Tiscali.it
SEGUICI

Dolomiti Unesco: un riconoscimento fallito? Le dure accuse di Mountain Wilderness Italia alla Fondazione

di Italia Libera   
Dolomiti Unesco: un riconoscimento fallito? Le dure accuse di Mountain Wilderness Italia alla...

A trentuno anni dall’avvio della proposta ambientalista di riconoscerle come Monumento del Mondo, e a 25 anni dall’inserimento delle Dolomiti nella World Heritage List, crescono gli allarmi per il degrado progressivo del territorio tutelato. Sotto accusa, anzitutto, l’overturismo e le nuove infrastruttureazioni a quote sempre più alte. Disattesi gli impegni assunti dalla Fondazione Dolomiti Unesco con il piano di gestione “Dolomiti 2040”. Mentre le amministrazioni pubbliche che dovrebbero essere chiamate alla tutela del bene (Provincia autonoma di Bolzano, Provincia autonoma di Trento, Regione Veneto, Regione Friuli Venezia Giulia) sono invece impegnate nel favorire l’urbanizzazione delle alte quote, sostenute dalla colpevole assenza di controllo da parte del ministero dell’Ambiente. Gli obiettivi di Mountain Wilderness per non perdere il patrocinio Unesco 

◆ L’analisi di LUIGI CASANOVA, presidente di Mountain Wilderness Italia

► Nelle giornate del 7, 8 e 9 agosto 1993 a Cortina d’Ampezzo Mountain Wilderness Italia, Legambiente e S.O.S. Dolomites avviarono un percorso di sensibilizzazione per portare l’Unesco a riconoscere le Dolomiti Monumento del Mondo (World Heritage). Raccolte oltre 10.000 firme, la proposta venne portata all’attenzione del ministero dei Beni Culturali italiano. Da lì ebbe inizio un processo istituzionale, culturale e sociale, non privo di difficoltà, che condusse al successo di Siviglia, quando il 26 giugno 2009 le Dolomiti vennero dichiarate dall’Unesco Patrimonio naturale dell’umanità.

Il lavoro svolto da Mountain Wilderness aveva come obiettivo di riconoscere le Dolomiti patrimonio culturale. Solo questa decisione, sosteneva l’associazione, avrebbe permesso la tutela dell’intero patrimonio dolomitico. Aver circoscritto il patrimonio ai soli ambiti rocciosi (nove gruppi) e a parte delle aree protette, Rete Natura compresa, ha impedito sul nascere l’attuazione di un progetto di tutela complessiva dell’area dolomitica. Il riconoscimento del patrimonio inteso solo come naturale (Paesaggio e  geologia), affermava Mountain Wilderness, portava le Dolomiti a divenire un forte marchio turistico in grado di diffondere un turismo di massa, privare i territori della loro identità e specialmente trascurare gli obiettivi di conservazione naturalistica e il potenziamento della straordinaria biodiversità dell’intero territorio. 

Nella scelta venivano esclusi dalla tutela Unesco gruppi montani strategici fra i quali il Sassolungo, il Sella-Boè, i Monzoni-Costalunga, le Piccole Dolomiti. Sono state scelte che hanno reso problematica la gestione del territorio e hanno fatto perdere alle Dolomiti la lettura della loro complessità, l’intreccio indissolubile di eccezionalità naturali e di culture altrettanto sfaccettate e ricche di valori, che meritavano di essere dichiarate nell’insieme e con lungimiranza patrimonio culturale dell’umanità. La Strategia Complessiva di Gestione (Scg) approvata a Siviglia prevedeva come obiettivi basilari la conservazione, la comunicazione, la valorizzazione del bene: tale strategia doveva mirare a gestire il livello accettabile di visitatori e quell’insieme di vite ed esperienze che si legavano al vitale tessuto connettivo dei fondovalle.

Nonostante la consapevolezza di tanti limiti l’associazione ha offerto fin da subito alla Fondazione Dolomiti Unesco collaborazioni e contenuti e ha sostenuto la fase partecipativa che ha portato alla stesura del piano di gestione denominato Dolomiti 2040 (2017). Un piano di gestione e di impegni disatteso in ogni passaggio. In un convegno sostenuto da 11 associazioni ambientaliste (delle quali 9 nazionali) Mountain Wilderness nel dicembre 2019 all’università Cà Foscari di Venezia abbandonava il Collegio dei soci sostenitori. Un severo documento elaborato con il contributo delle associazioni veniva portato a Parigi all’attenzione dell’Unesco. Nonostante questo ancora oggi non un solo passaggio di quella programmazione è stata attuata. La responsabilità di tanta sciatteria e disinteresse, afferma oggi Mountain Wilderness, ricade totalmente nel Consiglio di amministrazione della Fondazione.

Sul territorio delle Dolomiti, specie fra i residenti, si riscontra delusione, si parla apertamente di fallimento della mission conservazionistica della Fondazione e fra cittadini impegnati in comitati, i sodalizi alpinistici come il Cai e l’Alpenverein (il Cai altotesino di lingua tedesca), si moltiplicano le richieste rivolte all’Unesco di togliere il patrocinio alle Dolomiti. Non c’è dubbio che il turismo, per come pubblicizzato e attuato nella Regione dolomitica, oggi viva una crisi di “turistificazione”, cioè omologazione culturale agli ambiti urbani difficilmente recuperabile. Troppe auto, viabilità stradale sempre più veloce, parcheggi fino a alte quote, depotenziamento della rete ferroviaria (trentino e Veneto), l’eliturismo diffuso, rifugi che si trasformano in alberghi di lusso, gli accessi alle aree sciabili sempre più potenziati grazie a un riversarsi scandaloso di contributi pubblici, la creazione di parchi tematici in quota, il proliferare delle vie ferrate e delle piste per biciclette (downill e non solo), l’avanzante degrado delle aree forestali e dei pascoli, laghi artificiali, tutto questo sta portando a consunzione i fragili equilibri di un ambiente montano come quello delle Dolomiti.

Sono problemi urgenti da affrontare e sostenuti in questa estate anche dai media nazionali. Si pensi agli eccessi delle presenze turistiche: nel 2018, quando ancora la Fondazione mostrava qualche segnale di vitalità e propositività, a Sesto Pusteria un convegno internazionale sui temi degli eccessi di presenze turistiche, anche nelle aree protette, invocò scelte coraggiose miranti al numero chiuso degli accessi. Oggi le amministrazioni pubbliche che dovrebbero essere chiamate alla tutela del bene (Provincia autonoma di Bolzano, Provincia autonoma di Trento, Regione Veneto, Regione Friuli Venezia Giulia), sono invece impegnate nel favorire l’urbanizzazione delle alte quote, sostenute dalla colpevole assenza di controllo da parte del ministero dell’Ambiente.

L’Unesco chiedeva la conservazione dei beni. È evidente che quando si potenzia la pressione antropica, anche con la costruzione di nuove infrastrutture pesanti in prossimità del patrimonio da tutelare, lo stesso patrimonio nel tempo venga intaccato nei suoi valori non solo dal punto di vista paesaggistico, ma anche naturalistico. Anche sul tema della formazione la Fondazione Dolomiti Unesco si è rinchiusa in un fortino: non escono notizie, non si stimola il confronto. Si è evitato accuratamente, denuncia Mountain Wilderness, di mantenere coinvolti nel processo informativo e formativo tutti i soggetti portatori di criticità e di stimoli tesi al miglioramento degli obiettivi definiti nel piano di gestione.

Quali sono gli obiettivi che si propone da subito vengano aggrediti con politiche coraggiose? Eccoli:

– chiudere al transito delle auto private la strada delle Tre Cime di Lavaredo;

– una severa regolamentazione del traffico sui passi dolomitici;

– limitare gli accessi nelle aree già oggi oltremodo antropizzate;

– contrastare il potenziamento delle infrastrutture o un loro uso inappropriato che porti impatti negativi sui valori del bene;

– vietare la pratica dell’eliturismo;

– avviare una politica conservazionistica e di ricerca dei beni naturali;

– sostenere una politica di contenimento del potenziamento dei rifugi;

– impedire l’ampliamento delle aree sciabili;

– negare le candidature allo svolgimento di eventi olimpici sulla neve o dei campionati del mondo di sci alpino (Val Gardena 2031).

L’associazione ritiene la situazione talmente grave da chiedere fin da subito alla Fondazione di riprendere un percorso di revisione del piano di gestione, ancorandolo ad investimenti economici e finanziari condivisi dai territori interessati. Un aggiornamento dovuto anche per fare fronte in modo innovativo e efficace agli effetti dei cambiamenti climatici e ai diritti alla naturalità ambientale che spettano alle future generazioni. L’allarme è stato lanciato. I contenuti saranno poi raccolti e trasformati in progetti reali? Si vedrà. © RIPRODUZIONE RISERVATA

di Italia Libera   
I più recenti
Autonomia, Zaia Referendum? Se si farà bisogna trovare chi va a votare
Autonomia, Zaia Referendum? Se si farà bisogna trovare chi va a votare
Zaia Referendum autonomia se si farà bisogna trovare chi va a votare
Zaia Referendum autonomia se si farà bisogna trovare chi va a votare
Nuovo ospedale Padova Est, Zaia Sanità veneta entrerà nella storia
Nuovo ospedale Padova Est, Zaia Sanità veneta entrerà nella storia
Autonomia, Zaia Serve un salto culturale per affrontare le riforme
Autonomia, Zaia Serve un salto culturale per affrontare le riforme
Teleborsa
Le Rubriche

Alberto Flores d'Arcais

Giornalista. Nato a Roma l’11 Febbraio 1951, laureato in filosofia, ha iniziato...

Alessandro Spaventa

Accanto alla carriera da consulente e dirigente d’azienda ha sempre coltivato l...

Claudia Fusani

Vivo a Roma ma il cuore resta a Firenze dove sono nata, cresciuta e mi sono...

Claudio Cordova

31 anni, è fondatore e direttore del quotidiano online di Reggio Calabria Il...

Massimiliano Lussana

Nato a Bergamo 49 anni fa, studia e si laurea in diritto parlamentare a Milano...

Stefano Loffredo

Cagliaritano, laureato in Economia e commercio con Dottorato di ricerca in...

Antonella A. G. Loi

Giornalista per passione e professione. Comincio presto con tante collaborazioni...

Lidia Ginestra Giuffrida

Lidia Ginestra Giuffrida giornalista freelance, sono laureata in cooperazione...

Alice Bellante

Laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali alla LUISS Guido Carli...

Giuseppe Alberto Falci

Caltanissetta 1983, scrivo di politica per il Corriere della Sera e per il...

Michael Pontrelli

Giornalista professionista ha iniziato a lavorare nei nuovi media digitali nel...