Il voto per il Colle ai tempi di Omicron tra paure, disagi, regole stringenti e quorum più difficile
Ceccanti cita Marx ed eleva la sua ‘preghiera’ laica: fateci votare il più distanziati possibile
“A proposito di Quirinale – scriveva ieri, sul suo blog, e con un post sulla sua pagina Facebook, il deputato dem, e valente costituzionalista, Stefano Ceccanti - vi propongo qui una predica inutile dopo di che, come disse qualcuno, dixi et salvavi animam meam (non è una citazione della Bibbia, ma di… Karl Marx, che la scrisse nel 1875 come chiusa della sua giustamente furibonda Critica del programma di Gotha: il senso della frase deriva dal fatto che Marx aveva deciso di non rendere ancora pubblica questa sua violenta requisitoria, poi pubblicata da Engels dopo la sua morte, ndr.).
Non capisco perché – prosegue Ceccanti - vista l’evoluzione dell’emergenza virus, invece di ammassare più di 1000 persone nell'Aula di Montecitorio che in questo caso è solo seggio elettorale, e quindi senza problemi di dibattiti, ecc. non si possa far votare noi deputati con un pc, spalmati dentro varie sedi della Camera (per carità, tutti nel Palazzo), i senatori suddivisi in analoghe sedi dentro Palazzo Madama e i delegati regionali dal rispettivo Consiglio. Andrebbe deciso, ma lo so che non si farà”.
La variante Omicron impazza in tutt’Italia e la situazione si fa assai preoccupante…
Che succede? Facile, il Covid 19 e, in particolare, la sua più temibile e ultima variante, Omicron, impazza anche ‘a Palazzo’ e rischia di ‘infestare’ – e, dunque, manipolare – anche l’elezione del prossimo Capo dello Stato, prevista a gennaio (il 20-24 gennaio, giorno più, giorno meno). E, proprio come durante la prima, grande, pandemia, Ceccanti si fa ‘portavoce’ di una battaglia che, già allora, fu persa, da chi la proponeva: il ‘voto a distanza’. Libertà e segretezza del voto stesso ‘non’ sarebbero garantite – si disse allora, dagli uffici di Montecitorio e si ribadisce pure oggi – e, quindi, al massimo si può ‘distanziare’ i 1009 Grandi elettori ‘dentro’ l’Aula ma non fuori, come già fu fatto approntando le postazioni con i pc collegati per i deputati nelle Tribune stampa e, poi, anche nel bel mezzo del Transatlantico, ma “l’unità di spazio, di tempo e di luogo”, di aristotelica memoria, va in ogni caso rispettata. Insomma, non se ne farà nulla, nonostante la variante Omicron stia mietendo vittime ovunque (anche se non mortali) e, si presuppone, lo farà anche quando ci sarà da votare il Capo dello Stato (il Covid, in questo, è democratico’: colpisce il ricco come il povero, l’ignorante e l’intellettuale, il cittadino comune come il politico, ecco…).
I dati diffusi ieri, del resto, dicono che siamo arrivati a quasi 80mila casi e 202 morti, mentre l’altro ieri erano a 30 mila e 142 vittime. Numeri pesanti, preoccupanti, che rischiano di pesare.
I dati diffusi ieri, del resto, dicono che siamo arrivati a quasi 80mila casi e 202 morti, mentre l’altro ieri erano a 30 mila e 142 vittime. Numeri pesanti, preoccupanti, che rischiano di pesare.
La tenuta ‘sanitaria’ di palazzo Montecitorio è, oggettivamente, a rischio. I ‘rimedi’ di Fico
Certo è che, per la prima volta nella lunga storia dell’elezione di ben 12 capi dello Stato, non gli accordi/disaccordi tra i capi partito e neppure i franchi tiratori – croce e delizia di ogni elezione presidenziale – potranno cambiare, o stravolgere, il senso e il risultato del voto ma… la pandemia. Nome in codice, Covid-19 (versione Omicron). Due i problemi principali. La ‘tenuta sanitaria’ del Palazzo e il quorum che, pur restando tale (cioè fisso, come una stella polare, a 673 voti per la maggioranza dei due terzi e a 505 voti per la maggioranza assoluta, dal IV scrutinio in poi, contando ovviamente il plenum a 1009 elettori), potrebbe diventare assai più difficile da ottenere.
Vediamoli. Il primo. 1009 Grandi Elettori in un Aula che ne contiene a stento, uno sull’altro, 630, ci stanno, e ci staranno, assai strettini. Il plenum dell’aula della Camera – un’araba fenice che, di solito, non viene mai raggiunta, causa il male endemico del parlamentarismo, l’assenteismo – è uno spettacolo che, nei rari casi in cui si materializza (la nascita di un governo, il varo di una manovra economica, leggi costituzionali, etc. fino, appunto, all’elezione del Capo dello Stato), produce sempre un effetto stordente, sui presenti.
Nell’emiciclo disegnato dall’architetto Basile ai primi del Novecento, tra soffitti e arredi liberty, divani in pelle, tappeti rossi, colonne e marmi finto-romane imperiali, Buvette e Transatlantico, insomma in tutti i luoghi topos del Palazzo, produce una calca a dir poco mostruosa, stile metropolitana (scassata) di Roma all’ora di punta. E questo quando i presenti sono ‘solo’ 630 (seicentotrenta), figurarsi quando sono millenove. Il presidente della Camera, Roberto Fico, che ospiterà l’happening, paragonabile a una festa illegale in discoteca, ci ha messo la testa, dopo preoccupate auscultazioni dei suoi ‘alti uffici’.
Mille parlamentari (e non) stipati, scalmanati, accaldati, urlanti, pronti a concordare, votare e applaudire il prescelto, nell’aula dalle volte affrescate in stile liberty dal Basile (800 mq), è uno spettacolo che non si può più dare al Paese. Escluso, in via categorica, il voto a distanza (al Parlamento Ue si fa, da noi non se n’è mai voluto neppure parlare) restano sanificazione e distanze da rispettare il più possibile, ma ove possibile.
Primi rimedi. Green Pass – con tanto di terza dose o booster fatto e dimostrato, sul cellulare - da esibire, tamponi igienici e molecolari a iosa e mascherina FFp2 da calre all’ingresso e portare all’interno. Nessuna pietà per i deputati (la ex M5s, oggi nel Misto, Sara Cunial) fieri no-vax che hanno da poche settimane perso il ricorso per difendere il loro presunto diritto a ‘non’ esibirlo, il Green Pass, come ha sancito l’ufficio di Presidenza e ribadito, persino, la Consulta.
I problemi maggiori, però, restano e sono tanti: la difficile aereazione dei locali, il periodo invernale (gennaio sarà freddo e piovoso), i vizi atavici dei parlamentari: fumo in cortile, detto cortile d’onore, che ne contiene al massimo un centinaio, e le chiacchiere da Transatlantico, cui nessun parlamentare, in giorni che saranno ‘caldi’, politicamente parlando, vorrà rinunziare.
Soluzioni e cure trovate per ora, poche, palliative: ingressi contingentati e una sola votazione al giorno, non due, come è uso dal lontano 1948. La qual cosa, peraltro, avrà un effetto politico rapido, immediato, quasi meglio di un tampone igienico: di solito, con due votazioni al giorno, il tempo di ‘sedimentazione’ per ‘pesare’ i diversi candidati era scarso, e la doppia votazione giornaliera assai concitata. Ora, invece, ci sarà più tempo, il che, però, non è detto che sia per forza un ‘bene’: con una votazione sola, e unica, al giorno, i nervi di tutti – leader e peones – saranno tesi allo spasimo, il tempo – che, ormai, in politica, è sempre più ‘tiranno’ e sempre meno portatore di sani ‘consigli’ – scarseggerà e, alle porte, alleati dell’Italia, mercati internazionali, Borse, spread, spettatori più o meno interessati all’elezione, metteranno ‘prescia’, cioè fretta, ai convenuti. Ergo, le candidature, se bocciate in una votazione, rischiano di essere bruciate per sempre e di non ‘reggere’ a una seconda prova dell’aula.
Tornando, invece, alle ‘norme’ anti-Covid decise dal presidente Fico e dall’ufficio di presidenza (quando il Parlamento si riunisce in seduta comune a ‘tenere le danze’ e dare le regole è il Presidente della Camera dei Deputati, quello del Senato si limita a coadiuvare, stile bella statuina…), deputati, senatori e delegati regionali entreranno nell’emiciclo a gruppi, poco prima della “chiama”, che si fa per appello nominale, ma in numero di pochi, piccoli e sparuti, per scongiurare soste e assembramenti. Il Grande Elettore vota nel ‘catafalco’ (la cabina), inserendo la scheda nell’insalatiera’ (l’urna) e schizza via, senza parlottare o sedersi sui banchi. Queste le regole, assai tassative, tutte già decise.
Poi, ogni quattro ore, pausa per sanificare gli spazi. Motivo dell’unica votazione giornaliera. Basterà? Non si sa, anche perché, oltre ai magici 1009, vanno aggiunti le centinaia di commessi, funzionari, giornalisti e addetti e tecnici vari che devono poter accedere al Palazzo. Tante, troppe. Diciamo duecento o trecento persone, a spanne… Come ci si regolerà, con loro, giornalisti in testa? Probabili forti ‘strette’ sugli ingressi, riduzione drastica del numero degli ‘addetti ai lavori’ ammessi all’augusto consesso e relative proteste di chi dirà ‘pure noi dobbiamo lavorare!’ (primi su tutti, ovvio, i giornalisti, noti scassaballe…).
Il quorum sarà assai più difficile da ottenere
L’altro problema, tutto politico, è il quorum (o, meglio, i due diversi quorum) da raggiungere: è ogni giorno in via di rapido ‘innalzamento’, sempre causa ritorno Covid, variante Omicron.
Infatti, il diffondersi della pandemia, a fine gennaio, potrebbe tenere lontano da Montecitorio un numero consistente di Grandi elettori, rendendo molto più difficoltoso il raggiungimento del quorum medesimo.
Infatti, se su 1009 l’asticella del quorum per la maggioranza qualificata è fissato a 673 e quello per la maggioranza assoluta a 505, la falcidia che il Covid potrebbe provocare tra le fila dei Grandi elettori potrebbe arrivare al 10% del loro numero (110: davvero tanti, quanto un robusto partito…) e, dunque, rendere più difficoltoso agguantarlo.
E se è vero che, a memoria di cronista, nessun Grande Elettore ha mai rinunciato al Gran Ballo del Colle per nessun motivo al mondo, stavolta ai malati sarà proibito l’ingresso e il voto. Per i candidati più sul filo dei voti, da Draghi a Berlusconi, da Casini ad Amato, un bel problema. Insomma, con meno ‘Grandi Elettori’ presenti, sarà assai più difficile convincerli e persuaderli per superare dei quorum che, per la prima volta, saranno ‘figli’ del Covid. Il loro ‘prezzo’ (sia per Berlusconi, che sta cercando di ‘comperarseli’ a peso d’oro, tra quadri, promesse di seggio e di altri beni ‘in natura’, etc., che per tutti gli altri) crescerà in modo esponenziale. Ergo, anche il peones più ricattabile venderà, a maggior ragione, cara la pelle e farà pesare, di molto, il suo voto.
I peones pronti a vendere cara la loro pelle…
Del resto, ai vertici delle forze politiche, già da tempo ci si arrovella per la difficoltà di raggiungere maggioranze robuste: Mario Draghi è disponibile, ma sconta la perplessità di parte della sua coalizione di governo (Lega e FI su tutte), Silvio Berlusconi deve vedersela con l'opposizione del fronte progressista e con il fuoco amico che, ricorda Gianfranco Rotondi, “vale il 10 per cento. Come ai tempi della Dc”.
Gli altri candidati? Chissà. È certo però che adesso i 673 voti necessari per eleggere un Presidente nelle prime tre votazioni (maggioranza dei due terzi degli aventi diritto) e i 505 (maggioranza assoluta) dalla quarta in poi, diventano un traguardo ancora più impegnativo. Perché sono altri numeri, appunto, a pesare. Quelli dei contagi, mai così alti come in questa quarta ondata: “Entro un mese supereremo i centomila casi al giorno”, ha detto ieri Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza, picco mai raggiunto prima. E negli ambienti parlamentari molti, in questi giorni, hanno ripensato ai picchi precedenti registrati dentro le aule di Montecitorio come di palazzo Madama, al terribile autunno del 2020 che portò la Camera, se non a una chiusura, a una settimana di sospensione delle votazioni, con un infuocato e sterile dibattito sul televoto, che non è mai stato istituito, come ricordava, appunto, a inizio articolo, Stefano Ceccanti.
A fine ottobre dell'anno scorso a Montecitorio si contarono 18 positivi e una cinquantina di deputati in isolamento. Al Senato, invece, i numeri sono stati sempre più bassi: al massimo, nello stesso giorno, si sono avuti cinque contagiati e una ventina di colleghi in quarantena. Cifre mai rese ufficiali per via della privacy ma desumibili dall'alto numero dei congedi del periodo in esame. Nel corso di quella ondata, la più impetuosa fino a oggi, il massimo ottenuto fu uno stop di un centinaio di parlamentari. Ma bisogna calcolare che il tetto dei contagi quotidiani, allora, fu pari a 37.249, raggiunto il 14 novembre 2020. Come inciderebbe, sulle presenze dei parlamentari, una massa di positivi tre volte superiore? Un calcolo meramente statistico porterebbe dritto al forfait di almeno cento, ma c’è chi dice trecento, parlamentari che, in soldoni, significa un Grande elettore su tre a casa. Ma ci sono delle variabili, legate alle restrizioni che di qui alle prossime settimane potrebbero comunque limitare la circolazione del virus e ai provvedimenti che il governo ha in cantiere, come la riduzione della quarantena per i vaccinati. Fattori che potrebbero incidere, ma non si può escludere il contrario, e cioè che fino al 10 per cento dei Grandi elettori, un centinaio, possa marcare visita proprio nei giorni più importanti della legislatura, quelli di gennaio. “Il raggiungimento del quorum sarà più complicato, mi sembra lapalissiano - dice sempre Stefano Ceccanti - E candidature di parte, sul filo dei voti, potrebbero essere penalizzate”.
Le uniche accortezze, al momento, sono quelle che riguardano la sicurezza di voto ed elezione. Delle operazioni di voto e di scrutinio si è detto, poi, in occasione dell'insediamento del nuovo Capo di Stato, davanti ai Grandi elettori provenienti da Camera, Senato e Regione stipati nell'aula di Montecitorio, questi saranno costretti a un altro ‘contingentamento’: solo una parte di loro, cioè i più fortunati, scelti in base alle rappresentanze parlamentare ‘in quota’ per ogni gruppo politico o regionale, saranno ammessi al momento clou cui tutti aspirano assistere, insediamento e discorso del nuovo Capo di Stato.
Le misure necessarie saranno adottate alla vigilia della seduta, che sarà convocata il 4 gennaio. E poiché il 17 gennaio è previsto l'inizio dell'esame del decreto legge sul ‘Super green pass’, è molto probabile che le votazioni per il nuovo Presidente della Repubblica comincino non prima della settimana successiva, cioè dal 24 gennaio, con un occhio al calendario, l'altro alla curva dei contagi.
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