L'indagine, nel mondo 40% operatori ha subito almeno un'aggressione fisica
Roma, 26 feb. (Adnkronos Salute) - A livello mondiale il 40% dei professionisti della sanità ha subito, nella sua carriera, almeno una violenza fisica, mentre il 60% è stato vittima, almeno una volta, di una violenza verbale e psicologica. Percentuali che ovviamente aumentano notevolmente nei presidi sanitari di guerra, attestandosi al 55% per chi ha subito violenze fisiche e al 70% per quelle verbali. Sono alcuni dati del report realizzato da Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi), Umem (Unione medici euromediterranea) e Uniti per unire. Per raccogliere le informazioni l'Amsi ha coinvolto centinaia di contatti in tutti i Paesi d'Europa e in Paesi arabi, africani, asiatici e sudamericani, "per ottenere un adeguato e attendibile confronto con quanto accade in Italia", evidenziando che lo Stivale è ai primissimi posti in Europa per numero di aggressioni subite da medici e infermieri.
"L'indagine evidenzia chiaramente come, all'interno dei nostri ospedali, per i professionisti sanitari la situazione sia diventata insostenibile", commenta Foad Aodi, presidente di Amsi, Umem e Uniti per unire. "Gli operatori della salute - sottolinea - sono soggetti a rischio 4 volte in più rispetto a tutte le altre professioni, in particolare nei luoghi del mondo disagiati e poveri. A livello internazionale i reparti dove si registra il maggior numero di aggressioni sono, secondo le nostre indagini: emergenza e pronto soccorso; medicina interna e geriatria; psichiatria e salute mentale; oncologia; ginecologia e ostetricia; ortopedia e traumatologia; pediatria e neonatologia; cardiologia".
"Amsi chiede da tempo - ricorda il presidente - per l'Italia e non solo, un piano più radicale di presenze di presidi di forze dell'ordine e in particolare l'attenzione va posta nei confronti delle nostre donne, in assoluto le vittime sacrificali delle più vili aggressioni. Tutto questo non accade, sia chiaro, solo nei grandi ospedali. I professionisti a rischio sono anche quelli che operano nei luoghi isolati, come nel caso delle guardie mediche". Non è possibile "per un medico, per un infermiere, per uno psichiatra lavorare in una situazione di costante angoscia ed essere oltretutto consapevole di non avere il supporto adeguato", conclude Aodi, evidenziando l'importanza di una organizzazione efficiente dell'assistenza, "in grado di tutelare gli operatori oltre che di garantire il diritto alle cure ai pazienti".