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Alcuni farmaci comuni alterano il colesterolo e minacciano lo sviluppo cerebrale

Grande preoccupazione degli scienziati dopo lo studio condotto su molecole come aripiprazolo, trazodone e cariprazina

Roberto Zoncadi Roberto Zonca   
Alcuni farmaci comuni alterano il colesterolo e minacciano lo sviluppo cerebrale

Una nuova revisione scientifica pubblicata su Brain Medicine lancia un allarme: numerosi farmaci comunemente prescritti possono interferire con la biosintesi degli steroli, tra cui il colesterolo, compromettendo lo sviluppo neurologico, soprattutto in gravidanza, infanzia e adolescenza. Il colesterolo è fondamentale per il cervello: rappresenta il 25% del colesterolo totale del corpo umano e svolge ruoli chiave nella formazione delle sinapsi, nella crescita dei neuroni e nella stabilità delle membrane cellulari. “Molti psicofarmaci, pur non nati per questo scopo, alterano queste vie metaboliche in modo significativo”, avvertono gli autori dello studio.

 

La biosintesi sterolica nel cervello è un processo delicato

Le vie metaboliche che portano alla produzione di colesterolo nel cervello – separate dal resto dell’organismo dalla barriera emato-encefalica – sono particolarmente vulnerabili agli effetti di alcuni farmaci.

Molecole come aripiprazolo, trazodone e cariprazina, usate per trattare disturbi psichiatrici, bloccano enzimi cruciali come DHCR7, causando l’accumulo di composti tossici come il 7-DHC, che si ossida facilmente producendo sostanze in grado di danneggiare le cellule cerebrali e interferire con lo sviluppo neuronale.

Gravidanza, infanzia e adolescenza: le fasi più a rischio

Durante la gravidanza, “la combinazione tra fattori genetici e l’assunzione di farmaci può avere effetti gravi sul cervello del feto”, si legge nella pubblicazione. Studi su topi e colture cellulari hanno dimostrato che le mutazioni nel gene DHCR7 aumentano la vulnerabilità agli effetti collaterali farmacologici.

Lo stesso vale per l’infanzia e l’adolescenza, fasi critiche per la mielinizzazione e la potatura sinaptica, processi sterolo-dipendenti che, se disturbati, potrebbero tradursi in disturbi cognitivi e comportamentali.

Polifarmacoterapia: effetti sommativi e sinergici

La tendenza sempre più diffusa alla polifarmacoterapia complica ulteriormente il quadro: “assumere due o più farmaci che alterano la sintesi degli steroli può amplificare gli effetti negativi”.

In laboratorio, combinazioni di psicofarmaci hanno mostrato effetti sommativi, con alterazioni profonde nei livelli di colesterolo cerebrale e danni alla neurogenesi. In donne in gravidanza, la somministrazione multipla ha prodotto i livelli più alti di 7-DHC nel sangue.

Diversi farmaci, stessi effetti: un problema sottovalutato

Oltre ai farmaci psichiatrici, anche beta-bloccanti, antibiotici e alcuni antiaritmici interferiscono con le vie post-lanosterol, spesso senza che questo effetto sia noto ai clinici.

Il problema è aggravato dalla scarsa consapevolezza medica e dalla mancanza di linee guida ufficiali che tengano conto di queste interazioni nei protocolli terapeutici, specialmente in gravidanza.

La vulnerabilità genetica silente e i rischi individuali

Circa il 2% della popolazione mondiale presenta una variante genetica nel gene DHCR7, che da sola non causa malattia ma aumenta il rischio in presenza di farmaci interferenti. “L’interazione tra geni e farmaci può causare danni paragonabili a quelli di malattie genetiche rare come la sindrome di Smith-Lemli-Opitz”, avvertono gli scienziati.

Raccomandazioni per clinici e istituzioni

Gli autori invitano a introdurre screening genetici prenatali, a evitare prescrizioni rischiose in gravidanza e a sviluppare nuove linee guida. “I pazienti con varianti DHCR7 non dovrebbero ricevere questi farmaci, specie se in gravidanza”.

Chiedono inoltre che le agenzie regolatorie valutino sistematicamente l’impatto dei farmaci sulla biosintesi degli steroli e finanzino nuove ricerche. L’obiettivo è promuovere trattamenti personalizzati e sicuri, con il supporto di tecnologie avanzate come la metabolomica e i modelli cellulari umani.

Fonte:

Brain Medicine

Roberto Zoncadi Roberto Zonca   
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