Negli Usa l’aviaria rischia di diventare pandemia: la nuova emergenza che può mettere in ginocchio il mondo
L’H5N1 si diffonde tra i bovini negli Stati Uniti, un salto di specie che solleva interrogativi inquietanti. Gli errori del passato e la lentezza nella risposta potrebbero costare caro al mondo intero
Negli Stati Uniti, il virus H5N1, noto come influenza aviaria, ha compiuto un preoccupante salto di specie. Il patogeno, che inizialmente era una minaccia per i soli volatili è passato ai bovini. Un cambiamento biologico che potrebbe rappresentare il preludio a qualcosa di ben più grave. Oggi il virus si è diffuso in 16 stati americani, colpendo 875 allevamenti, e non accenna a rallentare. Le ripercussioni economiche sono già significative, ma ciò che preoccupa di più gli esperti è il potenziale pandemico di questa emergenza. Keith Poulsen, veterinario presso l'Università del Wisconsin, ha paragonato la situazione a quella di un ospedale da campo in tempo di guerra: allevatori che lavorano instancabilmente per salvare i bovini, pompando litri di soluzioni elettrolitiche attraverso tubi metallici per mantenerli in vita. Eppure, nonostante questi sforzi, il virus continua a mietere vittime tra gli animali e a diffondersi.
Il rischio pandemico: cosa potrebbe succedere
Gli esperti di virologia avvertono che bastano poche mutazioni genetiche per trasformare l’H5N1 in un virus in grado di trasmettersi efficacemente tra gli esseri umani. “Ogni infezione è come tirare la leva di una slot machine: prima o poi potrebbe uscire il jackpot, ed è allora che ci troveremo di fronte a una pandemia”, ha dichiarato Tom Peacock, ricercatore presso il Pirbright Institute nel Regno Unito. Ad oggi, negli Stati Uniti si registrano più di 60 casi di infezione umana, tutti legati al contatto diretto con bovini o pollame. Sebbene si parli di sintomi lievi come congiuntivite o febbre, il rischio che il virus evolva ulteriormente in una forma più contagiosa e letale non può essere ignorato. “Anche con una probabilità del 5% di una pandemia, dobbiamo trattare questa emergenza con la massima serietà”, ha sottolineato Angela Rasmussen, virologa dell’Università del Saskatchewan.
Lo scenario è quello di un’epidemia simile al COVID-19 o, addirittura, peggiore. Un virus aviario pandemico potrebbe avere una mortalità più elevata rispetto al SARS-CoV-2, combinando un tasso di contagiosità elevato con una letalità che, in alcuni ceppi passati, ha superato il 50%.
Errori del passato e una gestione lenta
La crisi sanitaria che si sta sviluppando negli Stati Uniti ricorda drammaticamente i primi giorni della pandemia di COVID-19. Lentezza nella risposta, mancanza di coordinamento tra le agenzie federali e un approccio che privilegia gli interessi economici rispetto alla salute pubblica stanno aggravando la situazione. “È scoraggiante vedere gli stessi fallimenti ripetersi”, ha dichiarato Tom Bollyky, esperto del Council on Foreign Relations. Il governo ha tardato a implementare test su vasta scala, e i ritardi nell’intervento hanno permesso al virus di diffondersi. La priorità, secondo molti, è stata data agli allevatori, con miliardi di dollari stanziati per risarcire le perdite economiche, ma poca attenzione è stata dedicata ai lavoratori agricoli, spesso privi di protezioni adeguate.
La sorveglianza è stata insufficiente e frammentaria. Molti allevatori si sono rifiutati di testare i loro animali, temendo ripercussioni economiche. Questo ha reso impossibile un monitoraggio accurato della diffusione del virus, aumentando il rischio che l’H5N1 si radichi ulteriormente.
Una minaccia globale: il mondo è pronto?
Se l’aviaria dovesse evolvere in un virus pandemico, il mondo rischierebbe di trovarsi ancora una volta impreparato. “Questo non è un problema locale. È una lezione per tutti noi su quanto sia fragile la nostra sicurezza sanitaria”, ha affermato Maria Van Kerkhove, direttrice del gruppo malattie emergenti dell’OMS. I sistemi di sorveglianza devono essere rafforzati, sia negli Stati Uniti che a livello globale. Jennifer Nuzzo, direttrice del Pandemic Center della Brown University, sottolinea l’importanza di intervenire rapidamente: “Dobbiamo aumentare i test, proteggere i lavoratori agricoli e garantire che i vaccini siano disponibili non solo per gli animali, ma anche per le persone”. La mancanza di azioni concrete alimenta il rischio di un disastro. Come ha spiegato Marion Koopmans, virologa olandese, “se tra pochi mesi dovessimo ritrovarci all’inizio di una pandemia, non dovremo sorprenderci”.
Certo è che l’annuncio di Donald Trump di voler fare uscire gli Stati Uniti dall’Oms non rasserena i tanti che si dicono già ora preoccupati.
Cosa possiamo fare per evitare il peggio
La prevenzione è l’unica arma per evitare una catastrofe. Gli esperti raccomandano interventi immediati e mirati, tra cui:
- Sorveglianza capillare: test mensili su tutto il latte prodotto negli Stati Uniti per individuare tempestivamente i focolai
- Protezione dei lavoratori: fornire dispositivi di protezione individuale e vaccini contro l’H5N1
- Ricerca e trasparenza: finanziare studi per comprendere meglio il virus e garantire che i dati siano condivisi con la comunità scientifica internazionale
- Educazione e sensibilizzazione: informare allevatori, lavoratori e comunità locali sui rischi e le misure preventive
Keith Poulsen ha descritto il cambiamento di atteggiamento tra alcuni allevatori, preoccupati per il futuro delle loro aziende. “Stanno iniziando a chiedersi come salvare le loro aziende per la prossima generazione. Riconoscono quanto sia grave la situazione e che non scomparirà da sola”. La crisi dell’aviaria tra i bovini negli Stati Uniti è una questione di salute pubblica globale. Ignorare i segnali d’allarme, o sottovalutare il rischio, potrebbe avere conseguenze devastanti. Il mondo ha già vissuto gli effetti di una pandemia mal gestita, con danni economici ancora tangibili in molti Paesi.
Fonti:
Medical xPress