Virus HMPV, l’Oms minimizza: “Non è nuovo”. Ma Bassetti avverte: “Possibile epidemia anche in Italia”
Il metapneumovirus umano è già presente in Italia. L’Organizzazione mondiale della sanità invita alla calma, ma il virologo italiano mette in guardia: “Attenzione ai più vulnerabili”
Il metapneumovirus umano (Hmpv) non è una novità nel panorama delle infezioni respiratorie. Il virus è stato identificato per la prima volta nel 2001. Tuttavia, la sua crescente diffusione in Cina e i casi registrati in Italia stanno accendendo i riflettori su questo patogeno respiratorio. Sul tema è intervenuta l’OMS, che ha voluto tranquillizzare gli animi spiegando che si tratta di un virus comune, che circola durante i mesi invernali e primaverili, causando sintomi simili al classico raffreddore. A chiarirlo la portavoce dell’organizzazione, Margaret Harris, che spiega: "L'Hmpv non è un nuovo virus. È presente nella popolazione umana da molto tempo, di solito provoca sintomi respiratori lievi, ma può colpire più gravemente individui vulnerabili". Nonostante la sua natura ben conosciuta, il virus ha attirato l’attenzione globale per l’aumento dei casi in Cina, dove potrebbe aver acquisito caratteristiche più contagiose.
La situazione in Italia e il parere degli esperti
In Italia, l’Hmpv è già stato isolato. I primi casi sono già sotto osservazione, conferma più preoccupato Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova: "Ne ho avuti parecchi casi, sia in pazienti immunocompetenti che immunodepressi. Abbiamo pubblicato dati che mostrano come il virus possa causare polmoniti interstiziali simili a quelle provocate dall’influenza". Al momento, sottolinea Bassetti, l’Hmpv non ha caratteristiche epidemiche, ma è bene tenere alta la guardia: "In Cina sembra che stia circolando in modo più significativo. Potrebbe trattarsi di una variante più contagiosa rispetto a quelle osservate nel nostro Paese".
Come si trasmette il metapneumovirus
L’Hmpv si diffonde principalmente attraverso:
- Goccioline respiratorie: trasmesse tramite tosse, starnuti o contatti ravvicinati
- Superfici contaminate: il virus può sopravvivere per un certo periodo su oggetti o materiali toccati da individui infetti
Le precauzioni per limitare la trasmissione sono simili a quelle adottate per altri virus respiratori: lavarsi frequentemente le mani, evitare contatti ravvicinati con persone malate e mantenere pulite le superfici di uso comune.
Chi rischia di più: le categorie vulnerabili
Il metapneumovirus colpisce tutti, ma alcuni gruppi sono più esposti a complicazioni:
- Neonati e bambini piccoli: possono sviluppare bronchioliti e polmoniti
- Immunodepressi: pazienti oncologici, trapiantati o in terapia immunosoppressiva
- Anziani: con difese immunitarie indebolite e spesso affetti da altre patologie croniche
Bassetti avverte: "Gli immunodepressi sono certamente a rischio di forme più gravi. Una polmonite virale in questi contesti può avere un decorso peggiorativo rispetto ad altri pazienti".
Sintomi comuni e trattamenti disponibili
I sintomi più comuni includono febbre, tosse, difficoltà respiratorie e respiro sibilante. Nonostante la gravità possa variare, al momento non esistono cure antivirali specifiche né vaccini per l’Hmpv. Bassetti spiega: "La terapia si concentra sul trattamento dei sintomi, poiché, come per molti altri virus, non esiste una cura antivirale specifica. La terapia antivirale anti-Covid, per esempio, è più efficace rispetto a quella disponibile per altri virus respiratori".
La situazione in Cina: rischio epidemia?
In Cina, l’Hmpv sembra diffondersi più rapidamente, soprattutto nelle regioni settentrionali. L’OMS rassicura che non si tratta di un nuovo virus, ma la sua attuale diffusione solleva interrogativi. "Nel momento in cui un virus noto acquisisce caratteristiche epidemiche, alcuni individui possono avere una minore capacità di difendersi, non avendo mai incontrato quel ceppo specifico", osserva Bassetti. Il rischio di epidemie locali non può essere escluso, soprattutto in contesti in cui il sistema immunitario della popolazione è meno preparato.