Nuove speranze contro il diabete di tipo 1: con immunoterapia e screening è possibile rallentare la malattia
Il farmaco teplizumab e lo screening pediatrico in Italia offrono strumenti innovativi per ritardare l’insorgenza del diabete nei soggetti a rischio

Un farmaco innovativo, il teplizumab, rappresenta una promettente novità nella lotta al diabete di tipo 1, offrendo la possibilità di ritardarne l’insorgenza nei soggetti più a rischio grazie alla sua azione mirata contro i meccanismi autoimmuni che distruggono le cellule beta del pancreas. In Italia, questa scoperta si affianca a un importante passo avanti sul fronte della prevenzione: la recente introduzione di uno screening pediatrico universale per identificare precocemente bambini e adolescenti predisposti, aprendo nuove possibilità di intervento prima che la malattia si manifesti.
Diabete di tipo 1: una malattia autoimmune
Il diabete di tipo 1 è una patologia autoimmune che colpisce spesso durante l’infanzia o l’adolescenza, anche se può manifestarsi in età adulta. Si tratta di una condizione cronica in cui il sistema immunitario attacca le cellule beta del pancreas, compromettendo la produzione di insulina. Ritardare l’esordio clinico della malattia nei soggetti a rischio è una sfida che la ricerca scientifica persegue da decenni. Recentemente, però, nuove speranze sono emerse grazie all’immunoterapia e agli anticorpi monoclonali, tra cui il teplizumab, che intervengono direttamente sui meccanismi autoimmuni della malattia.
L’impatto dell’immunoterapia: cosa può fare il teplizumab
Il teplizumab è un anticorpo monoclonale progettato per rallentare la progressione del diabete di tipo 1 nei soggetti ad alto rischio. La sua azione si concentra sulla prevenzione della perdita di funzionalità delle cellule beta del pancreas, ritardando così l’insorgenza dei sintomi clinici. “Da oltre trent’anni si stanno cercando terapie alternative all’utilizzo dell’insulina, che ad oggi resta l’unico trattamento disponibile per il diabete di tipo 1,” spiega la professoressa Raffaella Buzzetti, presidente della Società Italiana di Diabetologia e responsabile dell’Unità di Diabetologia del Policlinico Umberto I di Roma. Attualmente, in Italia, il teplizumab è utilizzabile solo in casi specifici tramite il programma di uso compassionevole, destinato alle persone con un rischio molto elevato di sviluppare la malattia. “In attesa dell’approvazione da parte dell’Agenzia europea per i medicinali e dell’Agenzia italiana del farmaco, questo farmaco rappresenta una nuova opportunità”, aggiunge l’esperta.
Screening pediatrico e prevenzione: l’Italia apripista
Grazie alla legge n. 130 del 15 settembre 2023, l’Italia è diventata il primo Paese al mondo a introdurre lo screening universale per il diabete di tipo 1 nei bambini e adolescenti tra 1 e 17 anni. Questo esame consente di rilevare la presenza di anticorpi specifici nel sangue, che possono aumentare fino all’80% il rischio di sviluppare la malattia nei cinque anni successivi. “Farmaci come il teplizumab sono utili proprio in questa fase”, sottolinea la professoressa Buzzetti. “Non rappresentano una cura definitiva, ma una forma di prevenzione. I dati disponibili indicano che il teplizumab è in grado di ritardare la comparsa della malattia fino a tre anni. L’obiettivo è estendere ulteriormente questo periodo”.
Un futuro promettente per la lotta al diabete
L’introduzione dello screening pediatrico e i progressi nell’immunoterapia segnano una svolta nella gestione del diabete di tipo 1. Sebbene il teplizumab non curi la malattia, la possibilità di posticiparne l’insorgenza potrebbe ridurre il carico psicologico e fisico sui pazienti e le loro famiglie, offrendo loro più tempo prima della necessità di trattamenti con insulina. L’Italia, con il suo approccio innovativo alla diagnosi precoce, si pone come modello a livello internazionale, aprendo la strada a nuove strategie di prevenzione che potrebbero trasformare il futuro del diabete di tipo 1.