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Scoperta genetica rivoluzionaria: un gene mutato blocca la crescita del cancro

La mutazione individuata dagli scienziati apre nuove prospettive nella lotta contro il cancro: il gene potenzia il sistema immunitario e migliora le terapie antitumorali

Roberto Zoncadi Roberto Zonca   
Foto Shutterstock
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Un team di ricercatori del UT Southwestern Medical Center ha identificato una mutazione genetica che potrebbe cambiare il modo in cui affrontiamo il cancro. La mutazione, presente nel gene H2-Aa, è in grado di rallentare significativamente la crescita del melanoma, il tumore della pelle più aggressivo, e potrebbe essere applicata anche ad altri tipi di cancro. Pubblicato nel Journal of Experimental Medicine, lo studio apre nuove prospettive per terapie che potenziano il sistema immunitario e migliorano l'efficacia delle immunoterapie esistenti.

Il ruolo del gene H2-Aa nella lotta contro il cancro

Il gene H2-Aa, responsabile della produzione di una proteina del sistema immunitario chiamata MHC class II, svolge un ruolo chiave nel distinguere le proteine del corpo da quelle estranee, preparando il sistema immunitario a combattere le minacce. I ricercatori hanno scoperto che eliminando questa proteina, in particolare dalle cellule dendritiche, il sistema immunitario diventa più efficace nell'attaccare le cellule tumorali.

Gli esperimenti sui topi hanno dimostrato che:

  • I topi con due copie mutate del gene H2-Aa non sviluppavano tumori dopo l’esposizione a cellule di melanoma
  • Quelli con una sola copia mutata mostravano una crescita tumorale significativamente ridotta rispetto ai topi con il gene nella sua forma originale ("wild type")

Nei topi mutati, i tumori erano più infiltrati da cellule dendritiche e cellule T CD8 (attive contro il cancro) e presentavano meno cellule T regolatorie, che di solito sopprimono l’attività antitumorale

Nuove prospettive terapeutiche: gli anticorpi monoclonali

I ricercatori hanno sviluppato un anticorpo monoclonale in grado di bloccare gli effetti del gene H2-Aa. Questo anticorpo, testato su topi con tumori di melanoma, ha mostrato un considerevole effetto anticancro. Inoltre, combinato con farmaci immunoterapici come gli inibitori dei checkpoint, ha potenziato ulteriormente la risposta contro i tumori.

"Senza gli anticorpi monoclonali contro H2-Aa, gli inibitori dei checkpoint non hanno alcun effetto sulla crescita del cancro", ha dichiarato Bruce Beutler, premio Nobel per la medicina e co-leader dello studio.

Questa combinazione potrebbe rappresentare una svolta per i pazienti che oggi non rispondono a questi trattamenti: attualmente, tra il 50% e il 66% dei malati di melanoma non beneficia degli inibitori dei checkpoint.

Un nuovo capitolo nella ricerca oncologica

Il professor Beutler ha suggerito che gli anticorpi monoclonali mirati alla versione umana di H2-Aa potrebbero diventare una terapia autonoma o un potenziamento per le immunoterapie esistenti. Questa scoperta apre la strada a futuri studi clinici per valutare l'efficacia di questo approccio nei pazienti. "Questi risultati potrebbero essere estremamente utili se riusciremo ad ampliare la risposta ai trattamenti immunoterapici", ha aggiunto Beutler. La ricerca, co-guidata dal dottor Hexin Shi, ha anche evidenziato il potenziale per trattare altri tipi di cancro, sfruttando mutazioni genetiche capaci di attivare il sistema immunitario contro le cellule tumorali.

Pubblicazione e supporto alla ricerca

I risultati dello studio sono stati pubblicati nel Journal of Experimental Medicine. La ricerca è stata finanziata dal National Institutes of Health, dall’American Heart Association e da altri enti di ricerca. Il progetto è stato condotto in collaborazione con esperti del Harold C. Simmons Comprehensive Cancer Center.

Verso una terapia personalizzata contro il cancro

Questa scoperta rappresenta un passo avanti significativo nella lotta contro il cancro. L’identificazione di mutazioni genetiche che potenziano l’azione del sistema immunitario potrebbe portare a trattamenti più mirati e personalizzati. La combinazione di anticorpi monoclonali e immunoterapie potrebbe offrire nuove speranze ai pazienti, migliorando i tassi di risposta e riducendo la mortalità legata a tumori aggressivi come il melanoma.

Fonte:
Journal of Experimental Medicine

Roberto Zoncadi Roberto Zonca   
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