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La Commissione Ursula ancora in salita. E Salvini “vittima” non aiuta Meloni

Forse oggi la presentazione della nuova squadra europea. Dopo il caso Fitto, scoppia il caso Breton. Ursula vuole un esecutivo senza disturbatori

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Giorgia Meloni e Matteo Salvini (Shutterstock)
Giorgia Meloni e Matteo Salvini (Shutterstock)

È una questione di priorità. E non c’è dubbio che in queste ore per l’Italia la priorità sia essere ben rappresentata nella nuova Commissione europea, avere un commissario forte, competente, europeista e con una visione il più possibile netta e chiara di cosa serva all’Italia nella nuova - si spera - Europa. E’ una contingenza molto speciale, come tante altre in questo anno certamente speciale (la totalità dei grandi paesi è andata al voto) che deve ancora vedere il suo ultimo atto,  le elezioni americane. Ieri la priorità è stata per una volta chiara a tutti, maggioranza e opposizione, dopo il chiasso e le tensioni in maggioranza delle ultime giornate, dalle dimissioni di Sangiuliano allo scontro Crosetto-Mantovano nato da un’altra inchiesta che fa tremare i polsi (Perugia e la centrale che faceva gli accessi abusivi per condizionare le indagini) passando per lo scontro con la magistratura sul processo Open Arms e i sei anni chiesti dalla pubblica accusa per Salvini.

La misura ritrovata

Giorgia Meloni ha fatto la statista e ha ricevuto il premier inglese Keir Starmer con cui ha condiviso molto, anche l’approccio al problema dell’immmigrazione. Fitto è stato a colloquio un paio d’ore con il Presidente Mattarella, chiaro segnale alle opposizioni: il candidato italiano è Fitto e i parlamentari italiani lo devono votare. Le opposizioni sono state silenti. L’unico rimasto in trincea “contro la sinistra e contro la magistratura” è Salvini entrato nel tunnel dell’ossessione per il processo, della vittima e pure incompresa. Ma l’ossessione anche di definire la propria leadership un po’ ammaccata.

Commissione ancora in salita

In questo clima che comunque resta di grande tensione nella maggioranza (anche sulle armi all’Ucraina e il loro utilizzo sul territorio russo), a fare le bizze è stata anche Bruxelles. O meglio: Strasburgo. Oggi è il giorno in cui la presidente von der Leyen deve presentare la squadra di governo al Parlamento. C’è già stato un rinvio perchè Socialisti e Verdi hanno messo il veto su Fitto e la vicepresidenza esecutiva perchè sarebbe “un allargamento della maggioranza ai Conservatori che non hanno votato von der Leyen”. Ieri mattina è venuto fuori un altro problema: il commissario francese già designato al mercato interno con vicepresidenza esecutiva Thierry Breton che succede a se stesso ha dato le dimissioni dall’incarico attaccando Ursula von der Leyen. Macron ha dovuto obbedire al diktat di Ursula (cinque anni di tensioni con Breton) e lo ha sostituito in corsa con il suo ministro degli Esteri Stephane Séjourné. E stavolta sono i francesi a non averla presa benissimo. Insomma: tutto ieri indicava un nuovo rinvio. 

Fumata bianca in serata

Invece a tarda sera, in un’Eurocamera ormai vuota, la nuova Commissione europea disegnata da Ursula von der Leyen ha avuto l'atteso - ma ancora informale - via libera dei gruppi della maggioranza. La presidente ha lasciato gli edifici del Parlamento europeo limitandosi ad un generico “vediamo” ma è quasi certo che stamani alla Conferenza dei presidenti dei gruppi  presenterà la sua lista.

Il ministro italiano avrà - anche se manca ancora l'ufficialità - la delega alla Coesione e al Pnrr e dovrebbe mantenere una vicepresidenza forte, formalmente dello stesso peso di quelle che avranno il francese Séjourné, la spagnola Teresa Ribera, il lettone Valdis Dombrovskis, lo slovacco Marco Sefcovic e l'estone Kaja Kallas. E questo nonostante il voto contrario a von der Leyen sia di Giorgia Meloni in seno al Consiglio europeo sia di Fdi alla plenaria di luglio. Sul tavolo di Fitto ci sarà subito un dossier caldissimo, quello del rinvio della deadline del Pnrr.

Il caso Breton

Il caso Breton è stato un vero atto di potere da parte di von der Leyen.  Il potente vicepresidente esecutivo con delega al Mercato interno ha pubblicato ieri mattina sui social la lettera con cui ha ritirato la sua candidatura accusando la presidente di averlo voluto escludere “per ragioni personali non discusse con me”.  Concordate però con Macron visto che l’Eliseo ha subito dopo designato Sejourné mettendo in chiaro l’ obiettivo di avere, all'interno della Commissione, una delega forte “sulla sovranità industriale Ue e sulla competitività”. Il cluster di Sejourné (ogni vicepresidente esecutivo è infatti supervisore di un gruppo di commissari), potrebbe a questo punto includere anche il portafoglio all’Economia.

La futura Commissione sarà nettamente ad immagine e somiglianza della Presidente. Una volta esclusi profili forti e non sempre in linea con la presidente, come quelli di Breton, Frans Timmermans e in misura minore Margarethe Vestager, i poteri dell'ex ministra tedesca, di fatto, risulteranno ben più incisivi.

Il doppio segnale del Colle

Una mano a Meloni è arrivata anche dal Quirinale. Ieri mattina infatti Raffaele Fitto è salito al Colle per un “lungo, concreto e cordiale” incontro con il Capo dello Stato.  Incontro che ha un doppio significato: indicarlo come il commissario italiano designato e suggerire alle opposizioni di non boicottarlo nel voto dell’eurocamera. Sarebbe un comportamento incomprensibile. La chiacchierata è stata incentrata proprio sul da farsi, sulle scadenze che attendono l'Europa, sul “modello Pnrr” che non può certo essere archiviato.

L’unico che ieri ha continuato a non capire quali sono le priorità del momento è stato Matteo Salvini che ha continuato a tuonare contro i magistrati, la sinistra, il sistema delle sinistre europee. Ora, se anche dovesse andare male e fosse condannato (l’augurio è che sappia dimostrare nel processo le sue ragioni), tutto ciò succederà tra mesi per il primo grado. Servono anni per una sentenza definitiva.

L’urgenza di Salvini

Nessuna urgenza, quindi. E invece il leader ha voluto  convocare il Federale della Lega (lui collegato da Roma) per mobilitare il partito e pianificare la battaglia in difesa di Matteo Salvini. Dal prossimo weekend almeno fino al 6 ottobre, la data di Pontida, sarà una marcia “per la difesa della mia libertà messa a rischio da un tentativo della sinistra di attaccare il governo e il diritto alla difesa dei confini nazionali. Sono vittima di un processo politico” ha arringato i suoi. 

La mobilitazione prevede anche un’altra manifestazione a Palermo il 18 ottobre davanti al palazzo di giustizia, giorno dell’arringa dell’avvocato e senatrice della Lega  Giulia Bongiorno. Non tutto lo Stato maggiore della Lega è convinto di questo can can. Lo giudica inutile, persino dannoso e troppo sopra le righe.

Salvini si consola con altri leader come Viktor Orban che lo incorona come “il patriota più coraggioso d’Europa” e soprattutto “il nostro eroe, punito per aver fermato l’immigrazione”. Coloro che difendono l'Europa “vengono costantemente penalizzati” ha aggiunto il leader magiaro. Salvini lo ha rassicurato:  “Il processo e le minacce non fermeranno il vento del cambiamento e della libertà che soffia in Europa”. Assomiglia molto a Trump.

Ecco, come si può vedere se c’era un modo per disturbare il lavoro di Giorgia Meloni alla vigilia della formazione della squadra europea, Salvini lo ha trovato.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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