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Via libera al secondo invio di armi italiane in Ucraina. Si lavora già al terzo. “Sono necessarie”

Due ore di audizione del ministro della Difesa Lorenzo Guerini davanti al Copasir. Evapora nel nulla la polemica di Conte. Il decreto in Gazzetta dal 26. Perchè non è previsto il passaggio parlamentare. Tutto questo mentre Mosca bombardava Kiev dove il segretario dell’Onu è in missione per tentare il cessate il fuoco

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Si al secondo invio di armi italiane all'Ucraina (Ansa)
Si al secondo invio di armi italiane all'Ucraina (Ansa)

Quando a parlare sono i fatti invece delle parole.E tutto il resto poi diventa noia. Al netto del fuso orario, un paio d’ore più avanti, mentre il ministro della Difesa Lorenzo Guerini spiegava al Copasir, e quindi al Parlamento italiano perchè è necessario l’invio di nuove e più potenti armi all’Ucraina, almeno sei missili russi colpivano Kiev. Non succedeva da almeno due settimane. Non era mai successo che un paese membro del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la cabina di regia operativa dell’Onu, bombardasse una città mentre in quella stessa città è presente in visita istituzionale il segretario generale delle Nazioni unite. I raid russi hanno colpito la città proprio mentre Antonio Guterres parlava in conferenza stampa insieme al presidente Volodymyr Zelensky, commentando la sua missione in Ucraina e la visita nei luoghi degli eccidi alla periferia della capitale. Due forti esplosioni nel quartiere di Podil, una zona del centro e vicina seguite da colonne di fumo, che suonano come l’ennesimo schiaffo agli sforzi diplomatici per far tacere le armi e due giorni dopo il faccia a faccia a Mosca Putin-Guterres.

Che diranno ora pacifisti, equidistanti e neneisti?

Nella capitale ucraina è presente anche il primo ministro bulgaro, paese a cui Mosca ha chiuso da 24 ore la fornitura di gas, e a che a maggior ragione continua ad inviare armi e ad offrire supporto logistico per la consegna. Cosa che del resto fa anche la Polonia. “L’attacco a Kiev mi ha sconvolto” sono state le prime parole di Guterres in missione - tardiva ma pur sempre importante - in Turchia, Russia e Ucraina per chiedere il cessate il fuoco  e il soccorso nelle zone del Donbass e a Mariupol. Chissà che diranno ora pacifisti, equidistanti e neneisti vari. O anche i putinisti “in buona fede”, ultima categoria del vasto  campionario di opinioni sulla guerra della Russia all’Ucraina. Sostenere l’Ucraina, aiutarla nella sua difesa, inviare quindi armi leggere e pesanti, difensive e offensive (nessun militare accetta questa distinzione perchè “dipende solo dall’uso che ne fai e dal contesto”) è il minimo che possa essere fatto. E così fa l’Italia. Diciamo che l’audizione del ministro Guerini ha fatto piazza pulita delle motivazioni, a questo punto strumentali, inutili e sbagliate, dell’ex premier Conte che ha chiesto a Guerini e Draghi di venire a spiegare in Parlamento, di mettere ai voti il nuovo invio di armi perchè il Movimento avrebbe votato no. Peccato che lo stesso Parlamento in cui Conte detiene sempre la maggioranza relativa dei voti, abbia già votato e approvato a marzo un decreto che autorizza il governo a rinnovare l’invio di armi e munizioni attraverso decreti interministeriali che non devono passare dall’aula. Una decisione votata da tutti, 5 stelle compresi, due mesi fa.

La lista

 Decine di pezzi di artiglieria pesante, obici da 155 millimetri,  cannoni, mitragliatrici, lanciamissili spalleggiabili antitank e Stinger terra-aria. E poi missili anti-aereo Stinger, missili anti-carro Milan, mortai da 120 mm, mitragliatrici pesanti e leggere, giubbotti antiproiettile, elmetti, razioni k, proiettili e munizionamenti in grande quantità. Un possibile salto di qualità del materiale da trasferire - ad esempio, mezzi pesanti come i semoventi d'artiglieria M109, i cingolati M113 e i più leggeri blindati Lince - è i valutazione e sarà oggetto di un terzo decreto interministeriale. Nessuno di questi sposta in alcun modo la natura della nostra missione: in supporto della difesa e della tutela di un popolo e di un intero paese.

La nostra Difesa avrebbe voluto inserire, già in questa lista, una cinquantina di Lince, i blindati superagili su cui possono essere montati gruppi di artiglieria. Solo che non sono ancora pronti. O meglio, devono finire la manutenzione. La Difesa ha qualche migliaio di blindati e carriarmati parcheggiati in una caserma del Piemonte in attesa di una manutenzione rinviata per troppo tempo. E’ in corso una ricognizione – se ne sta occupando il Comando operativo di vertice interforze (Covi) passato da poche settimane sotto la guida del generale Figliuolo – e può darsi che si riesca a recuperare in fretta qualche mezzo per inviarlo a Kiev.

Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha soddisfatto gli obblighi parlamentari ieri pomeriggio parlando per due ore davanti ai membri del Copasir leggendo e spiegando il documento allegato e secretato dello Stato maggiore della Difesa contenente la tipologia, il numero e i costi dei mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari che, si legge nel decreto, “consentano all’Ucraina di esercitare il diritto  alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione”. Della lista aveva già dato conto Draghi nella telefonata con Zelensky mercoledì pomeriggio. Il presidente ucraino ha ringraziato “per il valido supporto”. Non solo militare ma anche umanitario, giudiziario e diplomatico.

Al quarto posto

Secondo il think tank tedesco Kiel Institute for the World Economy l'Italia si colloca al quarto posto per aiuti militari all'Ucraina con 150 milioni di euro impegnati, dietro Usa (4,3 miliardi), Estonia (200 milioni) e Regno Unito (204 milioni). E' lo Stato Maggiore della Difesa, attraverso il Comando operativo di vertice interforze, ad avere un quadro del materiale che si puo' cedere. E l'arsenale nazionale non naviga certo nell'abbondanza. Il ministro Guerini ha parlato anche di questo durante la sua audizione. Negli ultimi decenni sono calati gli investimenti negli armamenti terrestri a vantaggio di quelli marittimi e aerei. Solo che in Ucraina è in corso una guerra vecchia maniera, tradizionale, boots on the ground, con truppe contrapposte in campo lungo un fronte di chilometri e chilometri. Vanno considerati poi anche  gli impegni nelle tante missioni internazionali cui partecipano i militari italiani.

A fine audizione il presidente Adolfo Urso ha convenuto “con il Governo nella apposizione del vincolo di segretezza: c'è un'esigenza di sicurezza nazionale”. Negli altri paesi europei queste esigenza non c’è e la lista è pubblica e tutto molto trasparente. Senza equivoci che invece si alimentano di volta in volta in Italia.

L’abbaglio dei 5 Stelle

L’informativa de ministro Guerini davanti al Copasir ha fatto evaporare come neve al sole la posizione di Conte e dei 5 stelle sul no all’invio di armi all’Ucraina “se al di fuori dell’articolo 51 del Trattato Onu”, la stucchevole e ipocrita polemica su “invio di armi difensive e offensive”. E i vari mal di pancia che s’incrociano anche nel Pd sulla legittimità dell’invio delle armi. Qualche intellettuale, vedi il sociologo professor De Masi, è arrivato a dire che “il vertice Nato di Ramstein martedì è stato l’equivalente di una dichiarazione di guerra del resto del mondo contro la Russia”. Con l’Italia nel ruolo di “cobelligerante”.  Le bombe di Mosca su Kiev e sul segretario dell’Onu rendono ridicola ogni ulteriore obiezione. L’opzione pacifista, purtroppo, non è al momento tra quelle possibili. 

Quello che ha spiegato il titolare della Difesa è il secondo decreto interministeriale firmato dai ministri degli Esteri, della Difesa e del Mef. Entrambi sono figli del decreto madre approvato il primo marzo. Il primo decreto interministeriale risale a metà marzo, anche allora ci fu bisogno di un aggiornamento della lista. Conte allora non ha fatto obiezioni. Il secondo decreto, quello su cui Conte vorrebbe fare le barricate parlamentari, è già stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27 mattina. Mentre Conte riuniva la segreteria politica del Movimento e faceva votare un documento in cui diceva basta armi. Spiegava ieri il sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè (Fi): “E’già legge il decreto interministeriale, che porta la data del 22 aprile, sul nuovo invio di armi all'Ucraina: in calce  al decreto che contiene un allegato con l'elenco di armi ed equipaggiamenti militari inviati ci sono le firme dei ministri Guerini, Di Maio e Franco. E’quindi evidente  che non c’è alcun segreto su questo tema: dovrebbero saperlo per primi gli esponenti del Movimento 5 stelle. Sarebbe sufficiente che il presidente Conte facesse due chiacchiere con il  ministro Di Maio per sapere se tra quelle armi ve ne sono di difensive o offensive”.

“Materiale per l’uso letale della forza”

Il decreto interministeriale fa riferimento al decreto Ucraina approvato dal Cdm il primo marzo (convertito il 5 aprile) e vi si legge di “forniture alle forze armate ucraine di materiale e piattaforme concepite per l’uso letale delle forza per contribuire e rafforzare la resilienza delle forze armate ucraine, per difendere l’integrità territoriale e la sovranità del’Ucraina”. Più che risolta quindi la questione posta da Conte circa le armi difensive o offensive. Non solo: l’articolo 2-bis dello stesso decreto prevede che “fino al 31 dicembre 2022 è autorizzata la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità di governo dell’Ucraina”. Infondata quindi anche la richiesta di un nuovo passaggio parlamentare. Di più: la risoluzione approvata a larga maggioranza da tutto il Parlamento tranne Sinistra italiana, assicura “la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all’Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione”. Carriarmati, missili, droni-bomba e altro sono catalogate come armi letali ma anche difensive. In base alle norme del diritto internazionale le uniche armi offensive sono quelle di distruzione di massa. Le bombe a grappolo, ad esempio. Quelle lanciate dai caccia russi sulle abitazioni civili di Mariupol, Karkhiv, Bucha. Non basta: con l’ombrello dell’articolo 51 del Trattato Onu - invocato da Conte come limite insuperabile per l’invio di armi - , l’Italia è entrata in guerra in Libano, in Iraq e in Afghanistan. Un altro abbaglio di Conte. In buona compagnia di Matteo Salvini. 

L’escalation di Putin

Prima di sganciare bombe di Kiev, il Cremlino aveva tenuto la posizione anche a parole. L'invio di armi in Ucraina costituisce “una minaccia per la sicurezza dell’Europa". Non si è fatta attendere la risposta del presidente Usa Joe Biden: “Finchè continueranno gli assalti e le atrocità, continueremo ad aiutare l'Ucraina a difendersi dall'aggressione russa” inviando “altre armi e nuovi aiuti”. E l'Italia continuerà a fare la sua parte come Guerini ha già assicurato al suo omologo di Kiev Oleksii Reznikov lo scorso 21 aprile. E come ha riferito dopo il vertice di Ramstein dello scorso 26 aprile: “Ci sarà un nuovo invio da parte italiana di equipaggiamenti militari, indispensabili per continuare il supporto alla resistenza ucraina”.

Due letture utili

Quello sull’opportunità e la legittimità dell’invio delle armi è un dibattito “lunare” (cit Mulè) dove Conte “fa finta di non sapere”. La richiesta di portare Guerini e Draghi in aula è quindi “strumentale e pretestuosa”. Mentre Guerini spiegava al Copasir, in sala stampa alla Camera Stefano Ceccanti, deputato Pd e costituzionalista, e il professor Sergio Fabbrini presentavano due letture utilissime di questi tempi. Ne “I Cristiani e la pace” di E.Mounier, di cui Ceccanti ha curato la prefazione, si spiega perché il dibattito attuale armi sì-armi no è “comprensibile ma del tutto infondato”. E come la nostra Costituzione considerai perfettamente legittime l’invio di armi e l’invio di militari italiani. In “Democrazie sotto stress”, Fabbrini fa piazza pulita di un altro grande abbaglio: la Nato esiste in Europa perché la stessa Europa non è stata capace nel 1952 di dotarsi di un sistema di difesa degno di questo nome. Letture utili in tempi complicati. 

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   

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