Contro la depressione entra in campo il gas esilarante: nuova scoperta sui neuroni
Il protossido di azoto riattiva cellule chiave del cervello e allevia rapidamente i sintomi della depressione resistente: lo rivela uno studio su Nature Communications

Un farmaco usato da oltre 180 anni potrebbe trasformare radicalmente il trattamento della depressione resistente. Si tratta del protossido di azoto, comunemente conosciuto come gas esilarante, già impiegato come anestetico e oggi al centro di una nuova ricerca pubblicata su Nature Communications. Gli scienziati della Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania hanno scoperto che questo gas agisce su specifici neuroni del cervello – i cosiddetti neuroni piramidali dello strato V (L5) – con effetti rapidi e duraturi nel migliorare l’umore. “Mi sono sentito come Indiana Jones, tornato indietro nel tempo per risolvere il mistero di questo antico farmaco”, ha raccontato il ricercatore Joseph Cichon, autore principale dello studio.
Nuovo meccanismo scoperto nel cervello
Non solo i recettori NMDA: coinvolti i canali SK2
Finora si pensava che il protossido d’azoto agisse bloccando i recettori NMDA, presenti in quasi tutte le cellule cerebrali e coinvolti nella comunicazione neuronale. Ma il team di Cichon ha scoperto un meccanismo completamente diverso. Dopo centinaia di test su topi esposti a condizioni di stress, i ricercatori hanno osservato che il gas stimola fortemente i neuroni L5 nella corteccia cingolata, un’area cerebrale cruciale per regolare emozioni e comportamento.
Il gas blocca i canali del potassio e riattiva i neuroni
Il protossido di azoto, infatti, agisce bloccando i canali SK2, piccoli pori nelle cellule cerebrali che normalmente ne limitano l’attività. Bloccando questi canali, il gas “accende un interruttore” e spinge i neuroni a una rapida attivazione, anche dopo che il gas è stato espulso dall’organismo. “È stata una sorpresa totale. Le cellule iniziavano a sparare come pazze e continuavano anche dopo la fine dell'esposizione”, ha spiegato Cichon.
Risultati promettenti: miglioramenti in pochi minuti
I topi trattati con una sola dose di gas hanno mostrato segni immediati di sollievo: si muovevano di più, esploravano e bevevano acqua dolce, segnali interpretati come segni di benessere. Gli effetti duravano fino a un’intera giornata, suggerendo un cambiamento profondo nell’attività cerebrale. Gli autori dello studio sottolineano: “L’attivazione dei neuroni L5 persiste dopo l’esposizione al gas ed è necessaria per la sua attività antidepressiva”. Anche se l’inibizione dei recettori NMDA era stata considerata la causa principale, i neuroni L5 “si attivano anche quando la funzione NMDA è attenuata”, confermando il ruolo centrale dei canali SK2.
Sperimentazioni sull’uomo già in corso
Effetti rapidi anche nei pazienti con depressione resistente
Le sperimentazioni condotte dal professor Peter Nagele (Università di Chicago) e da Charles Zorumski (Washington University di St. Louis), coautori dello studio, hanno confermato che il gas può alleviare rapidamente i sintomi anche nei pazienti umani che non rispondono ai tradizionali antidepressivi. Circa un terzo delle persone con depressione non ottiene benefici dai farmaci classici, che possono impiegare settimane per agire.
Non una pillola, ma un trattamento da somministrare in ambulatorio
Il protossido di azoto non è una cura fai-da-te: “Serve un medico specializzato che somministri il gas con il dosaggio corretto”. Tra i pochi effetti collaterali segnalati ci sono nausea e sensazione di claustrofobia legati alla maschera. Tuttavia, i ricercatori sono fiduciosi: “Se riusciamo a trovare il modo di agire direttamente su quei canali del potassio, potremmo creare nuovi antidepressivi ispirati a questo gas”, ha detto Cichon.
Un farmaco antico con un futuro tutto da riscrivere
Nonostante venga utilizzato quotidianamente in tutto il mondo, il protossido di azoto ha ancora segreti da svelare. I prossimi passi della ricerca mirano a capire quanto a lungo duri l’effetto antidepressivo e se il gas possa persino aiutare a “riprogrammare” il cervello per offrire un sollievo più stabile. Lo studio, finanziato dai National Institutes of Health e dalla Brain & Behavior Research Foundation, potrebbe aprire la strada a una nuova generazione di terapie per la salute mentale.
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