Mattarella ricoverato e operato al cuore: cos'è e a cosa serve il pacemaker. Il presidente sta bene verrà dimesso giovedì
L’intervento era programmato e non ha impedito al Capo dello Stato di portare avanti le sue normali attività istituzionali durante la giornata, segno della sua buona condizione generale

Ha trascorso una notte tranquilla il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricoverato in ospedale per un intervento programmato di impianto di pacemaker presso l’Ospedale Santo Spirito di Roma. L’intervento era programmato e non ha impedito al Capo dello Stato di portare avanti le sue normali attività istituzionali durante la giornata, segno della sua buona condizione generale. Si tratta di una procedura che, per quanto delicata, rientra nella routine medica per molte persone con disturbi del ritmo cardiaco. Dopo l’operazione, Mattarella è rimasto sotto osservazione, come previsto dai protocolli clinici, e le sue condizioni sono giudicate buone.
Il presidente è totalmente asintomatico
Sergio Mattarella ha letto i giornali sul suo ipad. Da quanto si è appreso il capo dello Stato sta bene ed è in attività. Ora saranno monitorate le sue condizioni ma in casi di questo genere le dimissioni dall'ospedale, in questo caso il santo Spirito di Roma, avvengono entro le 48 ore dall'impianto. Quindi teoricamente già in giornata ma più probabilmente nella giornata di domani.
Cos’è un pacemaker e perché viene impiantato
Il pacemaker è un piccolo dispositivo elettronico grande più o meno come una monetina. Viene inserito sotto la pelle, nella parte anteriore del torace, attraverso un intervento mini-invasivo.
Il suo scopo è quello di regolarizzare il battito cardiaco: tramite sottili elettrocateteri, il dispositivo invia impulsi elettrici alle camere del cuore, stimolando le contrazioni nei momenti in cui il cuore non si attiva spontaneamente. “Il dispositivo agisce solo quando necessario”, spiegano gli specialisti, garantendo una funzione cardiaca ottimale nei pazienti con problemi come la bradicardia o altri disturbi del ritmo.
Quando si rende necessario un pacemaker
La necessità di impiantare un pacemaker può insorgere in presenza di sintomi evidenti, come svenimenti, affaticamento o vertigini, spesso causati da un battito cardiaco eccessivamente lento. Il primo impianto al mondo risale al 1958 a Stoccolma, dove un cardiochirurgo installò il dispositivo a un uomo di 48 anni che soffriva di svenimenti frequenti.
Oggi i pacemaker sono tecnologicamente avanzati, in grado di comunicare in tempo reale con l’esterno e dotati di batterie che durano tra i 7 e i 10 anni. Ne esistono diverse tipologie, a seconda delle necessità del paziente.
Come avviene l’intervento di impianto del pacemaker
L’intervento viene generalmente eseguito in anestesia locale e dura circa 30-40 minuti. Il dispositivo viene posizionato sottopelle e collegato al cuore tramite elettrocateteri. Dopo l’operazione, il paziente rimane a letto per sei ore e viene sottoposto a una radiografia di controllo.
Nella maggior parte dei casi, il paziente può essere dimesso già il giorno successivo all’intervento. I tempi di ricovero medi sono di 2-3 giorni. Le complicanze sono rare, con una incidenza inferiore all’1%, e nella maggior parte dei casi non mettono a rischio la vita del paziente.
“Successivamente all’intervento di impianto di pacemaker, il paziente deve restare a letto per 6 ore, al termine delle quali viene eseguita una radiografia del torace di controllo. Le dimissioni normalmente avvengono il giorno successivo all’operazione ed il paziente può tornare a casa e riprendere rapidamente la sua quotidianità”, spiega la scheda informativa del Policlinico Gemelli.
Un dispositivo salvavita in continua evoluzione
Negli ultimi anni la tecnologia dei pacemaker ha compiuto enormi progressi: dimensioni sempre più ridotte, connettività wireless e possibilità di monitoraggio remoto permettono di migliorare la qualità della vita di chi ne ha bisogno. Questi dispositivi, una volta impiantati, vengono programmati in base alle esigenze specifiche del paziente, e controllati periodicamente attraverso semplici controlli ambulatoriali.