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Le tre signore delle destre europee provano a dare le carte per il dopo elezioni

Von der Leyen apre ad un’alleanza di governo con Meloni. Le Pen caccia la delegazione di Afd dal gruppo europeo Identità e Democrazia. “E’ una delegazione tossica, basta”. La spitzenkandidat Ursula però sembra chiudere a Le Pen. Anche se punta ad alleanze su singoli dossier. L’obiettivo di Id e Ecr, e quindi anche Fdi e Lega, non è tanto un gruppo comune ma l’intesa sui grandi temi. Forza Italia in difficoltà

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Giorgia-Meloni-Ursula-von-der-Leyen-Marine-Le-Pen
Giorgia Meloni, Ursula von der Leyen e Marine Le Pen (Foto Ansa)

Tre donne stanno muovendo la carte in Europa in queste ore. Sono tutte a destra (e centro) e si chiamano Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni e Marine Le Pen. A poco più di due settimane dal voto le tre signore, ciascuna di partiti diversi e ciascuna con famiglie politiche europee diverse, stanno chiaramente lavorando per il dopo le urne, per tessere alleanze che possono sembrare improponibili ma hanno comunque un forte obiettivo comune: tagliare fuori dalla stanza dei bottoni europea la socialdemocrazia e tuto ciò che possa aver a che fare con la sinistra e i verdi. Tutte e tre, insomma, stanno lavorando per realizzare in Europa il sogno di Giorgia Meloni: replicare a Bruxelles e a Strasburgo la maggioranza di centrodestra che governa l’Italia. Un pensiero “stupendo” di cui Giorgia Meloni non fa mistero. “L’Italia può cambiare l’Europa portando là il nostro modello di alleanza perchè poi, attenzione, sono i numeri dell’europarlamento che contano assai più della composizione della Commissione” ha spiegato nella convention di Pescara, il beach party dove ha lanciato la sua candidatura acchiappavoti (Meloni passerà i suoi voti al secondo più votato tra i Fratelli in tutte le circoscrizioni).

Lo schema di gioco

Ieri questo schema di gioco è stato evidente in almeno tre fatti. Il primo. Marine Le Pen (formalmente è stato l’eurodeputato della Lega Zanni, membro del direttivo di Identità e Democrazia) ha espulso “con effetto immediato” da ID la delegazione di Alternative fur Deutschland (AFD), la destra estrema tedesca, filo nazista che nei giorni scorsi, per bocca del suo spitzenkandidat Karh è arrivata a dire che “non tutte le SS erano dei criminali”. Persino Salvini si è sdegnato: “La Lega non ha nulla a che fare con uno cosi”. Chissà cosa direbbe Vannacci sul punto. Peccato che lo stesso Salvini avesse accolto a braccia aperte AFD nel “sua” convention delle destre identitarie a Firenze (era novembre). E da quel palco il delegato di Afd riuscì a dire cosa inimmaginabili su immigrazione, donne e questione identitaria. Nessuno però disse nulla.

L’endorsement di von der Leyen

Il secondo “fatto” ha il nome e il volto di Ursula von der Leyen. Ieri a Bruxelles era in calendario il tradizionale faccia a faccia tra tutti gli spitzenkandidat (colui o colei che ogni famiglia politica Ue ha indicato come presidente di commissione). Sul palco allestito nell’emiciclo del Parlamento europeo a Bruxelles erano in cinque, assenti per l’appunto ID e Ecr, la prima è la famiglia politica di Le Pen e Salvini, la seconda è quella dei Conservatori di cui Meloni è presidente e di cui fanno parte partiti come Fratelli d’Italia, Vox e il Pis polacco, molto identitari, nazionalisti e a destra. Da quel palco Ursula von der Leyen, che tenta il bis in quota Ppe ma le sue quotazioni sono in caduta, non è mai stata così chiara parlando di alleanze: “Gli eurodeputati con cui lavorare devono rispondere a tre criteri: pro-Europa, pro-Ucraina (quindi anti-Putin) e pro-Stato di diritto”. Da qui ne deriva che “ho lavorato molto bene con Giorgia Meloni nel Consiglio europeo. Come faccio del resto - ha aggiunto subito dopo quasi a voler smorzare la prima affermazione - con tutti i capi di Stato e di Governo. E’ il mio compito come presidente della commissione” ha aggiunto subito dopo quasi a voler smorzare la prima affermazione. “Lei - ha aggiunto parlando di Meloni - è chiaramente europeista, è contro Putin. E tutela lo stato di diritto. Con queste condizioni e premesse possiamo certamente lavorare insieme perchè ciò che serve all’Europa è una maggioranza al Parlamento europeo su tutti i temi più importanti per avere un’Europa più forte”. E, come sappiamo, “il Parlamento europeo è molto diverso dai parlamenti nazionali. Il gruppo non sempre vota all’unanimità, c’è chi vota a favore e chi contro, chi si astiene. L’importante è poi avere i numeri per approvare i provvedimenti”. Parole molto simili a quelle usate da Meloni a Pescara. Andare oltre i partiti e le discipline interne di ciascuno. Andare anche oltre destra e sinistra e puntare ai risultati. Un pragmatismo pericoloso e dalla dubbia efficacia che rappresenta la disintermediazione totale di quel poco che resta dei partiti e il caos politico. Quindi - è stato chiesto a von der Leyen - apre all'Ecr? “Non è quello che ho detto - ha risposto - Sto parlando dei deputati del Parlamento europeo. Voglio vedere dove si raggruppano. E poi lavoriamo con i gruppi che sono chiaramente pro-Europa, pro-Ucraina contro Putin e per lo Stato di diritto”. Quindi Meloni sì, tutto il gruppo Ecr non è detto. Unico distinguo con la premier italiana sembrano essere le politiche Lgbtiq+, sul diritto all’aborto e sulle donne non solo in quanto madri. Quelle destinate alla premier italiana - che la scorsa settimana von der Leyen neppure ha voluto (o potuto?) incontrare nella sua visita a Roma - restano comunque parole al miele rispetto a quelle riservate agli altri rappresentanti della destra al Parlamento europeo. Veri e propri altolà: “Rassemblement national in Francia o Afd in Germania, Konfederacja in Polonia condividono il fatto di essere amici di Putin e vogliono distruggere la nostra Europa”.

Spiazzati

Di fronte a queste parole Giorgia Meloni è certamente compiaciuta, il suo “piano” prende corpo. Un po’ meno Le Pen e comunque domenica scorsa a Vox erano caduti muri e gelo con Meloni. Chi è rimasto spiazzato sono gli alleati storici del Ppe, i socialisti del Pse e i Liberali di Renew Europe. Il perimetro di alleanze da cui invece ha detto di voler ripartire anche per questa legislatura Manfred Weber, il numero 1 del Ppe. “Sono pronto a lavorare con tutte le forze democratiche ma non considero che Ecr o Id siano forze democratiche. Hanno una visione molto diversa dell'Europa, basta vedere nei Paesi dove sono al governo” ha puntato il dito lo spitzenkandidat socialista, il lussemburghese Nicolas Schmit. “In Svezia creano fabbriche di fake news. In Italia i diritti delle donne e dei media sono sotto attacco. Le loro azioni non corrispondono ai valori fondamentali per cui si batte l’Ue” ha continuato. E ancora: “Difficile distinguere tra Vox e Meloni visto che la premier italiana è sempre ospite d’onore alle loro convention. Quello che dice lì magari è diverso da ciò che dice al Consiglio europeo ma il punto è che quella vera è quella sul palco. Per noi non c’è alcuna possibilità di lavorare a qualunque tipo di accordo o alleanza con l’estrema destra. Su questo non faremo alcuna concessione. Valori prima del potere, questo è il nostro motto”. Da ricordare che due settimane fa a Berlino i partiti nazionali che si riconoscono nel Pse hanno sottoscritto un documento che dice no ad ogni ipotesi di alleanza con Ecr e ancora meno Id. Ancora più netto il capolista di Renew, Sandro Gozi: “Von der Leyen vuole aprire a questi? Rinuncia a noi perchè le due cose non stanno insieme”. In effetti è difficile immaginare Macron al tavolo con Meloni che sussurra a Le Pen. La spitzenkandidat dei Verdi, Terry Reintke, evoca scenari cupi. “Vengo da un Paese dove negli anni Venti e Trenta del secolo scorso i conservatori ma anche i liberali hanno sottostimato la minaccia dell’estrema destra. Sono entrata in politica per assicurare che non avvenga mai più”. E, guardando al futuro, un’alleanza Ppe-Ecr sarebbe “un disastro per il clima, un disastro per la natura, per le generazioni del futuro ma anche per l’economia”. I Verdi non stanno andando bene nei sondaggi. Eppure, o proprio per questo, la legislatura è stata caratterizzata in un modo o nell’altro dai dossier green e ambientali.

I timori di Forza Italia

Spiazzati anche da Forza Italia. Antonio Tajani ha fatto del posizionamento al centro del Ppe la sua forza anche all’interno della maggioranza nazionale. L’apertura di von der Leyen sposta a destra il Ppe e questo potrebbe togliere capacità attrattiva a Forza Italia. Proprio a ridosso del voto. “Questo inizio di deriva non era previsto” dice un parlamentare azzurro. Che aggiunge: “E comunque è chiaro a tutti che von der Leyen non farà il bis”.Ora tutto questo deve essere letto con tre ulteriori informazioni. Le prime due veicolate in via riservata da europarlamentari della Lega e di Fratelli d’Italia. L’obiettivo, si spiega, “non è fare all’europarlamento un gruppo unico delle destre. Piuttosto vedere, anche nelle singole famiglie, Ecr come Id, chi ci sta ad appoggiare determinati dossier”. Quello che è certo è che sia Lega - soprattutto - che Fratelli d’Italia vogliono pesare e contare nella prossima consiliatura.La terza informazione riguarda la voglia, il bisogno, di governare e quindi stare in maggioranza. “Siamo stufi di essere in Parlamento e non contare nulla”. Vogliono un Commissario. Certamente lo vuole Meloni. Possibilmente economico per mettere a posto il disastro che uscirà fuori a settembre dal combinato disposto tra legge di bilancio nazionale e nuovo Patto di stabilità. Le tre signore delle destre provano a dare le carte, quindi. A tessere tele e accordi. Peccato che potrebbe cadere il pilastro centrale di questo schema: il bis di Ursula von der Leyen è sempre più incerto.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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