Governo in retromarcia, trattori al Colosseo. La Lega si prende la protesta, Meloni fa i conti con il ministro
Il governo cede sull’Irpef agricola. “Solo per alcuni, fino a diecimila euro di reddito”. Ma non basta. E infatti Salvini: “Si può e si deve fare di più”. Al giorno numero 9 della protesta il governo mette ci mette la faccia, e la testa. Tre ore a palazzo Chigi con i sindacati. Che sono però parte del problema. Poi Lollobrigida convoca i ribelli al ministero. E in serata va al presidio a spiegare. “Non siamo il Monopoly”. La protesta continua
Quando alle 21 e 30 il ministro Lollobrigida si presenta, accompagnato dallo staff ministeriale al gran completo, nel campo lungo la Nomentana da sette giorni il quartier generale della protesta dei trattori, molti pensano che sia tutto finito. Che la protesta finisca qua, lungo il raccordo, mentre comincia a piovere e i trattori partono in fila indiana lungo il laccio stradale che racchiude e anche collega la Capitale. Sono oltre un centinaio, hanno tutti il tricolore e qualche cartello del tipo “senza agricoltura non si mangia”, “senza di noi niente cibo”. E’ sparito quello: “Lollo dove sei?”. Il ministro è arrivato lì da loro, come avevano chiesto, dopo averli ricevuti per tre ore al ministero. I trattori torneranno alla base prima dell’una di notte, giusto in tempo per seguire Amadeus che legge il loro comunicato dal palco di Sanremo. E per scoprire che il pubblico dell’Ariston ha applaudito. Cominciava così il documento frutto di tante limature e polemiche: “Dobbiamo difendere il nostro reddito che da anni sottoposto a tagli e rinunce mentre i prodotti diventano sempre più costosi per i cittadini. Rischiamo di scomparire”.
“Rischiamo di scomparire”
E’ complessa la piattaforma di “Riscatto Agricolo” ma due cose chiede con chiarezza: il diritto di esistere “anche se non si è grandi imprese costrette ad entrare in grande confederazioni (e molti ce l’hanno con Coldiretti, ndr)” e basta con una filiera che aumenta i prezzi in modo assurdo dalla produzione alle famiglie per impoverire chi produce (e non è una grossa azienda) e chi consuma. “Vogliamo lavorare e non i sussidi”. La mucca Ercolina 2 era stata portata fino sul green carpet dell’Ariston pronta a testimoniare sul palco. La Rai ha detto no: “Non possiamo dare retta a tutti coloro che chiedono di salire su questo palco”.
Non finisce la protesta dei trattori. Finisce la prima parte della storia, ne comincia un’altra (per quello che riguarda Riscatto agricolo) e tante altre, ad esempio quella del “CRA, agricoltori traditi” che si stanno radunando intorno alla Capitale in cinque aree assegnate e hanno in testa di conquistare il Circo Massimo. Se ne riparla la prossima settimana. Da soli. O con gli altri.
Vincitori e vinti
La giornata di ieri segna comunque una svolta. Forse meglio dire uno spartiacque. Di sicuro tira un bilancio con vincitori e vinti. Un paio di trofei (per chi lo ha vinto) ed effetti collaterali, cioè nuove tensioni politiche nella maggioranza. Il primo “trofeo” per gli agricoltori è il ritorno dell’Irpef agricolo. Il governo ha dovuto fare marcia indietro e rimangiarsi quanto ha detto almeno fino a giovedì. Nella legge di bilancio erano stati cancellati 280 milioni che coprivano le spese del taglio dell’Irpef agricolo (introdotto nel 2016 da Renzi e Martina) e per i sussidi ai giovani agricoltori. Da quando è iniziata la protesta - il primo febbraio a Bruxelles anche se in Francia e Germania i trattori erano in piazza da gennaio - la Lega non ha avuto dubbi: ripristinare entrambe le misure. Palazzo Chigi e Fratelli d’Italia hanno fatto muro seguendo la ragioni del ministro Lollobrigida e della sua longa manus, la Coldiretti di Ettore Prandini. Praticamente una cosa sola. “Il ministro della Coldiretti” è uno dei cartelli della protesta. E non dell’agricoltura. La seconda sconfitta per il governo - i secondo trofeo per i gli agricoltori - è proprio l’asse Lollobrigida-Prandini. La premier Meloni ha appaltato il settore al cognato che ha scelto Coldiretti - il sindacato più grande - come unico referente, in pratica. C’è quasi una fusione fisica tra i due soggetti: il capo del legislativo del ministero Raffaele Borriello è stato fino a pochi mesi fa il capo del legislativo di Coldiretti che è guidata da Prandini orai dal 2018. E tanti altri di Coldiretti sono passati al Masaf con le assunzioni in blocco (tutte con il grado di dirigenti) ottenute da Lollobrigida. La protesta dimostra che il binomio non funziona, non garantisce pace e prosperità come probabilmente era stato assicurato alla premier. La faccia di Borriello e della capa del cerimoniale ieri accerchiati nella bolgia del Nomentano erano ieri sera lo specchio di questo errore di valutazione. Che Meloni dovrà risolvere: è il cognato in grado di fare il ministro?
L’altra sigla
La giornata della svolta, si diceva. Ieri era la volta di “Riscatto agricolo”. La seconda sigla - Cra- Agricoltori traditi - è in attesa di permessi e di contare le forze. Uno dei portavoce è l’ex Forcone Danilo Calvani, motivo per cui quelli di “Riscatto agricolo” non voglio averci a che fare. Però anche il Cra è un ombrello che raccoglie tante realtà. “Noi protestiamo per tutto: per il caro carburante, per gli antiparassitari, per le banche che non ci concedono più credito, per le materie prime che costano troppo, per i pezzi di ricambio che non si trovano più. Tutto, tutto. Tutta la burocrazia, tutto ciò che ci gira intorno” rivendicava ieri Luisito Naldi, portavoce per l’Emilia-Romagna. “Ormai, per noi lavorare è diventato impossibile e il nostro prodotto non costa più niente”.
La giornata è iniziata con l’arrivo dei trattori in zona Colosseo. Piccolo numeri per non dare intralcio alla città ma è stata la foto e le immagini del giorno. Che hanno fatto il giro del mondo. Anche per questo è stata cancellato il sit-in in piazza San Giovanni. Troppi disagi. Anche perchè la richiesta per ieri era chiara: “Dobbiamo incontrare il ministro (e la premier, ndr). Entro sabato alle 14”, altrimenti sarà guerra. In effetti, per otto giorni di protesta, il ministro s’è fatto di nebbia. Ieri, nei fatti il primo giorno in cui è tornata in ufficio e ha avuto qualche ora libera, i sindacati sono stati convocati a Chigi. Prima mezz’ora di colloquio faccia a faccia con Prandini e la Coldiretti. Poi, dopo, tutti gli altri: Confagricoltura, Cia, Copagri, Confcooperative. Coldiretti e Confagricoltura controllano il 60% del mondo agricolo. Un incontro nei fatti inutile perchè nessuna di queste sigle ha potere contrattuale con la protesta. Nel senso che a Chigi si è fatto per tre ore i conti senza l’oste. Un incontro necessario però per capire, sondare, soprattutto per la premier che ha dovuto prendere in mano la situazione. Anche perchè Salvini ha messo per primo, e da un paio di settimane, il cappello sulla protesta.
La Lega “si prende” la protesta
Questa volta non c’è stata la solita fuga in avanti di Salvini. Il mondo dell’agricoltura è tradizionalmente un loro punto di riferimento. “Zaia e Centinaio sono stati i migliori ministri dell’agricoltura” riconoscevano in questi giorni gli agricoltori. E infatti Centinaio, il capogruppo Molinari alla Camera da tempo hanno presentato l’emendamento per ripristinare l’Irpef agricolo. Fratelli d’Italia in questi i giorni ha provato a dire: “E’ colpa di Giorgetti (Lega, ndr) se non si fa, non ci sono i soldi”. Il ministro economico si è tolto giovedì da questa spiacevole situazione: “I soldi si trovano quando il Presidente del consiglio dice di trovarli”. Sempre giovedì poi Salvini, fino a quel momento silente, ha rotto il patto e ha incontrato per primo la protesta in Abruzzo. Così ieri, nelle quasi tre ore di riunione, Salvini - l’unico collegato - ha alzato il prezzo. Quando Meloni e Giorgetti hanno parlato di reintroduzione dell’Irpef fino a 10 mila euro di reddito l’anno (molto poco se ci pensate bene, anche se Coldiretti ha gioito dicendo che “copre il 95% degli agricoltori”), Salvini ha scrollato la testa: “Si può fare decidente di più e meglio”. Apriti cielo. A margine, durante la giornata, si è materializzato un botta e risposta tra i gruppi in Parlamento mentre Lollobrigida ha puntato il dito contro chi si fa “testimonial di posizioni che poco hanno a che fare con la rappresentanza”. Sottinteso, il leader della Lega.
Di prima mattina era stato il capogruppo della Lega, Riccardo Molinari, a criticare il governo che ha fatto “un errore” a cancellare l’esonero dell’Irpef agricolo. Immediata la risposta del capogruppo di Fdi Tommaso Foti: “Nessuno ha sollevato riserve durante la discussione sulla legge di bilancio. Anzi, una maggioranza compatta ha respinto le richieste delle opposizioni (Italia viva in testa). “I soldi non si stampano come al monopoly purtroppo” e “per il nostro governo la scelta è stata: prima i deboli” diceva il ministro dell’Agricoltura nel pomeriggio alla fine dell’incontro con i sindacati. Incontro carico di promesse e in cui Coldiretti ha provato a continuare la narrazione “è colpa dell’Europa se i trattori sono in piazza”. Può darsi, anche, ma il problema ce l’hanno qui e adesso. Con la legge di bilancio e la rappresentanza sindacale.
Il faccia a faccia al ministero
Tre ore di incontro a Palazzo Chigi utili a fare il punto e provare a mettere insieme i punti di un arcipelago in sofferenza e che non si fida più l’uno dell’altro. Ma, a parte l’Irpef, carichi solo di promesse e buone intenzioni. Il vero incontro è quello inizia alle 17 e 30 al ministero dell’Agricoltura tra Lollobrigida e Riscatto agricolo. Finisce alle 20 e 30. E da quel si può capire non è andata benissimo. “Silenzio stampa fino a domattina, dobbiamo parlare con gli altri” la posizione ufficiale. Il ministro andrà dopo sulla via Nomentana per parlare con tutti. Lo hanno chiesto i portavoce che sono andati al ministero. “Non siamo a nulla caro ministro. Per noi non va. Ma vieni tu a dirlo ai nostri compagni laggiù”. Un altro presente all’incontro, pur sibillino, è più esplicito: “Sono dei poliglotti, non s’è fatto nulla e rischia di saltare tutto”. Lo vedremo stamani. Ma la protesta continua. L’Irpef. Questo punto potrebbe non bastare. E gli altri trattori, quelli ancora intorno a Roma nelle cinque aree di sosta assegnate dalla prefettura (da una settimana il prefetto Giannini evita nei fatti che tutto scappi di mano), sono ancora più arrabbiati. “Il ministro prima ha convocato i sindacati agricoli, nostri carnefici che contestiamo apertamente, poi ha finto di parlare con noi chiamando al ministero quelli di Riscatto agricolo, movimento che è composto da tutti iscritti al suo partito. Ci sentiamo presi in giro. Chiediamo le dimissioni di Lollobrigida e della premier che sta appoggiando la sua linea” ha tuonato Calvani. La protesta continua.