Il reddito in Emilia-Romagna si contrae, il turismo traina bar e ristoranti
BOLOGNA - Da una parte il turismo che cresce, dall'altra i consumi interni, che continuano a calare, inducendo famiglie e consumatori a comportamenti più prudenti: è tra queste due tendenze che si gioca il futuro del di ristoranti, bar e pubblici esercizi, anche in Emilia-Romagna. Lo evidenzia uno studio realizzato da Nomisma e presentato in occasione dell'assemblea regionale di Fiepet-Confesercenti che si è tenuta ieri a Bologna. La ricerca, illustrata dall'analista Silvia Zucconi, prende le mosse dalla situazione economica italiana e regionale: il Pil che non cresce, l'inflazione che rialza la testa, con la conseguenza che i consumi interni tornano a contrarsi e le famiglie sono sempre più orientate al risparmio. Il 21% degli emiliano-romagnoli che hanno risposto al sondaggio dell'istituto bolognese (600 individui rappresentativo della popolazione residente nella Città metropolitana di Bologna e negli altri otto capoluoghi di provincia) ha dichiarato che diminuirà i consumi fuori casa, contro un 15% di risposte che indicano un aumento. Una scelta dettata detta per i più (53%) dalla minore disponibilità economica e dalla necessità di dare priorità al pagamento di bollette e mutui.L'AUMENTO DELLE PRESENZE TURISTICHE TRAINA LA CRESCITASi stima che la spesa pro capite per cibi e bevande fuori casa non superi i 100 euro al mese. A compensare l'atteggiamento improntato al risparmio dei residenti, l'aumento delle presenze turistiche che traina la crescita delle attività di ristorazione legate alla presenza di visitatori internazionali. L’Emilia-Romagna gioca un ruolo di primo piano dal punto di vista dell’offerta, forte della presenza di 24.401 imprese attive nei servizi di ristorazione (il 7% del totale nazionale) in grado di generare un fatturato di otto miliardi di euro (il 9% del totale Italia). Per gli emiliano-romagnoli, in ogni caso, il consumo di pasti e bevande fuori casa rappresenta, soprattutto, un momento di piacere e gratificazione personale (44%), una forma di evasione dalla routine (41%) e un’occasione per rilassarsi: il 51% degli emiliano-romagnoli consuma pasti e bevande fuori casa per uscire e stare con gli amici, il 39% la considera un’opportunità per socializzare, il 17% per costruire ricordi con la cerchia di familiari e amici o per rafforzare i legami.
Alla dimensione personale e sociale si affianca, infine, una terza dimensione, che riguarda l’intera collettività: il 70% degli intervistati ritiene che la presenza nella propria città di ristoranti, bar, pub, pizzeria rappresenti un fattore determinante per la crescita dell'economia locale e per l’aggregazione, il 67% lo considera un elemento di attrazione, il 63% un servizio ai cittadini, il 52% un presidio del territorio, in grado di rendente più sicure e protette alcune zone della città. Per i cittadini dell’Emilia-Romagna viene attribuita molta l’importanza al tipo di cucina, indicato come principale driver di scelta dal 77% degli intervistati, con un vantaggio considerevole sulla fascia di prezzo (54%), la familiarità con la location (42%) e le recensioni molto positive (38%). La presenza di spazi all’aperto è, inoltre, un valore aggiunto irrinunciabile per la quasi totalità del campione (ben il 96%). Non a caso il tema dei dehor è una delle priorità indicate dagli imprenditori presenti oggi a Bologna che chiedono una semplificazione delle norme nelle zone tutelate.Le altre questioni sul piatto riguardano la rimodulazione della Tari per i pubblici esercizi della ristorazione, il contrasto all’abusivismo e alla concorrenza sleale, la revisione della normativa sulle manifestazioni temporanee, le troppe norme, la poca chiarezza, e la necessità di più semplificazioni, i finanziamenti mirati e accessibili alle micro e piccole imprese, la sburocratizzazione a livello nazionale. La difficoltà a reperire personale resta una delle crititictà maggiori evidenziate dai titolari di bar e ristoranti.DOMENICHINI (CONFESERCENTI EMILIA-ROMAGNA): EMERGENZA PERSONALEQuello della ricerca del personale per bar e ristoranti dell'Emilia-Romagna sta diventando un problema serio. Uno dei più pressanti, secondo il presidente regionale di Confesercenti, Dario Domenichini. "È chiaro che rispetto al commercio al dettaglio, il turismo è un settore che soffre meno di tutte le trasformazioni tecnologiche legate all'e-commerce. Tuttavia, anche il turismo e i pubblici esercizi hanno i loro i loro problemi: un sostanziale aumento dei costi di gestione, partendo dai costi energetici, l'aumento dei costi delle materie prime e poi c'è una situazione veramente complicata nella ricerca del personale", spiega a margine dell'assemblea regionale di Fiepet. "Dai camerieri ai cuochi, dagli addetti alle sale agli addetti alle camere: questo è un problema veramente, veramente grande", ammette. "È difficile capire come risolverlo nel breve perché è vero che in parte è figlio della denatalità, ma c'è anche un problema legato al cambio di mentalità: il lavoro del ristoratore è un lavoro duro perché si lavora quando gli altri si divertono, si lavora durante il weekend e quindi sempre più persone cercano altri altri tipi di lavoro. Insomma, è veramente complicato gestire questa questo tipo di attività, tanto che tante volte sempre più ristoranti tendono magari ad aumentare i giorni di chiusura e ridurre i servizi, proprio per carenza di personale", sottolinea. La soluzione potrebbe arrivare grazie all'immigrazione regolare. "Pensiamo sia necessario lavorare molto sulla formazione e sull'immigrazione, perché nel giro di breve non avremo un ritorno alla natalità che ci possa risolvere il problema. Quindi, ci vuole un'immigrazione buona, controllata", afferma.DOMENICHINI: IPOTESI "COSTITUIRE SCUOLE DI FORMAZIONE NEI PAESI DI ORIGINE""Abbiamo anche ipotizzato di andare addirittura a costituire delle scuole di formazione nei paesi di origine, per insegnare la lingua e un mestiere. Un'altra strada in questo momento non la vediamo", ammette Domenichini. C'è poi il tema dei salari, che nel turismo restano bassi. "Come Confesercenti abbiamo appena rinnovato il contratto nazionale del turismo. È stato un impegno oneroso per le imprese, perché evidentemente era fermo da tempo. Penso che il rinnovo sia stato un incentivo anche a venire a lavorare dai nostri associati, ma il problema non lo si risolve nel giro di breve, ci vorrà un po' di tempo", conclude.


















