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Il solco della guerra: fra i politici italiani chi sta con chi nella questione ucraina

Tertium non datur. "O stai con l'Ucraina o con la Russia" la linea che si danno i nostri leader di partito. Fra goffaggini ed eccessi

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
Giorgia Meloni (Fdi) ed Enrico Letta (Pd). Foto Shutterstock
Giorgia Meloni (Fdi) ed Enrico Letta (Pd). Foto Shutterstock

Chi lo avrebbe mai detto. Un po' come per la pandemia, ma neppure troppo paradossalmente in modo ancora più drammatico, il 'chi sta con chi' - rispetto al popolo aggredito, quello ucraino, e allo stato aggressore, quello russo - diventa sempre più dirimente, nella politica italiana. Insomma, la guerra che si combatte, a colpi di cannone e con il suo drammatico tributo di sangue, in Ucraina, cambia anche i connotati delle alleanze e dei rapporti interni ai partiti e agli schieramenti. "Non accetteremo ambiguità da nessuno – spiega un alto dirigente del Pd per quanto riguarda il suo partito - Enrico (Letta, ndr.) è stato chiaro: l'Ucraina va aiutata e sostenuto in ogni modo, fino alle estreme conseguenze, e le sanzioni alla Russia devono essere vere, pesanti, minacciose.

Buoni, cattivi e opportunisti

Se i 5Stelle ci stanno bene, altrimenti diventa un problema loro. Qui è come la scelta atlantica del secondo dopoguerra: o stavi con 'i buoni' di allora, la Nato e gli Usa, o stavi con i 'cattivi', l'Urss e i suoi alleati. Non erano possibili scelte 'terziste', infatti il mondo era diviso in due blocchi, campi, il mondo 'libero' e il mondo delle dittature. Anche oggi è così. E anche al governo non è possibile stare e restare, per un partito come la Lega, se non fa chiarezza sul passato filo-russo, fin troppo evidente". 

Al netto della 'sfuriata' dell'esponente dem, resta il punto: con le alleanze internazionali non si scherza. O si sta da una parte o dall'altra, della barricata. Le ambiguità di partiti come Lega e M5s non sono ammesse perché, banalmente, persino il governo italiano non si può permettere il lusso di averle e dimostrarle: infatti, sia Draghi che i ministri hanno seccamente smentito di voler 'addolcire' le sanzioni alla Russia. Figurarsi se tali ambiguità se le possono permettere i diversi partiti politici. Nessuno, a Bruxelles come a Washington, figurarsi a Kiev, capirebbe posizioni 'terziste' o neutraliste. Ma procediamo con ordine.

Ucraina-Italia, malinteso chiuso. Draghi: via la Russia dallo Swift

Dopo giorni di attesa ed equivoci, la telefonata tra Mario Draghi e Volodimir Zelensky c'è stata. "Il presidente del Consiglio ha telefonato al Presidente dell'Ucraina per esprimere a lui e al popolo ucraino la solidarietà e vicinanza dell'Italia di fronte all'attacco della federazione Russa" fa sapere Palazzo Chigi, aggiungendo che Zelensky ha confermato "il chiarimento totale" del malinteso di comunicazioni e "ringraziato Draghi per il suo sostegno e la forte vicinanza e amicizia tra i due popoli". Ma c'è di più: durante il colloquio il capo del governo ha ribadito che il nostro Paese "appoggia e appoggerà in pieno la linea dell'Unione europea sulle sanzioni" a Mosca, "incluse quelle nell'ambito Swift".

Una posizione anticipata da un tweet proprio di Zelensky: "Questo è l'inizio di una nuova pagina nella storia dei nostri Stati". Draghi ha poi assicurato che l'Italia "fornirà all'Ucraina assistenza per difendersi" e durante il colloquio entrambi hanno concordato di restare in stretto contatto nell'immediato futuro.

Le reazioni dei principali leader italiani

La reazione della politica italiana è positiva. Enrico Letta twitta la sua soddisfazione, mentre Matteo Renzi, aprendo l'assemblea nazionale di Italia viva, garantisce che il suo partito "voterà a favore di tutte le misure annunciate dal premier alle Camere", dall'energia all'accoglienza dei profughi in fuga dalla guerra. Con un appello-stoccata ai Paesi del Visegrad: "Siamo pronti a dare una mano ai nostri fratelli polacchi e ungheresi, ma la solidarietà va data anche quando le persone arrivano dall'Africa. È tempo di superare Dublino, ve ne accorgete anche voi". Il fondatore di Iv, poi, rilancia due idee: affidare ad Angela Merkel il ruolo di alto rappresentante per una mediazione tra Russia e Ucraina e la creazione di un fondo Ue da 10.8 miliardi per le aziende europee che subiranno il contraccolpo dalle sanzioni alla Russia, come accaduto con la Brexit. E per una volta la linea non si scosta troppo da quella del suo avversario per eccellenza, Giuseppe Conte. Per il presidente (temporaneamente tornato in pectore) del M5S la guerra "porterà a gravi contraccolpi sul piano energetico e forti ricadute economiche", ecco perché in un'intervista al 'Corriere della Sera', dice: "Non sprechiamo tempo e lavoriamo subito per un piano di Recovery fund di guerra. Non possiamo transitare da una pandemia a una guerra lasciando famiglie e imprese ad affrontare uno tsunami con l'ombrello".

Chi chiede un supplemento di riflessione al governo, prima di appoggiare l'esclusione della Russia dallo Swift è, invece, Matteo Salvini: "Bisogna valutare fino in fondo, perché se impedisci i pagamenti tra le banche, noi non abbiamo più il gas", riflette il leader della Lega, a margine della visita al console ucraino a Milano. "Per fermare la guerra vale tutto e tutti i mezzi necessari vanno messi in campo, ma un conto è bloccare i patrimoni degli oligarchi, dei politici e dei guerrafondai", un altro è "se sospendiamo i pagamenti", altrimenti "l'Italia rimane senza gas, al buio, e poi bisogna correre ai ripari e rischia il blackout", spiega.

L’ennesima baruffa tra Pd e Salvini su Putin

Il segretario del Carroccio, inoltre, ripiomba sulla polemica per il tweet del 2015 tornato 'attuale' in questi giorni, quando scrisse che avrebbe dato volentieri "due Mattarella per mezzo Putin". A chi gli chiede se è 'pentito' Salvini risponde: "Siamo nel 2022 e stiamo lavorando per bloccare questa guerra. I pentimenti si fanno in Chiesa".

Una replica che provoca la reazione del Pd: "A Salvini chiediamo di fare una scelta di campo definitiva - tuona la deputata e responsabile Affari internazionali ed Europa nella segreteria dem, Lia Quartapelle -. Queste acrobazie sulle alleanze internazionali gettano discredito sul ruolo dell'Italia". Cambiando versante politico, il ministro della Salute e leader di Leu, Roberto Speranza, poi, si concentra sul cessate il fuoco: "Al più presto le armi devono tacere e deve tornare in campo la diplomazia", dice a margine della manifestazione organizzata a Roma per la pace. "La guerra - aggiunge - non è mai la soluzione", ma "lavoriamo per sanzioni molto dure che possano far capire a Mosca che ciò che ha fatto è davvero inaccettabile". Infine, dal mondo di Forza Italia è Gianni Letta a far sentire la propria voce. L'ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ai tempi dei governi di Silvio Berlusconi si affida al premier: "Abbiamo tutti fiducia che Draghi saprà assumere le decisioni più giuste". Segno che la partita che si gioca sull'asse est dell'Europa è delicata, tra le più difficili del nuovo millennio.

Guerra e politica italiana ‘inciampano’ su Putin

Ma proprio questo è il punto. La classe politica italiana, evidentemente, non è all’altezza dei tempi. Come si vede, infatti, guerra e politica italiana inciampano su Putin e si intersecano con l'onda lunga dello sdegno per l'invasione russa dell'Ucraina e della tragedia di un conflitto che dopo 77 anni di pace divampa nuovamente nel cuore dell'Europa.
Leader e partiti politici modulano con poche apparenti differenze la condanna per l'aggressione armata scatenata contro Kiev e condividono senza riserve la determinazione con la quale il premier Mario Draghi ha stigmatizzato l'attacco concentrico e la sanguinosa invasione dell'esercito russo che sta dilaniando l'Ucraina.

Le differenze di toni e di argomentazioni tra i partiti lasciano però trasparire i riflessi condizionati di alleanze e accondiscendenze coltivate fino alla vigilia della invasione russa.

Salvini e Conte preoccupati dalle ripercussioni delle sanzioni alla Russia

Dalla Lega e dai 5Stelle, nonostante le ultime affermazioni di Salvini e di Conte, traspaiono in Parlamento molteplici modalità di valutazioni riguardo la valanga di sanzioni che l'Italia, l'Europa, la Nato e l'intero occidente stanno varando nei confronti di Mosca. “Sulle sanzioni siamo quelli che abbiamo più da perdere. Spero che i professionisti del 'no', il no alla Tap, il no al nucleare, capiranno. Meglio tardi che mai", dice il leader della Lega, mentre Giuseppe Conte, da sempre cauto sulle posizioni anti-russe, ammette di essere "molto preoccupato per le ripercussioni, cioè per il peso delle sanzioni, che rischiano di accendere la spirale inflazionistica, visto che dipendiamo molto proprio dal gas russo". E proprio nella lunga intervista al Corriere della Sera, il leader dei 5 Stelle sollecita il varo di un Recovery plan di guerra, puntualizza la posizione filo atlantica dei governi da lui presieduti e mette in evidenza il ruolo centrale in Parlamento del Movimento.

A Montecitorio circolano i dati dei rapporti commerciali fra l'Italia e la Russia: nel 2021 l’interscambio ha superato i 20 miliardi, esportiamo per oltre 7 miliardi di euro e importiamo per 12,6 miliardi con circa 300 di imprese italiane in affari con Mosca, 14esima destinazione al mondo per il Made in Italy.
Double face la posizione di Forza Italia: di ferma condanna con Tajani e attendista da parte di Silvio Berlusconi, che lascia intravedere estremi tentativi di mediazione col Presidente russo, da sempre in cordiale sintonia con l'ex Cavaliere. Le parole di Gianni Letta, che si ‘affida’ a Draghi, cercano cioè di far uscire FI da ogni ambiguità.

Il Pd taccia i distinguo altrui di ambiguità

Distinguo che però vengono tacciati d'ambiguità da parte del Pd. "E' il momento dell'unità del nostro Paese, non si può mettere in gioco la libertà, la democrazia, non ci si può mettere a discutere di ambiguità", afferma il segretario dem Enrico Letta. Certo è che l'effetto Ucraina ha già spostato l'asse dell'intero baricentro politico, rafforzando Draghi e il Governo e azzerando ogni argomentazione riguardante l'azione di Palazzo Chigi sul fronte della pandemia, il freno sul debito pubblico, l'ulteriore allontanamento dalla Cina e il rafforzamento delle alleanze internazionali con tutto il fronte atlantico.

E se nel nuovo fronte d'unità nazionale, Salvini e Conte si distinguono per le dichiarazioni a difesa della libertà e la democrazia di Kiev, si ritrovano ad inseguire Georgia Meloni che dagli Stati Uniti ha dichiarato in lungo e in largo sui Tg e i social che sull'Ucraina Fratelli d'Italia è assolutamente in linea con Draghi, la Nato e gli Stati Uniti…

Il tifo per la resistenza del popolo ucraino

Sulle apprensioni della politica per la nuova botta economica che, dopo quella provocata dalla pandemia, sta per abbattersi sull'Italia, pesano anche le consapevolezze della durata della guerra e delle conseguenze economiche del conflitto. Lo smacco della inaspettata resistenza ucraina a Putin di ora in ora incrina la posizione del Presidente russo, si somma all'intervento di Papa Francesco, che non lascerà intentata alcuna iniziativa per fermare la guerra, e si aggiunge alle manifestazioni di protesta contro il conflitto che nonostante la spietata repressione si stanno susseguendo da giorni a Mosca, San Pietroburgo e in molte città della Russia. Soprattutto acuisce il palese malcontento degli ambienti economici e finanziari per il totale isolamento del Paese.

Anche se nelle prossime ore, nella peggiore delle ipotesi, la disperata resistenza ucraina dovesse essere sopraffatta, il comportamento eroico del presidente Zelensky e del suo popolo segnano l'inizio di una lunga guerriglia contro i russi.

L’impatto dell’Ucraina sulla politica italiana

Argomenti che avranno un impatto anche sui rapporti di forza nella politica italiana e si rifletteranno persino sulle trattative per le alleanze alle elezioni amministrative fra Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia da una parte e fra grillini e Pd dall'altra parte. In buona sostanza, anche nel più piccolo comune non sarà possibile neppure per il più oscuro candidato sindaco limitarsi a una ‘non belligeranza’ di posizione, sulla vicenda ucraina. Tutti gli esponenti politici – dai leader nazionali ai candidati nei comuni – dovranno dire con nettezza da che parte stanno. Schierarsi sulla politica estera diventerà come schierarsi sulla pandemia e sull’essere un si-vax e pro-Green Pass o un no-Vax e un no-Green Pass. Non saranno possibili ambiguità e reticenze. E chi le continuerà a portare avanti verrà ‘stanato’. Quindi tutti i partiti dovranno prendere posizione. Nel centrosinistra, per capirci, posizioni ‘ambigue’ e non chiare su chi è l’aggredito e chi l’aggressore non saranno tollerate, da parte del Pd nei confronti dei 5stelle o della estrema sinistra: più facile sarà accordarsi con centristi e moderati a partire dalla politica estera e poi giù a scendere. Nel centrodestra FdI si pone sempre più come partito ‘atlantista’ e ‘occidentale’, per quanto tifoso di un repubblicanesimo tipico della destra Usa e, da questa posizione, lucrerà altre posizioni (e gradimento nei sondaggi) rispetto a Lega e FI, molto più ambigui e sguscianti, proprio a causa dei loro ‘storici’ rapporti di amicizia con Putin e, in generale, con la Russia e la sua autocrazia.

La prova del nove delle mozioni parlamentari

La prova del nove, da questo punto di vista, saranno le mozioni parlamentari che si discuteranno martedì prossimo, cui seguirà un voto e sempre alla presenza del premier Draghi, come già successo venerdì scorso alle Camere.

Il Parlamento ci riprova, dunque, a dare un segnale di pieno sostegno a Mario Draghi in un momento così drammatic e il sì a un documento congiunto e trasversale viene visto da Palazzo Chigi come un ottimo viatico. Ora però bisogna scriverla, quella risoluzione: martedì, al termine delle comunicazioni del presidente del Consiglio, dovrà essere approvata. In poco più di 72 ore bisognerà fare una sintesi delle diverse posizioni espresse ieri fra Camera e Senato e soprattutto coprire le crepe che sono emerse. A questo compito è stato chiamato un deputato di lungo corso come Piero Fassino (Pd), presidente della commissione Esteri, che si è già dato una road map: "Entro lunedì stilerò una bozza con il contributo dei capigruppo di ogni partito in commissione. Il documento andrà lo stesso giorno all'esame dei presidenti dei gruppi parlamentari. Sono ottimista, vedo la buona volontà di tutti". Con Fassino, sul fronte governo collaborano Enzo Amendola, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, e il 5 Stelle Federico D'Incà, ministro ai Rapporti con il Parlamento.

Intanto i gruppi parlamentari si sono già portati avanti, con iniziative autonome e diverse fra loro: il Pd ha presentato una mozione in Senato, primo firmatario Luigi Zanda, che promuove una difesa Ue comune, anche con forze operative continentali. Alla Camera c'è FdI con un atto che condanna l'"unilaterale aggressione militare ai danni dell'Ucraina", chiede un meccanismo di ristoro dei danni che deriveranno dalle sanzioni alla Russia e impegna il governo a mettere in campo ogni azione per concedere lo status di rifugiati ai cittadini ucraini.

Il nodo critico restano sempre le sanzioni

"Mi atterrò il più possibile alle indicazioni contenute nell'informativa di Draghi", premette l'ex sindaco di Torino. Consapevole che non sarà utile entrare troppo nei dettagli. E che non manchino i nodi da sciogliere. Quello delle sanzioni, e delle loro ricadute, è il principale. Di misure che "devono fare male a Putin" parla Enrico Letta. Ma Matteo Salvini ha già messo le mani avanti: "Evitiamo di mettere sanzioni che avvantaggiano qualcuno e colpiscono solo imprese e famiglie italiane”. Anche Paolo Barelli (Fi) avverte che "i nostri connazionali temono le conseguenze negative che la guerra e le sanzioni possono avere sull'economia" e confida che il governo si impegni a portare avanti una modifica del patto di stabilità. Nei 5 Stelle si promette massima apertura alla risoluzione unitaria, ma si tiene molto al "mutualismo europeo" in campo economico ed energetico. "Chi dice che le sanzioni non bastano deve essere consapevole che, dopo le sanzioni, c'è solo l'intervento armato - dice invece il capogruppo di Iv Ettore Rosato - quindi devono essere sanzioni che vadano fino in fondo". E poi c'è una questione molto delicata ad agitare gli animi: Letta, nel suo intervento, ha accennato senza remore ad "aiuti militari concreti all'Ucraina", che poi è il paradosso di una sinistra che sembra più interventista della destra. "La verità è che l'Italia e l'Europa sono deboli sul piano militare, non so sinceramente che contributo riusciremo a dare su questo piano", ragiona Francesco Lollobrigida (Fdi). Non mancherà, infine, un riferimento e auspicio alla "via maestra", la chiama Federico Fornaro di Leu: "Dobbiamo testardamente credere che la diplomazia possa aiutare a risolvere questa crisi". Una diplomazia che, però, finora non è servita.

 

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