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Forza Italia spegne trenta candeline e si ricorda di non avere più le intuizioni di Silvio Berlusconi

C’è chi dice che sia stato il primo populista della storia della nostra Repubblica. Chi ritiene che sia stato un innovatore e un rivoluzionario. E che abbia modellato la politica a sua immagine e somiglianza.

Giuseppe Alberto Falcidi Giuseppe Alberto Falci   

C’era una volta Forza Italia, il partito nato dalle ceneri della Repubblica dei partiti. Il primo contenitore fondato da un imprenditore che ha sconquassato l’analisi grammaticale e logica della politica italiana. Fondatore dunque Silvio Berlusconi. C’è chi dice che sia stato il primo populista della storia della nostra Repubblica. Chi ritiene che sia stato un innovatore e un rivoluzionario. E che abbia modellato la politica a sua immagine e somiglianza. Fatto sta che per 30 anni ci siamo occupati del Cavaliere e del suo partito di “plastica”.  Delle sue gesta e di Forza Italia che giusto ieri ha spento trenta candeline. 

Al Salone delle Fontane di via Ciro il Grande c’erano ieri dirigenti della prima ore e fedelissimi dell’ultima fase per festeggiare il compleanno degli azzurri. A fare gli onori di casa Antonio Tajani, tessera numero tre di Fi. Il segretario politico ha esaltato il ruolo del Cavaliere e quello degli azzurri nell’attuale assetto politico italiano. «La nostra sfida è costruire il futuro, che sarà molto più roseo di quanto hanno scritto - osserva Tajani - Qualcuno mi ha detto che pensava che FI dovesse retrocedere dopo la morte di Berlusconi e invece, mi ha detto, 'state andando verso la testa della classifica'. Ecco sì, noi vogliamo essere in testa perché come ci ha insegnato Berlusconi, noi partecipiamo per vincere».

Da qui un concetto forte e chiaro che ha voluto inviare a sé e ai presenti: "Non c'è un erede di Silvio Berlusconi perché gli eredi siete tutti voi". Poi rivolgendosi alla platea ha voluto inviare un messaggio rassicurante in vista  delle prossime Europee: "Otterremo più risultati di quanti tutti possano pensare. Vedo lo stesso entusiasmo del '94, di gente che vuole vincere e stare in cima alla classifica della politica nazionale, non ci sarebbe tanto entusiasmo se non si sentisse il profumo del consenso".

L’orgoglio azzurra passa anche dal sottolineare che Fi detta l’agenda al governo: "Quando noi insistiamo sulle privatizzazioni e il presidente del Consiglio annuncia che è in corso un avvio di privatizzazioni, noi siamo soddisfatti perché la maggioranza ascolta le nostre idee, vince la linea di FI. Ma non lo facciamo con arroganza, violenza e minacce. Non abbiamo mai minacciato una crisi di governo ma abbiamo posto sul tavolo proposte di buon senso. Siamo convinti che lo Stato possa vendere, non svendere, una parte del proprio patrimonio. Alla fine ci hanno dato retta ed è cominciata la privatizzazione di Mps". 

Va da sé, tutto questo è corroborato dalle parole di Gianni Letta, il grande consigliere del Cavaliere, l’uomo delle trattative con il centrosinistra, lo zio di Enrico. Raro che parli in pubblico. Ma questa volta invece lo ha fatto. «Mi consenta allora, caro presidente, di rompere per una volta il silenzio e dire ora una cosa, una parola sola: grazie a te, caro presidente perché se siamo qui lo dobbiamo a te. È opera tua e merito tuo, è per te, con te e con tua famiglia. Grazie a tutti coloro che hanno condiviso con te questa straordinaria esperienza e che vedo impegnati a continuarla per tenere alti gli ideali che ti spinsero a scendere in campo e che hanno poi sempre alimentato e sostenuto la tua opera».

Nel giorno dell’orgoglio azzurro c’è un  po’ di nostalgia nella sala che ospita il compleanno di Fi. Come se fosse una sorta di giornata Amarcord. Manca il Cavaliere, mancano le sue intuizioni, le sue boutade. E mancano le sue proposte choc che alla fine funzionavano sempre in campagna elettorale. Assente Marcello Dell’Utri. Presente invece Cesare Previti. E presente dunque Letta. Che ha provato a tenere insieme l’azienda, il partito e la famiglia del fondatore: "I figli di Silvio Berlusconi mi hanno chiesto di essere qui e portare il loro saluto, la loro convinta partecipazione e sostegno in continuità come il papà voleva. La famiglia Berlusconi ha avuto un comportamento esemplare: uniti, concordi, premurosi verso Marta (Fascina, l'ultima compagna di Berlusconi, ndr), solleciti verso i collaboratori e le aziende  e così anche verso Forza Italia".

I presenti sono consapevoli che un altro Berlusconi non ci sia più. "Era un leader nato, un uomo dal carisma senza eguali già da ragazzo…" dice con un filo di emozione Letta che  ricorda il suo ''Silvio'' come un uomo  dotato di capacità politiche'', ma anche di una "sua umanità" riconosciuta pure dagli «avversari politici".  "Ieri Repubblica -ha rimarcato Letta- ha chiesto in prestito a Machiavelli le parole per definire il genio di questo innovatore e cioè inventore di cose nuove e inusuali' e poi lo ha definito 'l'uomo che ha cambiato l'arte della politica in Italia', e forse, non solo. Berlusconi lo avete conosciuto, era un leader nato…".

I successi e i traguardi centrati sono tanti. A cominciare dai trionfi calcistici: "Da allora - scolpisce Letta - il calcio non è più quello di prima, proprio come la politica , perché lui era abituato a pensare in grande. Aveva un intuito prodigioso che gli faceva vedere chiaro ciò che per gli altri non era chiaro e a vedere più lontano e prima degli altri... Sapeva coniugare estro e fantasia". Un estro e una fantasia che non ci sono più. Perché insiste Tajani «non esiste l’erede di Berlusconi, c’è solo un Berlusconi».

Un passaggio che cela le difficoltà del momento. Il fatto di non avere la golden share della coalizione. O comunque di non poter contare dei titoli del Cavaliere. Che li annoverava sul calcio ma anche in politica. Da ora in avanti la traversata si complicherà. La sfida delle europee sarà difficile, perché sarà la prima vera partita senza lui, il Cavaliere. C’era una volta un partito che era capace di realizzare impossibile.  Le candeline saranno 30.  Ma un partito senza il suo fuoriclasse è un'altra cosa.

Giuseppe Alberto Falcidi Giuseppe Alberto Falci   
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