Diabete di tipo 2: una dieta moderata e un inibitore possono portare alla remissione
Diabete di tipo 2: una dieta moderata e un inibitore possono portare alla remissione

Un'importante scoperta scientifica arriva dalla Cina, dove uno studio multicentrico ha dimostrato che la combinazione di dapagliflozin, un inibitore SGLT-2, e una moderata restrizione calorica può aumentare in modo significativo i tassi di remissione del diabete di tipo 2. Lo studio, condotto tra il 2020 e il 2023 in 16 centri, ha coinvolto 328 pazienti di età compresa tra i 20 e i 70 anni, tutti con un indice di massa corporea superiore a 25 e una diagnosi recente di diabete (meno di sei anni). I risultati, pubblicati su The BMJ, aprono nuove prospettive per la gestione e il controllo della malattia.
Dettagli del protocollo sperimentale
I partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi:
- Il primo gruppo ha ricevuto una dose giornaliera di 10 mg di dapagliflozin, associata a una dieta ipocalorica con un deficit di 500-750 kcal;
- Il secondo gruppo ha seguito lo stesso regime alimentare ma con placebo.
Tutti i partecipanti hanno ricevuto supporto nutrizionale, consigli dietetici e un monitoraggio costante dell’attività fisica. La remissione del diabete è stata definita come il mantenimento di livelli di glicemia normali per almeno due mesi senza l'uso di farmaci antidiabetici.
Risultati e impatto del trattamento
A distanza di 12 mesi, il 44% dei pazienti trattati con dapagliflozin e dieta ha raggiunto la remissione, rispetto al 28% del gruppo placebo. Inoltre, i pazienti del primo gruppo hanno mostrato una maggiore riduzione del peso corporeo (-5 kg in media contro -3,2 kg), una diminuzione della resistenza insulinica e miglioramenti nei parametri metabolici, tra cui la massa grassa, la pressione sanguigna e i livelli di colesterolo. Gli effetti collaterali sono stati minimi, con solo due casi di infezioni urinarie gravi nel gruppo dapagliflozin.
Un approccio pratico ma non definitivo
Nonostante i risultati promettenti, i ricercatori evidenziano che la durata della remissione non è ancora stata completamente valutata e che la definizione adottata (normoglicemia mantenuta per almeno due mesi) potrebbe non riflettere una remissione stabile a lungo termine. Inoltre, i pazienti che hanno seguito il trattamento hanno mostrato un'ottima aderenza grazie al supporto continuo e alla disponibilità di pasti proteici sostitutivi forniti per i primi tre mesi. Tuttavia, la sostenibilità di questa combinazione terapeutica su larga scala e in contesti clinici diversi richiede ulteriori approfondimenti.
Limiti dello studio e prospettive future
Gli autori sottolineano alcune limitazioni dello studio: i risultati potrebbero non essere applicabili a pazienti con una durata del diabete superiore a sei anni o a gruppi etnici diversi. Inoltre, non è stato valutato l'impatto del trattamento su pazienti con altre comorbidità significative. Nonostante ciò, la combinazione di dapagliflozin e restrizione calorica rappresenta una strategia praticabile e meno invasiva rispetto ad approcci più intensivi come la chirurgia bariatrica. Studi futuri dovranno anche esplorare se i farmaci ipoglicemizzanti possano essere interrotti in sicurezza una volta raggiunta la remissione.
L'importanza della personalizzazione del trattamento
Secondo gli esperti, questa terapia combinata potrebbe rappresentare un'alternativa accessibile per i pazienti con diabete precoce, ma è essenziale adottare un approccio personalizzato. "Questo studio dimostra che è possibile ottenere risultati clinici significativi con metodi pratici e sostenibili, ma resta fondamentale monitorare l'efficacia e i potenziali effetti collaterali nel tempo", affermano i ricercatori. Inoltre, l'integrazione di terapie farmacologiche con interventi sullo stile di vita rappresenta una strada promettente per migliorare la qualità della vita dei pazienti.
Conclusioni degli esperti
“La combinazione di dapagliflozin e dieta ipocalorica rappresenta una svolta nella gestione del diabete di tipo 2 in fase iniziale”, concludono gli autori dello studio. “I nostri dati suggeriscono che questo approccio potrebbe essere integrato nella pratica clinica per aiutare un maggior numero di pazienti a raggiungere la remissione della malattia, migliorando i parametri metabolici e riducendo il peso corporeo in modo significativo”. Tuttavia, gli esperti invitano alla cautela, sottolineando l'importanza di ulteriori ricerche per garantire l'efficacia e la sicurezza del trattamento su popolazioni più ampie.
Fonte:
The BMJ