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Giugno e la tempesta perfetta nel Movimento 5 Stelle. Alla fine nulla sarà più come prima

Quattro date che decidono le sorti del Movimento: election day e ballottaggi; l’informativa di Draghi al Parlamento sull’Ucraina cui seguirà il voto; le decisioni del Tribunale di Napoli sulla legittimità della leadership di Conte

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Conte e Di Maio (Ansa)
Conte e Di Maio (Ansa)

E’ la tempesta perfetta. Durerà almeno fino al 26 giugno. Alla fine, una volta attraversata, il Movimento 5 Stelle potrebbe uscirne disintegrato. Oppure rafforzato. Almeno con le idee più chiare circa il proprio destino. Come tutte le tempeste perfette, non c’è una regia esterna al concentrarsi nello stesso periodo di una specifica serie di fatti. Che son, in questo caso, almeno quattro. Accade per caso. Ma accade.

La sentenza

Il primo elemento di questa “tempesta perfetta” si manifesta martedì 7 giugno. Quella mattina il Tribunale di Napoli, sezione civile, si esprimerà circa una serie di ricorsi che iscritti 5 Stelle hanno presentato contro l’elezione di Giuseppe Conte e l’adozione del nuovo statuto. Tutte operazioni passate da una votazione on line (non più Rousseau ma Skyvote) regolarmente certificata ma viziata in origine sia dall’uso stesso di un sistema diverso da Rousseau che dalla composizione, illegittima secondo i ricorrenti, del corpo elettorale.  Più o meno sono le stesse ragioni che un anno fa portarono al congelamento di Giuseppe Conte come leader del Movimento. L’avvocato del popolo ha sempre considerato la decisione del Tribunale infondata e non vincolante. E però un anno fa fu comunque costretto dal garante Beppe Grillo a rifare votazioni e sistema di voto. Vinse a mani basse. Un plebiscito. Al netto di 3/4 mesi di tempo andati perduti. 

L’avvocato Lorenzo Borrè, da sempre il legale delle cause fratricide del Movimento e, forse perché ex 5 Stelle, non ne ha mai persa una, spiega che “il 7 giugno il vero nodo del confronto sarà quello tra due impostazioni contrapposte: visione democratica contro vocazione autocratica, diritti di tutti contro potere di pochi, assemblearismo contro decisionismo plebiscitario, elezione aperta contro cooptazione chiusa. È questa la vera partita in gioco e si basa su chiare norme di diritto costituzionale e associativo, quelle invocate dai ricorrenti”. Secondo l’avvocato, i motivi del ricorso “questa volta sono ancora più forti dell’anno scorso proprio perché forti delle motivazioni dall’anno passato”.

21 giugno: l’atteso voto su Draghi

Se la decisione è attesa martedì, le motivazioni - il pezzo più importante - dovrebbero arrivare entro i quindici giorni successivi (20 giugno), la seconda data di riferimento della tempesta perfetta. Si tratta della vigilia di una terza data segnata in rosso nel calendario privato 5 Stelle. I 21giugno   Mario Draghi farà le comunicazioni previste in vista del Consiglio Ue del 23 e 24 giugno. Quel giorno il premier spiegherà - saremo al giorno 118 dell’invasione russa in Ucraina - quale la strategia dell’Italia nell’ambito del piano di azione deciso da Unione europea e Nato. Ovverosia, Draghi non potrà che ripetere quelli che sono stati i tre punti fermi dell’azione di governo di questi primi cento giorni: sostenere anche con l’invio di armi la resistenza ucraina; percorrere tutte le strade della diplomazia per cercare una soluzione pacifica al conflitto; nel frattempo insistere con le sanzioni, vero strumento di pressione sul Cremlino. Una linea che il Presidente Mattarella ha ribadito con parole chiarissime in occasione delle celebrazioni per la Festa della Repubblica: “l’invasione” della Federazione Russa ha riportato nel cuore dell’Europa una guerra “di stampo ottocentesco” che potrà terminare solo col “ritiro delle truppe russe dai confini ucraini”. L’Italia lavora per “ripristinare una legalità internazionale” con le armi della diplomazia consapevole che la pace, la libertà e i valori  democratici si conquistano e si difendono anche con le armi.

I “non ci sto” di Conte e Salvini

Da un mese e mezzo, come noto, Conte e Salvini non si riconoscono più in questa linea. Annusato un sentiment nazionale che vuole la pace soprattutto perché la guerra porta un caro vita insostenibile, hanno iniziato a sollevare questioni non meglio definite e ad attaccare il governo Draghi, di cui fanno parte entrambi, dicendo che deve sottoporsi più o meno una volta alla settimana al voto del Parlamento che deve condividere ed approvare la linea di indirizzo politico. E’ la riedizione dell’ade giallo-verde in chiave populista che trova seguito in un’altra riedizione, questa volta rosa-bruno di destri e sinistri alleati contro la Nato e gli Usa. Vecchi armamentari di un’ideologia che ha fatto i suo tempo.

Draghi spiega in continuazione, al Parlamento e ai cittadini italiani, cosa sta facendo il governo. Quelle di Conte e Salvini sono strumentalizzazioni politiche in piena campagna elettorale in cerca di consenso. Da un mese e mezzo cercano il voto dell’aula. Il 21 giugno finalmente arriverà questo voto nella forma di una “risoluzione”. Se Salvini e Conte lo vorranno, sulla carta hanno la forza numerica per “sfiduciare” il governo. Dipende da cosa riusciranno a scrivere in quella risoluzione e sa avrà la maggioranza dei voti. Avranno i due leader il coraggio di andare fino in fondo così come dicono? Oppure il loro “basta arma all’Ucraina” sarà edulcorato con qualche stilema lessicale e ritrovato retorico? Si dividerà la maggioranza su questo voto oppure riuscirà alla fine a restare unita? Mettendo però Conte e Salvini nell’angolo dei bocciati.

I risultati dell’election day

Tutto dipende da come i due leader arriveranno all’appuntamento del 21. Perché in mezzo c’è l’election day del 12 giugno, il quarto elemento della tempesta perfetta. Sarà difficile dare una lettura organica del voto delle amministrative. Anche perché il Movimento si presenta in 64 comuni su 971 al voto (poco più del 6%). E dove si presenta ha scelto la strada delle maggioranze variabili: a volte con Pd, a volte con la sinistra estrema, mai da solo. Da quelle consultazioni usciranno numeri e percentuali che misureranno lo stato di salute del Movimento. Con cui i vertici, dal garante Grillo a Conte passando per i 5 vice di Conte e i ministri in carica, presidente della Camera compreso, dovranno fare i conti.

E’ chiaro che se Giuseppe Conte dovesse arrivare a queste date esautorato e per la seconda volta dalla sentenza del tribunale di Napoli, il Movimento rischia di uscire stravolto dalla tempesta perfetta.

Ipotesi per il dopo

Il combinato disposto di sentenza avversa a Napoli e numeri bassi alle amministrative, sembra essere la premessa di un cambio della guardia radicale alla guida del partito. Su cosa potrebbe decidere di fare Conte se si verificasse questa eventualità, si rincorrono più ipotesi. La più accreditata vede l’ex premier uscire dalla maggioranza con il seguito di una sessantina di parlamentari e mettersi all’opposizione (o in appoggio esterno) per affrontare a mani libere la campagna elettorale per le politiche. Conte avrebbe già un proprio simbolo (Con Te) che potrebbe trovare posto nel campo largo di Letta. Il Movimento resterebbe nelle mani di Fico, Di Maio e Grillo e la parte più governativa.

Tutte ipotesi. Occorre aspettare le quattro date. Seguire gli eventi. E’ certamente un fatto che nell’ultima settimana Conte sia passato dalla modalità aggressiva ad ogni costo ad una più tranquilla. Senza esagerare. Inutile esporsi adesso. Vediamo prima cosa succede. Questo il menu del mese di giugno. Il mese della tempesta perfetta per il Movimento 5 Stelle.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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