La vera sfida nelle urne è tra Meloni e Schlein. Occhi puntati su Vicenza, Ancona, Pisa e Brindisi

Affluenza in calo di circa il 10%. Al voto anche 128 comuni siciliani e 39 sardi. Il caso Terni dove al ballottaggio vanno due candidati di destra. Il Pd è rimasto fuori

Elly Schlein e Giorgia Meloni (Ansa)
Elly Schlein e Giorgia Meloni (Ansa)

Si darà la colpa all’astensionismo. Si dirà che chi vince lo ha fatto con numeri piccoli (ieri sera l’affluenza era scesa dell’8%, 27,64% contro il 35,95 del primo turno). Si proverà a dire: “Tutta colpa del ballottaggio”. anzi, sapete che c’è, pensano a destra e anche a volte alta: “Adesso lo leviamo e così la finiamo con questi trucchetti”. Si dirà anche che in fondo “sono solo sindaci”.  A destra si dirà che “otto mesi sono ancora troppo pochi per giudicare l’azione di un governo che esprimerà la propria azione nel tempo di una e forse anche due legislature”. A sinistra che “la segretaria del Pd in fondo è arrivata da troppo poco tempo per dare giudizi”. Ognuno dirà la sua, come e meglio crede e per la parte che gli conviene.

Ma un dato è certo: piaccia o no stasera Giorgia Meloni ed Elly Schlein peseranno lo stato di salute della rispettiva leadership al di là della performance del partito che guidano.  Non è un caso se entrambe hanno scientemente evitato confronti diretti in chiave elettorale nelle piazze delle stesse città. Per la chiusura del primo turno Meloni ha scelto Ancona, sulla cui conquista punta il win/lost di questo voto: non solo perchè è la città più importante al voto (è l’unico capoluogo di regione) ma perchè è governata da sempre dalla sinistra e da tre anni anni è un fortino assediato nella prima regione andata alla destra. Vincere ad Ancora sarebbe la chiusura del cerchio per la Sorella d’Italia. Alla fine del primo turno la destra era avanti di 4 punti, meno delle attese. E mentre per il ballottaggio il centrosinistra ha allargato il più possibile l’alleanza con 5 Stelle e sinistra (smentito ogni accordo formale), il destracentro sembra aver saturato il proprio spazio di consenso nel senso che ha già riunito al voto tutta la propria area. Vedremo.

La sfida a due

La segretaria del Pd invece aveva chiuso a Pisa, una delle quattro città capoluogo al voto dove è stata stretta l’alleanza con i 5 Stelle trovando l’accordo su un candidato, Paolo Martinelli, supercattolico e molto a sinistra. Qui il Pd di Elly Schlein vorrebbe tentare il colpaccio e dimostrare che qualcosa è cambiato.

Il sindaco uscente Michele Conti ha rischiato però di essere confermato al primo turno. L’hanno fermato 14 voti. Un record. Non solo: l’analisi del voto dell’istituto Cattaneo ha sottolineato come proprio a Pisa già al primo turno l’8% dell’elettorato di centro-sinistra abbia votato il-buon-amministratore-Conti perchè non convinti dello spostamento a sinistra-sinistra del candidato Martinelli. 

Per i ballottaggi Meloni ha già cambiato partita ed è passata direttamente al voto nelle isole puntando i riflettori su Catania. Schlein è andata ad Ancona (che al primo turno aveva lasciato alle destre) per supportare la candidata del Pd e ha mollato Pisa. Dopo, tra l’altro, che era stata respinta con perdita a Vicenza dove il candidato di area Pd, il giovane Giacomo Possamai, tenta il colpaccio sul sindaco uscente Francesco Rucco. Vicenza è l’unica città al voto he parte con il centrosinistra in vantaggio di due punti.

Perdere Vicenza per Meloni, e soprattutto Salvini, sarebbe un “disastro” per il nord est leghista dove un eventuale filotto Verona-Vicenza-Udine per la sinistra non si è mai visto. O quasi. Per Schlein il gran rifiuto (“segretario per favore non venire qui”) di circa una settimana fa è stato però il primo segnale ufficiale che qualcosa non va dalle parti della nuova segreteria.

Sensazione confermata dalla media dei sondaggi: la luna di miele di Giorgia continua quelli di Elly si ferma. Nel complesso l’alleanza di destra-centro tiene e talvolta cresce anche un po’. Il Pd invece torna sotto il venti per cento. Ed è allarme.

La fotografia

Per gli appassionati delle classifiche, i ballottaggi riguardano 41 comuni sopra i 15 mila abitanti. Di questi, sette sono capoluogo di provincia. Erano 13 al primo turno: 4 sono andati al destra-centro (Latina, Treviso, Imperia, Sondrio), due al centrosinistra (Brescia e  Teramo). Sempre per gli appassionati dei numeri, la situazione di partenza vedeva il centrodestra governare in 8 capoluoghi e il centrosinistra in cinque. Tenete a mente questi numeri quando oggi si cercherà ad ogni costo il vincitore di una sfida che assume valore soprattutto perchè una delle ultime prima del rush finale delle Europee (prima metà di giugno 2024). Un’altra partita importante perchè potrebbe segnare la svolta cui Meloni lavora da tempo: spostare il Ppe a destra, allearsi con i Conservatori anzichè con i Socialisti e cambiare la storia dell’Unione.  I risultati del voto ieri in Spagna - c’è aria di destra anche li - e la riconferma di Erdogan (seppure con il 52%) in Turchia  sono indizi da leggere insieme alle dinamiche sul voto europeo del prossimo anno. 

Occhi puntati sulla Sicilia

Il voto riguarda anche le isole: in Sicilia si vota in 128 comuni tra cui quattro capoluoghi, Catania, Trapani, Ragusa e Siracusa. In Sardegna vanno al voto 39 comuni per lo più sotto i 15mila abitanti. L’attenzione è rivolta soprattutto alla Sicilia, in particolare a Catania. Qui il centrodestra spera nell'elezione al primo turno diVincenzo Trantino, favorito in partenza rispetto al candidato di Pd e M5s Maurizio Caserta. Dem e pentastellati uniti anche a Siracusa. Divisi, invece, a Trapani e Ragusa. Il leader M5s Giuseppe Conte ha voluto chiudere la campagna proprio in Sicilia, dove alle scorse Amministrative il Movimento si era attestato intorno al 30%. E’ la terza città, dopo Pisa e Brindisi, dove si misurerà  la possibilità dell’alleanza Pd-M5s e soprattutto la leadership di Conte. Nei capoluoghi siciliani, dove il centrodestra si presenta compatto, ai candidati basterà superare il 40% per essere eletti al primo round.

Il caso Toscana

Occhi puntati soprattutto sulle tre città dove non crolla il numero di cittadini che sono andati a  a votare - Vicenza, Ancona e Pisa - e che confermano così di essere i derby cruciali per maggioranza e opposizione e soprattutto per Meloni e Schlein. La Vicenza di Possamai come la Verona di Damiano Tommasi: questa la speranza del centrosinistra. Ambizioni analoghe per il centrodestra ad Ancona, dove il candidato Daniele Silvetti spera di interrompere una lunghissima esperienza di governo cittadino del centrosinistra. La candidata del centrosinistra Ida Simonella spera nel sorpasso. Da notare che i 5 Stelle, che hanno rifiutato l’alleanza  al ballottaggio, hanno preso meno del 3 per cento (la previsione diceva almeno la doppia cifra)

La rimonta è necessaria anche a Siena e Massa che con Pisa fanno della Toscana uno dei laboratori di questo voto: tre città da sempre a sinistra, passate a destra nel 2018 e che ora devono confermare di aver saputo governare. Di Pisa si è già detto. A Siena c’è duello tutto al femminile tra Nicoletta Fabio, candidata del centrodestra, e Anna Ferretti, ex assessora ed espressione di Pd e Si. Non è chiaro dove andrà il tesoretto di voti (il 20%) del terzo arrivato Fabio Pacciani, dentista e, come Fabio, magistrato di contrada che a Siena è tanta roba. Misteri senesi che vedremo sciolti solo oggi pomeriggio. A Massa il centrodestra era andato in briciole. Francesco Persiani (appoggiato al primo turno da Lega, FI e liste civiche, ma non da FdI che lo aveva candidato cinque anni fa) se la vedrà  con il candidato del centrosinistra Enzo Romolo Ricci. La novità è che un paio di giorni fa i leader nazionali hanno dato l’ordine: “Dobbiamo andare uniti”. Si dice che il tasso di odio nella destra massese è tale per cui non sarà facile. 

Brindisi e la Sicilia, giro di boa per Conte 

Più difficile per il centrosinistra il recupero a Brindisi, dove il candidato espressione del M5s Roberto Fusco, sostenuto anche dal Pd, affronta il secondo turno con uno svantaggio di oltre dieci punti rispetto allo sfidante Giuseppe Marchionna. Doveva anche essere l’unica città dove Conte e Schlein ci avrebbero messo la faccia mescolandosi sullo stesso palco. Questa l’intenzione due settimane fa. Miseramente accantonata più per volontà di Conte che di Schlein.  

Un caso fuori dagli schemi è quello di Terni dove lottano per la poltrona di sindaco Orlando Masselli, tecnicamente un dirigente del Monte dei Paschi prestato alla politica (è stato assessore al Bilancio) e pupillo della governatrice leghista Donatella Tesei. Dall’altra parte - si fa per dire - la sorpresa che non t’aspetti: l’imprenditore multitasking Stefano Bandecchi presidente della Ternana, fondatore di Cusano Campus ( e poi anche radio e tv) e anche ex parà. A Terni, città operaia e delle acciaierie, è rimasto fuori il candidato della sinistra. Il  Pd aveva scelto Josè Maria Kenny, il professore universitario docente di Scienza dei materiali che però nulla ha potuto contro due candidati di destra.  Tanto per capire l’aria che tira, l’eclettico Bandecchi è uno che dice: “Mi prendo Terni, poi l’Umbria e poi Roma”. Un parà, appunto.