Testa coda, errori e gaffe del caso Bari. Mai una campagna elettorale così strumentalizzata
Stanno sbagliando tutti. Decaro dovrebbe stare più silente ed aspettare gli atti ufficiali. Emiliano essere meno Emiliano. La destra al governo più seria e responsabile invece di cercare ogni modo per azzoppare sindaco e governatore e sperare di poter tornare a vincere. Il 7 aprile le primarie del centrosinistra per il sindaco

La taranta della politica pugliese continua. Ormai è un mese. Non accenna a finire e, anzi, accelera i suoi passi in direzioni inaspettate. Tipiche di una campagna elettorale studiata a tavolino dalla destra su cui sono arrivati anche i clamorosi autogol della sinistra. I giocatori sono ancora tutti in campo.
L’ultimo atto, in ordine di tempo, è di ieri sera. Tg1 delle 20,30, quello con massimo ascolto, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano ha cercato di mettere un punto a questa storia. Della serie: “Io c’ero dalla sorella del boss, Decaro magari no, in fondo è una storia di 18 anni”. Che al governatore piace raccontare un po’ per alimentare il suo essere “sceriffo”, “magistrato”, “uomo di legge” e però a sinistra, anzi a sinistra-sinistra nonchè il primo ad avere intuito il potenziale dei 5 Stelle. E di Giuseppe Conte. Anche perchè tra pugliesi ci si intende meglio. “Io ho certamente parlato con la signora Capriati” sorella del boss mafioso Antonio Capriati, “e ho parlato delle resistenze molte forti che Decaro stava trovando per istituire la Ztl a Bari Vecchia. Siccome è una cosa di 18 anni fa, se Antonio ha detto che non se lo ricorda, e non ricorda di esserci stato, è possibile che lui abbia ragione”. Non era il caso, secondo Emiliano all’epoca sindaco (a cui poi è succeduto il suo assessore Decaro) andare in procura per risolvere questa cosa che i boss di Bari Vecchia non volevano la zona blu e minacciavano Decaro assessore che la voleva mettere a tutti i costi (cosa poi successa). “Da magistrato vi dico che non ci sarebbero stati gli agganci nel codice per procedere contro quei boss”. E così, banalmente, secondo lo storytelling del governatore-sceriffo, ha preferito fare da solo. Già efficace.
L’autogol di Emiliano
Vedremo oggi cosa porta il menu. Ma se il centrodestra aveva l’obiettivo di indebolire prima Decaro e poi Emiliano, i signori di Bari e di Puglia eredi di quel Nichi Vendola che iniziò la primavera di questa regione dove la destra non tocca palla da vent’anni appunto, e di tentare l’affondo in piane campagna elettorale, ci sta riuscendo molto bene. O meglio: se la prima fase, quella dell’accesso in Comune per chiederne magari lo scioglimento, è stata un boomerang per il centrodestra, poi ci ha pensato Emiliano ad invertire il racconto e a fare un autogol clamoroso. Sabato scorso più di diecimila persone si sono ritrovate in piazza Ferrarese a Bari per “abbracciare” il sindaco Decaro, proteggerlo dagli attacchi della destra, e dire - proprio alla destra che governa il paese - “giù le mani da Bari che è dei baresi e non dei mafiosi come vorreste far credere voi”. Il sindaco era sul palco incredulo ed emozionato per tanto affetto ormai quasi una settimana dopo il fattaccio. Era successo lunedì 18 marzo: il ministro dell’Interno ha ordinato la Commissione di accesso al Comune di Bari per valutare l’ipotesi del scioglimento dell’amministrazione per infiltrazioni mafiose sulla base dell’inchiesta che il 26 febbraio ha portato in carcere 137 persone tra cui la consigliera Lorusso e il marito per voto di scambio. Il procuratore, dopo gli arresti, tenne subito a precisare che il sindaco Decaro era stato “l’argine” alle infiltrazioni. Alcune intercettazioni di alcuni boss lo dicono ancora meglio: “Decaro non paga, gli altri sì”. Chi siano gli altri è facile immaginarlo. Nonostante questo dal 27 febbraio è iniziato un pressing a livello parlamentare e di governo - in prima fila il viceministro Sisto (Fi) e il sottosegretario Gemmato (Fdi) - per denunciare “i fatti gravissimi in cui è coinvolto il sindaco Decaro (ma che non emergono dagli atti, ndr)” e chiedere con urgenza lo scioglimento del comune. Farlo a tre settimane dal voto, dove il centrosinistra mette in campo due candidati molto forti (il 7 aprile ci sono le primarie, in campo Vito Leccese, capo di gabinetto di Decaro, e Michele Laforgia, avvocato penalista che difende 2-3 arrestati nell’inchiesta) e il centrodestra è molto debole, è un fallo da rigore commesso in questo caso dall’arbitro stesso, cioè il ministro dell’Interno.
Il “leghista" in Commissione
Ieri mattina, mentre infuriava la taranta della politica pugliese (di cui poi vi daremo un po’ di dettagli) si è presentata in Comune la commissione d'accesso del Viminale. Sono i tre prefetti che in tre mesi devono valutare le ipotesi di infiltrazione mafiose nell’amministrazione barese e la capacità dei clan di pilotare le assunzioni nelle aziende partecipate. Il ministro Piantedosi è accusato dalla sinistra di essersi prestato ad un gioco di parte, “fatto gravissimo”. Lo vogliono in aula, in Parlamento, a spiegare. Lui e la premier Meloni “perchè del ministro dell’Interno non ci fidiamo più”. Il titolare del Viminale non ci sta a passare per uomo di parte, ha fatto - dice- il suo dovere “per combattere i clan e non certo i sindaci”. E però a capo della Commissione per l’acceso ha nominato il prefetto Claudio Sammartino, zio di Luca Sammartino, importante vicepresidente della Regione Sicilia, uomo forte della Lega. Con tutto il rispetto per il prefetto Sammartino, Piantedosi aveva a disposizione centinaia di nomi prima di questo che si porta dietro, gioco forza, qualche polemica.
E’ come se ciascuna parte in ballo di questa taranta politica facesse cose e si comportasse per alimentare altri balli e piroette, cambi di fronte e ribaltamenti.
Anche Decaro sbaglia
Decaro, ad esempio. Aveva già vinto: da sconfitto e umiliato per la Commissione di accesso, era stato capace grazie ai fatti e alla stima di ribaltare il racconto. I baresi sono, erano, tutti con lui. La piazza piena lo aveva dimostrato. La destra a leccarsi le ferite anche perchè palazzo Chigi non aveva gradito l’attivismo così di parte di viceministri e sottosegretari in delegazione al Viminale per chiedere l’accesso. Insomma, il sindaco poteva chiuderla lì: venite pure a controllare in casa mia, non ho problemi. Poi ha accettato l’idea di quella piazza sabato (difficile dire di no) e, ancora peggio, ha portato con sè sul palco Emiliano. Che ha fatto Emiliano: lo sceriffo, il padrone di casa, colui da dove tutto ha inizio e che talvolta mal sopporta chi è capace di andare oltre e fare meglio di lui. Come Decaro e tanti altri leader del Pd prima di oggi.
Nonostante le smentite - Decaro ha smentito Emiliano “non sono mai stato dalla sorella del boss”; Emiliano ha corretto se stesso, “in fondo è una storia vecchia”- la storia del sindaco che va dai parenti dei boss per dire “adesso qui si fa come diciamo noi” è uno di quei “grigi” che in tempi di campagna elettorale diventano clave da dare in testa all’avversario politico. Così ieri mattina Decaro, che aveva detto di non essere andato dalla stella del boss Parisi si tempi della zona blu a Bari vecchia come invece aveva raccontato Emiliano, si è trovato sulle prime pagine dei giornali di destra in una foto tra la zia e una sorelle del boss Parisi. “Ecco qua, il sindaco sbugiardato di nuovo”. Poi si scopre che questo boss Parisi ha decine e decine di parenti, che quelle della foto sono titolari di un negozio davanti al quale il sindaco Decaro ha accettato di farsi un selfie.
C’è voluto il parroco della cattedrale per capire bene chi fossero, “due parenti ma che non hanno nulla a che fare col boss”. Le signore Annalisa Milzi e la madre Elisabetta (rispettivamente nipote e sorella del boss) si sono così ritrovate sulle prima pagine: “Era il giorno della festa del patrono san Nicola e il sindaco passava per i vicoli della città vecchia gli chiesi: è possibile fare una foto? Lui ha risposto: assolutamente sì”. Insomma, se Decaro stesse più fermo e andasse meno in piazza a ricevere l’abbraccio dei suoi cittadini, darebbe una lezione di stile e di autorevolezza e forse darebbe meno spazio ai veleni messi in giro in queste settimane.
Lezioni di stile
Caduta di stile che incredibilmente vede vittima anche un signore come il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. Sempre ieri mattina, infatti, mentre nel comune di Bari arrivava la Commissione del Viminale, Sisto e il sottosegretario Gemmato organizzavano una conferenza stampa nella stessa aula dove Decaro giorni fa aveva definito “un atto di guerra” l'invio della commissione. “Giù le mani da Bari lo diciamo noi” hanno detto Sisto e Gemmato ormai del tutto trasformati in cheerleader della squadra. Così, agitandosi e alzando le bracce e la voce, i due rappresentanti del governo (ed è questa la caduta di stile) hanno posto 11 domande al sindaco. Ad esempio: “Come mai non si sia accorto di quanto avveniva all’Amato” e perchè negli “ultimi otto anni da presidente nell'Anci non abbia mai fatto obiezione sui 137 accessi disposti dal Viminale” In altre città e comuni e qualificando come “un atto di guerra quello di Bari”. Decaro ha iniziato a rispondere a distanza dando vita ad un’altra situazione surreale. “Il controllo analogo nei confronti dell'Amtab non è un controllo di polizia o di natura giudiziaria: ogni volta che sono emersi elementi con un possibile rilievo giudiziario, sono state fatte le opportune segnalazioni. Ho accertato che Michele Emiliano segnalò al procuratore della Repubblica dell'epoca la questione dell'assunzione di parenti di esponenti della criminalità organizzata, Parisi compreso”.
Le undici domande
E ancora: “Mi stavo presentando a rispondere alle domande del centrodestra durante la conferenza stampa. Poi ho pensato che tale scelta sarebbe stata fraintesa come un tentativo di rubare la scena”. E poi Decaro non ha mai negato di conoscere Maria Carmen Lorusso. “È vero l'ho nominata presidente del Nucleo di valutazione della Città metropolitana nel 2015. Quanto alla partecipazione della Lorusso alla convention, non sapevo nemmeno fosse andata. Era un incontro pubblico”. Per me, ha continuato il sindaco in questa surreale interrogatori oa distanza, “parlano le querele e le azioni di danno nei confronti di Giacomo Olivieri” marito della Lorusso ed ex consigliere regionale.
Se non bastasse, ci metterà becco anche la Commissione antimafia. Che dovrebbe essere una cosa seria.
E insomma, non si fa così. Non è questo il modo di procedere. Vale per tutti. Fermatevi, fare silenzio e lasciate lavorare chi deve. Se potete. Intanto il Pd si divide tra chi sta con Emiliano e chi con Decaro. E la destra può non parlare del caso Santanchè perchè il teatro in scena a Bari supera tutti.