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Parkinson e cure dentali: il trattamento orale può ridurre i sintomi

Due casi dimostrano come trattamenti mirati possano alleviare i sintomi del Parkinson

Roberto Zoncadi Roberto Zonca   
Foto Shutterstock
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Un innovativo studio condotto dal dottor Yoshiro Fujii della Shin Kobe Dental Clinic in Giappone ha documentato due casi clinici di pazienti affetti da Parkinson che hanno mostrato significativi miglioramenti dopo trattamenti odontoiatrici. La ricerca, pubblicata sulla rivista Advances in Parkinson's Disease, suggerisce un potenziale legame tra infezioni dentali e la compromissione neurologica tipica di questa patologia. Il Parkinson, una malattia neurodegenerativa caratterizzata da sintomi come rigidità, tremori, difficoltà di movimento e instabilità posturale, è tradizionalmente trattata con farmaci che mirano a compensare la perdita di dopamina, un neurotrasmettitore prodotto nella substantia nigra del cervello. Tuttavia, nel corso del tempo, l'efficacia dei farmaci tende a diminuire, rendendo necessarie nuove alternative terapeutiche. Lo studio di Fujii mette in luce un approccio finora inesplorato: l'intervento odontoiatrico.

Caso 1 - Un uomo di 60 anni con sintomi severi

Il primo paziente era un uomo di 60 anni con diagnosi di Parkinson da oltre 10 anni. Prima del trattamento, l'uomo non riusciva a stare in piedi senza supporto a causa di una rigidità muscolare grave. Inoltre, soffriva di tremori alle mani e di ipomimia (volto inespressivo) e parlava pochissimo. Nonostante avesse provato sette diversi tipi di farmaci, i sintomi erano progressivamente peggiorati. Durante la visita odontoiatrica, il dottor Fujii ha individuato carie multiple e due denti con necessità di trattamenti canalari. Dopo aver eseguito il trattamento e rimosso l’infezione dentale, il miglioramento è stato immediato: il paziente è riuscito a camminare autonomamente, sebbene con lievi difficoltà motorie. Dopo un mese di cure odontoiatriche continue, i sintomi del Parkinson erano quasi scomparsi, permettendo all’uomo di tornare a condurre una vita normale senza ulteriori interventi medici. "Per più di due anni, il paziente è rimasto in buone condizioni senza alcun bisogno di cure aggiuntive", ha sottolineato il dottor Fujii, riportando l’incredibile efficacia dell’intervento.

Caso 2 - Una donna di 40 anni con rigidità e dolori articolari

Il secondo caso riguarda una donna di 40 anni, diagnosticata con Parkinson circa sette anni prima, con sintomi di rigidità muscolare, dolori al ginocchio e difficoltà nel linguaggio. Pur assumendo Levodopa, un farmaco efficace nel contrastare la rigidità, i sintomi si ripresentavano non appena l’effetto del medicinale si esauriva. Durante l’analisi odontoiatrica, il dottor Fujii ha individuato una lesione apicale nel primo molare inferiore sinistro. Dopo aver estratto il dente infetto, la donna ha riportato un miglioramento immediato: "Dopo venti minuti dall'estrazione, è stata in grado di correre e ha riferito un netto miglioramento del dolore al ginocchio e delle difficoltà di linguaggio", ha dichiarato Fujii. Nel corso dei tre mesi successivi, la donna ha ridotto significativamente la dose di farmaci senza ricadute significative.

Un meccanismo ipotizzato: il ruolo del nervo trigemino

Nonostante l'efficacia osservata nei due casi, il meccanismo sottostante rimane ancora da chiarire. Il dottor Fujii ipotizza che infezioni dentali come carie profonde e lesioni apicali possano inviare segnali negativi al midollo allungato attraverso il nervo trigemino, uno dei 12 nervi cranici principali. Secondo lo studio, questi segnali potrebbero influenzare negativamente la substantia nigra, la regione cerebrale coinvolta nella produzione di dopamina. La rimozione di tali stimoli dannosi, tramite il trattamento odontoiatrico, potrebbe aver consentito alla substantia nigra di riprendere la sua normale funzione, alleviando così i sintomi del Parkinson.

Parkinson e salute orale: una nuova prospettiva

Questi risultati aprono una nuova e sorprendente prospettiva sulla gestione del Parkinson. Tradizionalmente, la malattia è considerata irreversibile, con trattamenti limitati alla gestione dei sintomi. Tuttavia, lo studio di Fujii suggerisce che la salute orale potrebbe svolgere un ruolo cruciale nella modulazione dei sintomi neurologici. "I casi osservati dimostrano come la cura delle infezioni orali possa avere effetti positivi sul cervello e sulla funzione dopaminergica. Ulteriori studi saranno necessari per comprendere appieno questa connessione", ha spiegato il dottor Fujii.

Una nuova frontiera nella ricerca interdisciplinare

Questo studio rappresenta un passo significativo verso un approccio integrato alla salute, in cui odontoiatria e neurologia collaborano per affrontare malattie complesse come il Parkinson. La scoperta di una possibile connessione tra infezioni dentali e sintomi neurologici sottolinea l’importanza di una corretta salute orale non solo per il benessere fisico, ma anche per quello cerebrale. "Rimuovere gli stimoli dannosi dalla cavità orale può permettere al cervello di riprendere il suo equilibrio funzionale", ha concluso Fujii, auspicando ulteriori ricerche multidisciplinari per validare queste osservazioni. In attesa di studi più ampi, questi casi offrono una speranza concreta e stimolano la riflessione sull’importanza della salute orale nella gestione di patologie neurodegenerative.

Fonte:
Scientific Research

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