanto evidenziato dai risultati dello studio, condotto in collaborazione con l’Istituto di Neuroscienze e Neurotecnologia di SFU e il Rotman Research Institute dell’Università di Toronto, mirare a meccanismi appena individuati potrebbe rivoluzionare il trattamento dell’ictus, offrendo nuove speranze per il recupero e una migliore qualità della vita. Serviranno indubbiamente ulteriori ricerche, ma i risultati di questo studio potrebbero già così tradursi in trattamenti innovativi che cambieranno il futuro della riabilitazione post-ictus.