Alluvione nelle Marche e crisi climatica: lo “sfasciume pendulo sul mare” oggi è tutta la Penisola

Alluvione nelle Marche e crisi climatica: lo “sfasciume pendulo sul mare” oggi è tutta la Penisola

Un numero ancora imprecisato di morti (forse dieci), tre dispersi, quattro in ospedale e 150 sfollati. Tutto in un piccolo spicchio del Senigalliese e dell’Alto Pescarese. Nell’arco di poche ore. La crisi climatica impone strategie di mitigazione ed adattamento agli eventi estremi. Ma, secondo l’ultimo rapporto dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), l’Italia consuma in media due metri quadrati al secondo di suolo. Avete letto bene: due metri quadrati al secondo, 120 metri quadrati (un appartamento) al minuto. Il “climate change” costa vite umane e la priorità dobbiamo darla al Green Deal europeo, ha detto il portavoce della Commissione Ue, Tim Mcphie, interpellato sulla tragedia delle Marche. Da noi impazza invece il greenwashing, e la legge delega per disciplinare le ricostruzioni dopo le tragedie è rimasta appesa a mezz’aria, come i mobili e le suppellettili delle case sventrate dal fango

L’editoriale di IGOR STAGLIANÒ
“MITIGAZIONE” E “ADATTAMENTO”: sono le due parole-chiave che la scienza del clima utilizza da anni per dirci “che fare” con gli eventi atmosferici estremi generati dalla crisi climatica. Cosa fare proprio con quei 40 millimetri di pioggia caduta nelle Marche tra giovedì e venerdì, una quantità prevista normalmente in sei mesi. Un’alluvione disastrosa con un numero ancora imprecisato di morti (forse dieci), tre dispersi, quattro in ospedale e 150 sfollati. Tutto in un piccolo spicchio del Senigalliese e dell’Alto Pescarese. Nell’arco di poche ore.

Anche “resilienza” è diventata, per qualche tempo, un passe-partout alla moda per indicare comportamenti virtuosi nei confronti di eventi traumatici, riorganizzando la nostra vita dinanzi alle difficoltà. Eventi traumatici e difficoltà che generiamo noi stessi con i nostri comportamenti. Come documenta — su alluvioni, consumo del suolo e tragedie annunciate — l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) nel suo rapporto annuale: l’Italia consuma in media due metri quadrati al secondo di suolo. Avete letto bene: due metri quadrati al secondo, 120 metri quadrati (un appartamento) al minuto. Cementifichiamo e impermeabilizziamo senza sosta un territorio che presenta il conto ad ogni maltempo.

Un Paese strutturalmente fragile che espone al rischio di terremoti, frane e alluvioni una quantità impressionante di propri concittadini. Vittime non della fatalità — come sentiamo dire ancora in queste ore, fra lacrime di coccodrillo — ma dell’irresponsabilità e dell’incuria dei propri amministratori. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ispra sulla nostra fragilità idrogeologica, il 93,9 per cento dei comuni italiani — ben 7.423 municipi — è a rischio documentato di frane, alluvioni ed erosione costiera. Un milione e 300mila cittadini esposti al rischio frane, a cui si aggiungono quelli a rischio alluvione: 6 milioni e 800mila. Con una forte accelerazione rispetto al precedente rapporto del 2018. 

Scienziati e ricercatori parlano, però, nel deserto. Non li ascolta la politica, non li ascoltano i cittadini che continuano a costruire dove non si può costruire in attesa del prossimo condono. E ricostruiscono, per di più — fra lacrime e disperazione —, dove l’acqua e il fango si sono portati via tutto, talvolta la vita dei propri cari. In trent’anni di inchieste sul campo, sono scene che abbiamo dovuto documentare e raccontare ad ogni alluvione e ad ogni frana. Tragedie sempre uguali a se stesse, pronte a ripetersi all’infinito: di volta in volta, cambia solo l’inflessione dialettale dei sopravvissuti. Per interrompere un ciclo perverso, nel 2019 ActionAid promosse la campagna #Sicuriperdavvero con l’obiettivo di “imparare la lezione dei fatti” e colmare un vuoto legislativo nella messa in sicurezza del territorio. Alla pubblicazione delle “Linee Guida per una politica nazionale sulla prevenzione e la ricostruzione”, fece seguito la proposta di una normativa organica per coordinare il lavoro pre e post evento, e, soprattutto, per disciplinare le ricostruzioni successive. Uno sforzo convergente che sembrava avesse uno sbocco con la Legge Delega per il Codice della Ricostruzione, approvato dal Consiglio dei ministri il 21 gennaio 2022. Rimasto lì, appeso a mezz’aria, come i mobili e le suppellettili delle case sventrate dal fango. Stavolta nelle Marche.

Il climate change costa vite umane e la priorità va data al Green Deal europeo, ha detto ieri a Bruxelles il portavoce della Commissione Ue, Tim Mcphie, interpellato sulla tragedia delle Marche: «Siamo impegnati a ridurre le nostre emissioni di gas serra per mitigare l’impatto del cambiamento climatico e per investire nell’adattamento al clima, riducendo al minimo l’impatto dei cambiamenti che non possiamo prevenire». Ed eccole qui, riappaiono le parole-chiave: “mitigazione”, “adattamento”. Vi sembra che in Italia lo stiamo facendo? Quanto alla terza parola — “resilienza” —, l’unica realmente attiva è quella delle compagnie petrolifere. Di fronte all’accelerazione necessaria delle energie pulite e rinnovabili — una tragedia economia per loro —, fan finta di cambiare tutto perché tutto resti come prima, scatenando guerre del gas e greenwashing a manetta. Povera Italia, “sfasciume pendulo sul mare”: non più solo la Calabria, descritta come tale da Giustino Fortunato 118 anni fa. Senza il coraggio di agire subito, è la Penisola intera a diventarlo ogni giorno di più. © RIPRODUZIONE RISERVATA