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Gli italiani preferiscono i farmaci di marca: nel 2024 spesi 1,03 miliardi in più

I generici non piacciono: al Centro-Sud si spende di più, anche quando i medicinali potrebbero esser gratuiti

Roberto Zoncadi R.Z.   
Foto Shutterstock
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Nel 2024 gli italiani hanno speso 1,034 miliardi di euro di tasca propria per acquistare farmaci di marca invece degli equivalenti gratuiti rimborsati dal Servizio sanitario nazionale. È quanto emerge dal report annuale di Egualia, che fotografa una tendenza ormai consolidata nel comportamento di acquisto dei cittadini. Di fronte alla possibilità di ricevere un generico equivalente - identico per principio attivo, efficacia e sicurezza - molti italiani preferiscono comunque pagare di più per avere la “marca”. La spesa privata legata a questa scelta rappresenta una fetta importante dell’intero mercato farmaceutico nazionale.

I dati regionali mostrano un’Italia spaccata: in Lazio il 16,3% della spesa regionale SSN in farmacia è costituita dalla differenza di prezzo versata per preferire il farmaco di marca. Il Molise segue con il 15,8%. In Lombardia, invece, il dato scende al 10,5%, confermando una maggiore propensione all’uso di equivalenti. A livello assoluto, nel 2024 i cittadini del Lazio hanno speso 139 milioni di euro, quasi quanto la Lombardia, che però ha il doppio della popolazione. Seguono Campania (128 milioni) e Sicilia (107 milioni).

Farmaci equivalenti in crescita, ma il Sud resta indietro

Secondo il rapporto AIFA sulla spesa farmaceutica convenzionata 2024, i farmaci generici-equivalenti rappresentano solo il 23,3% del mercato a confezioni e il 15,8% del mercato a valori nel canale delle farmacie pubbliche e private convenzionate.
La crescita rispetto al 2023 è modesta (+0,6%), ma significativa: è dovuta a una flessione del comparto branded, mentre le vendite dei generici sono rimaste stabili attorno a 1,8 miliardi di confezioni vendute.

A trainare sono le regioni del Nord. La quota di utilizzo dei generici, misurata in unità vendute, è del 40,4% al Nord, scende al 29,5% al Centro e crolla al 24,3% al Sud. A valori, le proporzioni sono ancora più sbilanciate: 34,4% al Nord, 26,9% al Centro, e solo 22,1% al Sud. La media nazionale è del 32,6% a confezioni e 28,8% a valori.

I branded dominano il mercato: 8 confezioni su 10

La classe A - che comprende i farmaci completamente rimborsati dal SSN - continua a essere centrale: l’89% dei generici venduti rientra in questa categoria, che assorbe anche l’82% del valore del mercato generico. Le altre classi (C e SOP/OTC) restano marginali: rispettivamente il 9,6% e l’1,4% delle confezioni. I farmaci a brevetto scaduto, sempre nel 2024, hanno rappresentato il 64,2% del mercato a volumi, ma i generici ne coprono solo una parte: il 23,3% delle unità e appena il 20% del valore, a dimostrazione che il branded domina ancora il mercato dei farmaci fuori brevetto.

Le regioni più e meno “virtuose” nella scelta dei generici

Secondo il report Egualia, nel 2024 la Provincia autonoma di Trento è risultata la più virtuosa con una quota di generici del 45,3%, seguita da Lombardia (42,5%) e Piemonte (40,9%). All’opposto, le regioni con meno consumi di equivalenti sono Basilicata (23,3%), Calabria (22,1%) e Campania (21,8%).

In Campania, ad esempio, solo un farmaco su cinque venduti è un generico, mentre nel Trentino più di quattro su dieci lo sono. Le differenze culturali, di comunicazione e probabilmente anche organizzative tra le regioni giocano un ruolo centrale. “Scegliere un equivalente non significa scegliere un farmaco di serie B: è una scelta sostenibile, sicura ed efficace,” ricorda Egualia nel suo rapporto.

Quanto pesano i farmaci griffati

A confermare il divario tra le regioni italiane è anche il dato sulla spesa pro capite per differenziale di prezzo, ovvero la cifra media che ogni cittadino ha sborsato nel 2024 per ottenere un farmaco di marca invece di un equivalente rimborsato. In Lazio, la media pro capite supera i 23 euro, seguita da Campania (22,2 €) e Sicilia (21,5 €). La media nazionale si attesta intorno ai 17,5 euro, ma in Lombardia scende a 11,6 euro, una delle più basse in assoluto, nonostante il volume elevato di prescrizioni e popolazione.
Queste differenze mostrano chiaramente un gradiente socio-culturale, che spesso non corrisponde né al numero di ricette né alla reale necessità clinica, ma alla percezione del valore del farmaco. Il branded è visto ancora da molti come più “forte” o più affidabile, nonostante la bioequivalenza garantita dalle autorità regolatorie.

Spesa in aumento e sostenibilità a rischio

Dai dati AIFA emerge che la spesa farmaceutica convenzionata netta a carico del SSN ha raggiunto 7.959,8 milioni di euro, in crescita di 259 milioni rispetto al 2023 (+3,4%).
Le ricette emesse sono aumentate dell’1,3% (575,6 milioni), mentre le dosi giornaliere dispensate sono salite dell’1,2%. I consumi crescono, e con essi la pressione sulla spesa pubblica.

Intanto, il valore dei payback versati dalle aziende farmaceutiche alle Regioni per la spesa convenzionata ha raggiunto 213,6 milioni di euro, mentre il payback sull’1,83% previsto per legge ha generato 165,9 milioni. Una quota che contribuisce solo parzialmente a contenere i costi in crescita, legati in parte proprio alla persistente preferenza per i farmaci di marca.

Una sfida culturale oltre che economica

I numeri raccontano un Paese diviso, non solo geograficamente ma anche culturalmente. La diffidenza verso i farmaci equivalenti resta alta, soprattutto al Sud, nonostante i dati scientifici confermino la loro efficacia. Gli strumenti per invertire la rotta esistono: servono più campagne di informazione, formazione continua per medici e farmacisti, e un maggior coinvolgimento delle Regioni nella promozione di politiche virtuose. In gioco c’è la sostenibilità dell’intero sistema sanitario nazionale, oltre alla spesa quotidiana di milioni di famiglie italiane.

Farmacisti e medici attori chiave nella promozione dei generici

Molto spesso, la scelta del farmaco non è completamente autonoma da parte del cittadino, ma è fortemente influenzata dal consiglio del farmacista e dalla prescrizione del medico di base. Egualia insiste sul ruolo chiave di questi professionisti: “Solo una rete di operatori sanitari informata e coerente può orientare il cittadino verso una scelta consapevole e sostenibile”.
Le campagne di informazione istituzionali, da sole, non bastano: è necessario un cambio di mentalità, che includa formazione specifica per i medici e strumenti più chiari per spiegare ai pazienti le caratteristiche dei generici. A questo si aggiunge la necessità di rendere più trasparente la sostituibilità a banco, così da permettere al farmacista di proporre l’alternativa equivalente in modo sistematico e normato.

L’impatto delle scelte individuali sulla spesa pubblica

L’analisi condotta da AIFA evidenzia come oltre il 35% della spesa farmaceutica totale sia sostenuta direttamente dai cittadini, tra ticket, farmaci di classe C e, appunto, differenziali di prezzo per preferenza di marca. Nel solo canale delle farmacie convenzionate, questa componente autonoma di spesa si traduce in centinaia di milioni di euro che non rientrano nella copertura pubblica, ma che influenzano indirettamente anche il sistema SSN.
Questo perché, scegliendo un branded rimborsabile più costoso, il rimborso dello Stato resta identico a quello dell’equivalente, ma l’uso massivo di questi farmaci mantiene alto il valore di riferimento del prezzo di fascia. In pratica, anche se lo Stato paga meno, le soglie di prezzo si spostano verso l’alto, riducendo lo spazio per le economie di scala offerte dai generici.

Fonti:

I dati del monitoraggio AIFA
Il report Egualia

Roberto Zoncadi R.Z.   
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