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2/ Misteri di Sardegna. Le mani dipinte nella grotta, forse è stato l’uomo di Neanderthal

di Italia Libera   
2/ Misteri di Sardegna. Le mani dipinte nella grotta, forse è stato l’uomo di Neanderthal

Se ci sono scoperte che riscrivono la storia, quello che si è scoperto in Sardegna riscrive addirittura la preistoria. La più recente è opera di un archeologo per caso, che facendo trekking notò sulla parete di una piccola grotta una strana pittura, un inconsueto reperto di arte rupestre, delle mani dal color rosa sbiadito. In un primo momento, scettico, immaginò che quelle “mani aerografate” fossero opera recente di un graffitaro, e non un reperto della notte dei tempi. Poi però si rivolse a uno studioso autodidatta e “mitico” esso stesso in Sardegna, Gregorini, ideatore di quel formidabile archivio pubblico dell’archeologia che è il geoportale Nurnet. E questa pubblicità ebbe l’effetto di scuotere l’attenzione della Soprintendenza, che dispose un sopralluogo

Il reportage di MAURIZIO MENICUCCI

IL 2 FEBBRAIO DEL 2020, Nadia Canu, oggi direttrice della Fondazione Mont’e Prama, quella dei Giganti, arriva sul posto guidata da Ivan, osserva le mani e subito sentenzia: «False». E perché? «Perché sono le uniche trovate in Sardegna», risponde. Poi, tentando forse di dare densità a un ragionamento che avvertiva piuttosto volatile, avrebbe aggiunto che erano pure inverosimili, perché si notavano sbavature di colore e oltre alle mani, si vedevano anche gli avambracci. Ora: basta sfogliare qualsiasi catalogo di arte rupestre per accorgersi che è pieno di mani ‘sbavate’ e con gli avambracci, a partire proprio dalla Cueva de Los Manos. D’altra parte, anche la professoressa Giuseppina Tanda, considerata l’erede di Lilliu, ritiene le impronte di Siligo contraffatte. Gliel’abbiamo chiesto al telefono, il mese scorso, e ha risposto: «La cavità che le ospita sembra una ‘domo de janas’ crollata per metà, ma le mani dipinte sono una manifestazione molto più antica delle ‘domo’, quindi non possono essere autentiche».

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Che si tratti di una di queste tombe prenuragiche, però, è opinabile. Secondo Giusy Gradoli, archeologa e geologa dell’Università di Cagliari, «è una bolla trachitica di origine vulcanica». Dunque, una cavità naturale, come tante altre che si aprono lì intorno, e comunque assai più vecchia delle mani. Concorda Paolo Nannini, naturalista e fotoarcheologo: «Sicuramente era più ampia; in seguito, ma già molto tempo fa, parte della volta è crollata, lasciando esposte le mani». Quanto all’altra obiezione della professoressa Canu, cioè che il falsario avesse raschiato la crosta di nerofumo per disegnare sulla parete bianca, per la Gradoli, non sta letteralmente in piedi: «Primo, perché sono licheni, non nerofumo, e nessuno potrebbe accendere il fuoco in uno spazio così angusto; poi, perché, se si osserva bene, le mani proseguono anche al di sotto dello strato, quindi sono state fatte prima».

Nel frattempo, il sito non è mai stato tutelato, perché, ovviamente, non si tutela un falso. Perciò quelli di Nurnet, quando passano di qui, salgono volentieri a dare uno sguardo e magari scattano qualche fotografia, con i filtri adatti, per mettere in evidenza le impronte. Nel geoportale il livello tecnico è alto, anche perché tra i soci dilettanti, talvolta con un ‘nome de plume’, a scanso di scomuniche, figurano parecchi archeologi universitari, un’altra categoria che le Soprintendenze della Regione non vedono di buon occhio. Probabilmente pensano che se li si lasciasse fare, chiederebbero di scavare dovunque, e non ci sarebbero più né week end, né feste comandate per nessuno.

In ogni caso, quelli che se ne intendono ma non stanno dietro una scrivania sono largamente a favore dell’autenticità, anche perché, argomentano, a differenza dei busti di Modigliani, o del Papiro di Artemidoro, in questo caso il falso non varrebbe nulla: perché, dunque, qualcuno si sarebbe preso la briga di fare, lì sotto, in quella posizione scomoda e umida, almeno diciotto impronte, tutte differenti di taglia? La questione ha continuato a ristagnare fino a quando, a dicembre del 2022, sollecitato degli ‘autentichisti’, il sindaco di Siligo, Giovanni Porcheddu, non si è rivolto a Dario Seglie, direttore del Museo di Arte Rupestre di Pinerolo. Seglie, tra l’altro, era stato il primo, anni fa, a lanciare l’idea della candidatura Unesco per la Sardegna, e a raccomandare che non solo alcuni nuraghe, ma l’intero patrimonio archeologico dell’Isola fosse considerato ‘Bene dell’Umanità’ dall’Unesco.

Studioso di vaste conoscenze internazionali, Seglie mette Porcheddu in contatto con Hipólito Collado, soprintendente alle antichità dell’Estremadura: è l’uomo più adatto al caso, poiché, come responsabile del progetto ‘Handpass’, ha censito tutte la mani rupestri note in Europa. Collado esamina le foto e non ha incertezze: per lui le mani non soltanto sono ‘doc’, ma anche assai simili a quelle della grotta Del Castillo, in Cantabria. Il che apre una voragine di interrogativi, perché alcune di queste pitture iberiche, da poco ridatate con la nuova tecnica all’uranio torio, risalgono non a quarantamila anni, come indicavano le vecchie analisi l’analisi del C14, ma almeno a sessantamila. Quindi, a disegnarle non può essere stato l’Homo Sapiens, come si pensava, ma l’Uomo di Neanderthal. E se le mani di Siligo sono tanto simili a quelle cantabriche, l’autore potrebbe essere sempre lui, il Neanderthal. Perciò la sua presenza in Sardegna, finora solo ipotizzata in base all’antica prossimità del blocco emerso sardo-corso al continente, sarebbe confermata, colmando anche il vuoto antropologico tra i manufatti, vecchi di 500 mila anni, trovati a Perfugas e i resti di Sapiens, datati 22 mila anni, scoperti a Cheremule.

A questo punto, si potrebbe pensare: proviamo l’uranio torio anche sulle mani di Siligo e vediamo quanti anni hanno! Purtroppo non è possibile. Il test UT funziona solo su materiali che contengono carbonato di calcio, come la patina depositata dall’acqua sulla roccia delle ‘cuevas’ cantabriche. A Siligo, invece, le pareti sono di tufo, e la patina non c’è. Il professor Collado, però, si mette subito a disposizione con una perizia, il test di Raman, che ‘taglierebbe la testa al torio’, e decide di venire insieme a una collega portoghese, di lì a due settimane, a fine gennaio, per un blitz di 36 ore: atterraggio a Olbia, ispezione al sito, rilievi fotografici, prelievo di un po’ di pigmento per le analisi, ritorno alla cavità, la mattina dopo, per gli ultimi dettagli e partenza.

La notizia comincia a girare, e del resto l’arrivo dell’esperto è già una mezza conferma che le impronte potrebbero essere addirittura di quel lontano prozio venuto dal Continente che ormai tutti, qui, chiamano ‘su omine Neandru’. Ma nasce un primo dubbio: se avvertire, o no, la Sovrintendenza di Sassari che l’illustre collega viene a Siligo, perché, in caso contrario — non si sa mai! — potrebbe scoppiare un incidente diplomatico. Il dibattito a questo punto si complica. Qualcuno fa notare che i funzionari sassaresi non avrebbero motivo di recriminare, visto che, come loro stessi hanno detto, le mani sono contraffatte. Altri paventano comunque spiacevoli conseguenze e una telefonata, arrivata in quelle ore in Comune, sembra accreditare i timori dei pessimisti: «Ma che ci portate a fare lo spagnolo in quel posto, tanto lo sapete che è tutta una patacca, quello che otterrete è solo di buttare via tempo e soldi…». Il sindaco Porcheddu mangia la foglia, tentenna, si arrovella, poi trova la soluzione.

Bisogna dire a tutti che la perizia è rinviata a data da destinarsi. Anche Ivan Carta, lo scopritore, anche quelli di Nurnet, quelli, anzi, per primi, ricevono la finta disdetta. Sì, non sarà proprio onorevole, quando si verrà a sapere, ma è sempre meglio che richiamare giornalisti e curiosi e rischiare incidenti politicamente letali. Sulla perizia iberica cala un silenzio prima perplesso, poi totale, e la ‘camarilla’ riesce. Hipólito Collado viene in Sardegna, si mette all’opera, riparte, come previsto. Unici ad accoglierlo, lo stesso sindaco Porcheddu e Giusy Gradoli, che, magari terrorizzata da quelle che potrebbe aver vissuto come angherie dei colleghi soprintendenti, si nasconde dietro di lui. Il responso ufficiale del professore spagnolo arriverà, dicono, entro il mese di aprile, tempi insolitamente lunghi, visto che si tratterebbe di un test rapido. Ma prima di ridare la linea allo studio, vi riveliamo che qui tutti si preparano a celebrare le mani: il Comune, che in onore di Collado farà suonare alla fanfara il famoso pezzo di Ornella Vanoni ‘tutto è ormai nelle tue mani, mani grandi, senza fine’ e che, come ci ha spiegato entusiasta il sindaco Porcheddu davanti a uno sbigottito Gavino Ledda (sì proprio lui, il mitico autore di “Padre Padrone”, gloria del paese di Siligo), intende acquistare il terreno scosceso del sito per trentamila euro (quando gli basterebbe espropriarlo…); la Regione Sardegna, che promette di crearci intorno un grande circuito archeoturistico: e naturalmente la Soprintendenza di Sassari, che, lo sanno tutti, è stata la prima a sostenere che quella roba è autentica. E vediamo chi osa dire il contrario e rovinare la festa!  — (2. fine …per ora; la prima parte è stata pubblicata ieri) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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