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Dopo le alluvioni, un Paese indifeso. Come si è persa l’occasione delle Autorità di Bacino

di Italia Libera   
Dopo le alluvioni, un Paese indifeso. Come si è persa l’occasione delle Autorità di Bacino

Il collasso di una Regione, il saccheggio del suolo, gli esiti di una politica dissennata che non ha saputo difendere il territorio. Il bilancio delle due alluvioni in Emilia-Romagna non è solo un elenco di danni, guardando anche a quelli del prossimo futuro, ma è la dolorosa constatazione che – con previdenza e responsabilità – si sarebbero potute limitare le proporzioni di questo disastro

L’articolo di VITTORIO EMILIANI

IL PAESE APPARE INDIFESO  non appena si scatenano piogge diffuse che si trasformano in veri e propri temporali di lunga durata che colpiscono in modo tanto disastroso un’area vastissima nella pianura padana. Dalla chiostra alpina ad un Appennino disboscato selvaggiamente e quindi causa di colate di fanghi che distruggono l’ambiente, il sistema stradale e infrastrutturale in generale si predispone al collasso. Nei numerosi centri abitati lungo l’antico asse della Via Emilia la situazione è stata subito allarmante. La spinta dell’acqua è risultata spaventosa, invadendo in modo violentissimo tutta una serie di località e di case sparse con allevamenti lungo la Via Emilia. Quella Via tracciata e realizzata dai Romani da Rimini a Piacenza, con luoghi urbani ogni 25 chilometri e centri propulsivi a Felsina, Bononia e Bologna, città di acque sotterranee e ora disastrosamente di superficie.

Un intero sistema idrogeologico è stato manomesso e poi disintegrato. E quindi il nostro Paese – e specie tutta l’area padana – va sotto le acque di piena che ristagnano e occupano stabilmente e disastrosamente le campagne dall’Appennino in disfacimento. All’altezza della costa le spiagge sono invase dai fanghi colati dall’entroterra collinare. Frane ovunque impediscono ogni comunicazione. Tutta una politica idrogeologica è stata disastrata e devastata. Eppure all’alba degli anni Settanta era stata pensata e messa in campo una strategia mutuata da un grande modello, quello anglosassone delle Authorities cioè delle Autorità di Bacino: una per il Po dalle sorgenti del Monviso al Delta adriatico. Un’altra per l’Adige, dalle sorgenti alla foce fra Adria e Rovigo. Una terza per il Tevere, dalle sorgenti nell’alto Lazio alla Villa di Plinio passando per quattro regioni. Una quarta – di minore entità – per il Volturno. Restava pericolosamente scoperto tutto il resto del Sud continentale così come le due grandi isole e le isole minori.

Tuttavia era un sistema idrogeologico e idroviario che poteva funzionare e controllare con efficacia le acque dei grandi fiumi e dei loro affluenti. Ma il disegno strategico rimase sostanzialmente inattuato e venne stravolto quasi subito dai municipalismi e dai malintesi regionalismi. E di fatto quella illuminata riforma generale rimase sulla carta. Anche se Roma, ad esempio, riuscì a dotarsi di un sistema di depurazione delle acque fognarie o comunque inquinate che, pur tra errori e insufficienze specie per l’inquinatissimo Aniene, fornì un contributo importante. Non così il Po dove non si riuscì ad attivare veramente il depuratore di Nosedo. Tanto meno l’Adige che nella zona del Delta di fatto non depurò, se non in parte, le acque del suo fiume e questo per una serie ostativa di municipalismi.

Per queste e altre ragioni di fondo ci troviamo periodicamente a fare i conti complessi e drammatici con le alluvioni, non avendo praticato una severa decarbonizzazione della atmosfera né liberato le aree urbane dalla cappa di smog che provoca piogge avvelenate e improvvise. Quando affronteremo in forma globale, interdipendente, questo problema che è anzitutto gravissimo per la salute?  Il governo di destra – da pochi mesi insediatosi – non sembra proprio avere questa fra le sue priorità. Anzi.

Ma non possiamo né dobbiamo indugiare. Dopo questa rovinosa alluvione, è indispensabile ripensare tutta la politica urbanistica e ambientale dall’Appennino al mare. E questo va fatto con soluzioni di tipo strutturale che coinvolgano i tecnici più attrezzati e tutti gli amministratori di ogni livello a partire dai cosiddetti “governatori” che converrà ridurre a semplici Presidenti di Regioni con assessorati specializzati e dotati di personale adeguato (e non scarsissimo come ora) e tecnicamente all’altezza dei compiti quotidiani e di medio-lungo periodo. Occorre rifare questo Stato stravolto dai Governatorati e sempre più diviso in due o tre aree fra loro in alternativa anziché in piena e fattiva collaborazione. Questo insieme di insufficienze e di impreparazione degli organi di governo ad ogni livello ha esaltato le conseguenze dell’alluvione. Dovevamo ripristinare per tempo una strategia preventiva e non dormire su una situazione che – senza una  politica attiva di ricostruzione ambientale – sarebbe inevitabilmente tornata a degenerare in questo difficile e manomesso Paese in cui i suoli “naturali” sono sempre di meno a causa dell’incessante sfruttamento speculativo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

di Italia Libera   
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