Il legame nascosto tra apnea notturna e Parkinson: la scoperta
Uno studio rivela che chi usa il CPAP entro due anni dalla diagnosi di apnea ha un rischio inferiore di sviluppare il Parkinson

Le persone affette da apnea ostruttiva del sonno potrebbero avere un rischio maggiore di sviluppare il morbo di Parkinson. E’ quanto scoperto da un gruppo di scienziati che, nel presentare i dati dello studio all’American Academy of Neurology's 77th Annual Meeting, ha evidenziato anche quella che appare come una valida soluzione capace di ridurre significativamente questo rischio. I ricercatori ritengono infatti che l’uso precoce del CPAP (Continuous Positive Airway Pressure) possa diminuire le probabilità di sviluppare la malattia.
Il CPAP riduce il rischio di Parkinson
Lo studio ha rivelato che iniziare a usare il CPAP entro due anni dalla diagnosi di apnea notturna può diminuire l’incidenza del Parkinson. L’apnea ostruttiva del sonno si verifica quando i muscoli della gola si rilassano e bloccano le vie aeree, causando frequenti risvegli e una riduzione dei livelli di ossigeno nel sangue. Questo può avere effetti negativi sul cervello e sul sistema nervoso. Il CPAP, che fornisce aria pressurizzata attraverso una maschera, aiuta a mantenere le vie respiratorie aperte durante il sonno, migliorando l’ossigenazione.
Un rischio accertato, ma con una soluzione possibile
"L'apnea ostruttiva del sonno è una condizione comune e, se non trattata, è stata collegata a un aumento del rischio di infarto e ictus", ha dichiarato Gregory D. Scott, MD, Ph.D., autore principale dello studio e ricercatore presso il VA Portland Health Care System in Oregon. "Abbiamo riscontrato anche un'associazione con il morbo di Parkinson, ma la buona notizia è che esiste un intervento efficace: iniziare subito il trattamento con CPAP".
Un'analisi su oltre 1,6 milioni di pazienti
I ricercatori hanno esaminato oltre 20 anni di dati clinici raccolti da cartelle mediche di veterani, analizzando i dati di 1,6 milioni di pazienti con apnea ostruttiva del sonno e confrontandoli con quelli di quasi 10 milioni di individui senza la patologia. Lo studio ha valutato l’incidenza del Parkinson nei due gruppi.
Dopo cinque anni dalla diagnosi, il 3,4% delle persone con apnea aveva sviluppato il Parkinson, contro il 3,8% di chi non soffriva di apnea. Tuttavia, questi dati iniziali potrebbero essere stati influenzati da fattori come età, fumo e condizioni di salute generali.
L’uso precoce del CPAP fa la differenza
Dopo aver tenuto conto di vari fattori come età, sesso e abitudini come il fumo, i ricercatori hanno rilevato un aumento di 1,8 casi di Parkinson ogni 1.000 persone tra chi soffriva di apnea rispetto a chi non ne era affetto.
Solo il 10% dei partecipanti con apnea aveva una documentazione sull’uso del CPAP. Tra questi, i ricercatori hanno distinto due gruppi:
- Chi ha iniziato il CPAP entro due anni dalla diagnosi
- Chi lo ha iniziato dopo due anni
I dati hanno mostrato che chi ha iniziato il CPAP dopo i due anni aveva tassi di Parkinson simili a chi non lo usava affatto (9,5 e 9,0 casi ogni 1.000 persone). Tuttavia, chi ha iniziato il CPAP entro due anni dalla diagnosi aveva un’incidenza di Parkinson inferiore di 2,3 casi ogni 1.000 persone rispetto a chi non ha mai usato il CPAP.
Un trattamento che potrebbe cambiare la prevenzione
"È incoraggiante sapere che, sebbene l’apnea ostruttiva possa aumentare il rischio di Parkinson, trattarla subito con il CPAP potrebbe ridurre questa probabilità", ha affermato Scott. "Saranno necessari studi futuri per monitorare i pazienti nel tempo e valutare più approfonditamente gli effetti del trattamento".
Limiti dello studio
Uno dei limiti principali della ricerca è che, pur avendo identificato i pazienti che possedevano un dispositivo CPAP, gli scienziati non potevano verificare se questi lo usassero regolarmente, come prescritto.
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