Con Et l’Italia si candida a “scoprire” l’Universo. La ricetta del Nobel Parisi per salvare la ricerca

Con Et l’Italia si candida a “scoprire” l’Universo. La ricetta del Nobel Parisi per salvare la ricerca

Il nostro Paese sembra credere al duello che lo vede contrapposto ai Paesi Bassi per l’assegnazione del progetto Et, Einstein Telescope, finanziato dalla Commissione europea. Un formidabile gigante destinato a “leggere” l’Universo come non è stato mai fatto prima. Presentato ieri a Roma alla presenza della premier Meloni e di una folta delegazione del governo, ET verrebbe collocato a Lula in Sardegna nel sito dismesso di una miniera esaurita d’argento. Il Nobel Parisi, coinvolto nella presentazione, si dichiara entusiasta, ma avverte: ci vuole un “piano” per la ricerca scientifica. E spiega quale con poche e chiare parole

L’articolo di FABIO MORABITO

UN PIANO DECENNALE, o perlomeno quinquennale, per finanziare la ricerca. La proposta è del premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, cha ha rilanciato un’idea cara alla comunità scientifica, che si ritiene possa invertire il corso di quella che è stata definita “fuga dei cervelli” degli italiani all’estero. E che possa rendere attrattivo per gli scienziati stranieri fare ricerca in Italia. «Non è possibile che in un anno siano stanziati x milioni e l’anno dopo niente, poi di nuovo qualcosa e di nuovo niente – è il ragionamento di Parisi – serve un sistema stabile di finanziamento. La soluzione è un programma per la ricerca, che coinvolga governo ed opposizioni». L’appello bipartisan è stato forse suggerito dal contesto, una conferenza stampa di presentazione della candidatura italiana ad ospitare l’Einstein Telescope, presenti diversi esponenti di governo. L’incontro si è svolto all’aperto, nel parco adiacente all’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) a Monte Mario, a Roma.

L’Einstein Telescope è un rilevatore di onde gravitazionali in fase di studio in Europa, qualificato di “terza generazione”, cioè il più avanzato che esista. Fino ad ora l’eccellenza è rappresentata da tre soli impianti in tutto il mondo, di seconda generazione, due negli Stati Uniti, uno in Italia (a Pescina, vicino Pisa). Ma Et (non il personaggio di Steven Spielberg, ma in questo caso l’acronimo di Einstein Telescope), viene descritto come qualcosa di molto più avanti, mille volte più potente.

L’Italia ha presentato la sua candidatura per rappresentare il consorzio che nascerà nell’Unione europea, e dovrà vedersela con i Paesi Bassi, che a sua volta vorrebbe ospitare Et. Parisi è apparso entusiasta: «La decisione che è stata presa oggi ha un enorme valore per la scienza italiana e per la scienza mondiale». E ha paragonato le onde gravitazionali alle onde provocate in uno stagno dal lancio di un sasso: «La differenza è che si formano nel vuoto anziché nell’acqua». Aggiungendo: «L’Italia è il Paese con la maggiore esperienza in questo settore». Cosa ci si può aspettare, se la struttura venisse realizzata? «Quello che mi aspetto e spero di poter vedere – ha risposto Parisi – sono delle sorprese. La ricerca ha questo di bello: si fanno le cose per scoprirle».

Il percorso è lungo: ci vorranno una decina d’anni per Et, se l’Italia avrà la meglio sulla proposta dei Paesi Bassi. Che ha scelto un territorio – ma ancora non specificatamente il luogo esatto – al confine con Belgio e Germania. L’Italia ha invece le idee chiare: l’impianto – se si farà – verrà costruito nelle miniere dismesse (c’era l’argento) di Sos Enattos, a Lula, nel Nuorese. Questo dovrebbe limitare l’impatto ambientale: il laboratorio sarà sottoterra, a cento metri dalla superficie, e verranno costruite delle gallerie dove si incrocerà un triangolo di raggi laser per totali 30 km di sviluppo. A questi raggi laser sarà affidata la funzione di “leggere” le onde gravitazionali. Non ci sono falde acquifere sotto il fondo di granito, e la zona circostante non è sismica e neanche “antropizzata” e questo dovrebbe rispondere al requisito più ricercato, quello del silenzio, che dovrebbe permettere alle onde di non avere interruzioni.

Sono intervenuti, nell’occasione dell’incontro con i giornalisti, la premier Giorgia Meloni (appena tornata da una visita ufficiale in Tunisia, e visibilmente affaticata), e i titolari di tre dicasteri: Anna Maria Bernini (ministro dell’Università e della Ricerca), Antonio Tajani (ministro degli Esteri) e Marina Calderone (ministro del Lavoro). Meloni ha spiegato che la sua presenza come Presidente del Consiglio ha un significato legato a quanto il governo italiano ci tenga a questa investitura europea (sarà un’autorità scientifica di emanazione Ue a scegliere il vincitore): c’è, spiega, «l’attenzione, la volontà, la dedizione». E aggiunge: «Quello che ci sono mancate tante volte sono la consapevolezza e la volontà». Tajani ha fatto cenno alla «diplomazia scientifica», che sottintende le relazioni con i partner europei per convincerli a sostenere la candidatura italiana: «In Italia c’è sempre una grande passione per quello che c’è sopra di noi, e questo telescopio rappresenta il massimo per la ricerca scientifica in questo settore». Il titolare della Farnesina si è lasciato andare a un riferimento ad hoc: la passione per il cielo dei pastori e degli uomini di mare in Sardegna.

Calderone ovviamente ha rimarcato l’importanza dei posti di lavoro che questa impresa comporterà, in un territorio di tante attività dismesse. Posti di lavoro calcolati fino alla singola unità: 36.085. Occupazioni provvisorie, ma una volta chiuso il cantiere ne beneficerà la gestione e l’indotto. Per quanto riguarda l’investimento, Bernini ha indicato una cifra che si dovrebbe muovere in una forbice tra 1,7 e 1,8 miliardi, di spesa nell’arco di dieci anni. Spiegando che però non ci sarà solo lavoro, ma movimento di studiosi e studenti… ed è questo che potrebbe modificare il territorio, dando spazio al cemento dove c’è un paesaggio di bellezza inconsueta. «Questo settore fa parte della Green economy, economia pulita» sostiene Tajani, e si deve sperare che – se il progetto dovesse essere approvato – le autorità sappiano vigilare sull’impatto ambientale. Perché è possibile dare alla Sardegna una grande chance di sviluppo senza deturparne la bellezza unica. La progettazione sarà finanziata dalla Commissione europea. «Sarà una fabbrica che produce futuro» aggiunge Bernini. Ma se non sarà Et, il destino di Sos Enattos è già praticamente deciso: una distesa di pale eoliche per  trasformare il vento in energia. E contro questo “gigante del vento” sì che ci sono già state le proteste degli ambientalisti. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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