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Il metodo di estrazione del caffè influisce pesantemente sui livello del colesterolo

Uno studio svedese rivela che alcuni metodi di estrazione aumentano i diterpeni, composti legati al colesterolo LDL. Il caffè filtrato riduce il rischio cardiovascolare

Roberto Zoncadi Roberto Zonca   
Foto Shutterstock
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Il modo in cui prepariamo il caffè può influenzare direttamente i livelli di colesterolo LDL, noto come “cattivo”, e quindi il rischio cardiovascolare. Una nuova ricerca dell’Università di Uppsala ha confrontato 14 diversi metodi di preparazione del caffè in tutto il mondo, scoprendo che le tecniche non filtrate aumentano la concentrazione di due composti, cafestolo e kahweolo. Questi sono diterpeni naturali presenti nei chicchi di caffè, già noti per avere un effetto negativo sul profilo lipidico.

Secondo lo studio pubblicato sulla rivista Nutrition, Metabolism & Cardiovascular Diseases, i metodi di estrazione influiscono sensibilmente sulla quantità di diterpeni rilasciati nella bevanda. Filtrare il caffè, al contrario, riduce in modo netto questi composti, mantenendo intatti aroma e benefici senza gravare sul cuore.

Il confronto tra i metodi: espresso, french press e caffè filtrato

I ricercatori hanno esaminato i livelli di cafestolo e kahweolo in caffè preparati con varie tecniche: espresso, moka, caffè bollito, percolatori, macchine automatiche, french press, caffè americano e solubile.
Le differenze riscontrate sono sostanziali. Le macchine automatiche e le tecniche a immersione hanno mostrato le concentrazioni più elevate di diterpeni, mentre i metodi con filtro in carta si sono rivelati i più efficaci nel limitarli.

“La maggior parte dei campioni di caffè esaminati conteneva livelli che potevano effettivamente influenzare i livelli di colesterolo LDL delle persone che bevevano il caffè, così come il loro rischio futuro di malattie cardiovascolari”, ha dichiarato David Iggman, nutrizionista clinico dell’Università di Uppsala.

Espresso tra i peggiori, filtrato il più sicuro

Nel dettaglio, il caffè espresso ha registrato valori medi di 1.060 mg/L di cafestolo, tra i più alti in assoluto. Il caffè bollito, comune in Paesi nordici come la Svezia, è risultato poco migliore: 940 mg/L di cafestolo e 680 mg/L di kahweolo.
Metodi come la french press o la percolazione presentano valori più moderati, ma comunque rilevanti: tra 70 e 90 mg/L.

In netta controtendenza, il caffè filtrato con carta ha mostrato valori estremamente bassi: 11,5 mg/L di cafestolo e 8,2 mg/L di kahweolo. “Il processo di filtraggio è fondamentale per ridurre la presenza di queste sostanze”, concludono gli autori.

I benefici concreti per chi beve tre tazze al giorno

Lo studio ha anche quantificato l’impatto sulla salute a lungo termine. Per chi consuma tre tazze di caffè al giorno, cinque volte a settimana, sostituire un caffè preparato con macchina automatica con uno filtrato potrebbe ridurre il rischio di malattie cardiovascolari aterosclerotiche del 13% in 5 anni e fino al 36% in 40 anni.

Alla luce di questi risultati, i ricercatori consigliano di preferire macchine a filtro, caffè istantaneo o preparazioni manuali, e di limitare l’uso di tecniche a immersione per tenere sotto controllo i livelli di colesterolo.

Fonte:

Nutrition, Metabolism & Cardiovascular Diseases

Roberto Zoncadi Roberto Zonca   
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