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Mini fegati cresciuti in laboratorio, la rivoluzione che parte da Tokyo

Record mondiale nella crescita di organoidi epatici. Lo studio giapponese apre la strada a terapie rigenerative e test farmacologici più efficaci

Roberto Zoncadi Roberto Zonca   
Foto Nature
Foto Nature

Crescita record per i mini-fegati in laboratorio. Un team di scienziati giapponesi ha ottenuto un risultato straordinario nel campo della medicina rigenerativa: sono riusciti a far proliferare modelli miniaturizzati di fegato umano (organoidi epatici) fino a un milione di volte rispetto al punto di partenza, in appena tre o quattro settimane. A firmare l’impresa, descritta in uno studio pubblicato su Nature, è stato un gruppo della Keio University School of Medicine, guidato da Ryo Igarashi e Mayumi Oda, sotto la supervisione del professor Toshiro Sato.

Gli organoidi epatici sono strutture tridimensionali coltivate in laboratorio che mimano la funzione del fegato umano. Sono considerati una risorsa fondamentale per lo sviluppo di farmaci e le terapie cellulari, soprattutto per contrastare patologie croniche come la steatosi epatica associata a disfunzione metabolica (MASLD), che interessa oltre un terzo della popolazione mondiale. Ma fino a oggi, farli crescere mantenendo le funzioni epatiche era una sfida difficile da superare.

Il ruolo dell’oncostatina M nella proliferazione epatica

Il punto di svolta è arrivato grazie all’impiego dell’oncostatina M, una proteina segnale coinvolta nei processi infiammatori. I ricercatori hanno trattato con questa molecola epatociti umani adulti crioconservati, prelevati da donatori, inducendo una crescita esponenziale degli organoidi.

Secondo lo studio, le cellule sono riuscite a moltiplicarsi un milione di volte, continuando a crescere per tre mesi e rimanendo vitali per almeno sei, senza perdere la capacità di differenziarsi in cellule epatiche funzionali. In precedenza, i tentativi di coltivare epatociti in vitro avevano portato a un deterioramento della funzione epatica dopo appena una o due settimane, con la trasformazione indesiderata in colangiociti, le cellule che rivestono i dotti biliari.

Gli scienziati hanno anche sviluppato un sistema innovativo per la differenziazione delle cellule, usando ormoni capaci di attivare le funzioni epatiche. Gli organoidi così ottenuti sono stati in grado di produrre glucosio, urea, acidi biliari, colesterolo e trigliceridi. E non solo: hanno formato veri e propri canalicoli in grado di trasportare bile.

Infografica Nature

Organoidi che superano le aspettative funzionali

Tra i risultati più sorprendenti dello studio, c’è la produzione di albumina – una proteina chiave nel plasma umano – in quantità pari o superiori a quelle degli epatociti naturali. Si tratta di un indicatore importante, poiché l’albumina è fondamentale per mantenere l’equilibrio osmotico del sangue.

Il professor Sato, autore senior dello studio, ha dichiarato: “Conosciamo pochissime molecole capaci di attivare le cellule staminali per creare organoidi e farli proliferare. L’oncostatina M è una novità assoluta e apre la porta a nuovi tipi di organoidi che finora non riuscivamo a generare”.

Organoidi trapiantati in topi: il fegato torna a funzionare

Per verificare l’efficacia in vivo, il team ha iniettato gli organoidi epatici umani in topi con sistema immunitario compromesso e fegato non funzionante. Nel tempo, le cellule trapiantate hanno rimpiazzato quelle del fegato danneggiato, ripristinandone le funzioni vitali. Questo esperimento apre scenari importanti per il futuro della medicina rigenerativa.

“Il nostro studio ha dimostrato che i trapianti di organoidi epatici possono funzionare nei topi. Ma per farli funzionare nell’uomo, la scala deve aumentare a miliardi di cellule”, spiega Sato. Il fegato, infatti, è uno degli organi più richiesti per i trapianti, ma è anche estremamente delicato: va impiantato in tempi brevissimi dopo l’espianto, e le riserve sono limitatissime.

Convertire epatociti congelati in organoidi vitali potrebbe rappresentare una svolta per le terapie cellulari, rendendo possibile la rigenerazione del fegato in pazienti che altrimenti resterebbero senza opzioni.

Verso farmaci più efficaci e test meno costosi

Un altro grande vantaggio riguarda la ricerca farmaceutica. Oggi i test sui farmaci per il fegato si basano su epatociti umani prelevati da donatori: cellule costose (fino a 2.000 dollari a fiala) e che perdono rapidamente le loro funzioni. Gli organoidi, invece, offrono una fonte stabile, standardizzata e longeva per le sperimentazioni, con benefici enormi in termini di costi ed efficacia.

Gli scienziati hanno anche usato questi mini-fegati per riprodurre la steatosi epatica e testare l’efficacia di farmaci contro la MASLD. In più, hanno applicato tecniche di modifica genetica per replicare una rara malattia del ciclo dell’urea (deficit di ornitina transcarbamilasi), dimostrando la versatilità del modello anche nello studio delle patologie ereditarie del fegato.

Fonte:

Generation of human adult hepatocyte organoids with metabolic functions - Nature

Roberto Zoncadi Roberto Zonca   
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