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[Il retroscena] Tajani e la paura del salto nel buio. Ma il premier jolly di Berlusconi si chiama Frattini

Silvio Berlusconi va tratteggiando da giorni l’identikit di Antonio Tajani, ma il suo ruolo di presidente del Parlamento europeo è un limite all’ipotesi che possa accettare un incarico senza garanzie. Molti - e tra questi pare il Capo dello Stato - sono infatti contrari al fatto che il numero uno dell’europarlamento si debba dimettere da quel ruolo così prestigioso per una avventura difficilissima, per guidare un governo che potrebbe non vedere mai la luce o avere vita brevissima, solo per scrivere una nuova legge elettorale e mettere in sicurezza le casse pubbliche. Ecco perché ad Arcore e nei recenti vertici coi capi del Ppe, si è ipotizzato di coinvolgere l’ex ministro degli Esteri

Frattini e Tajani

Non siede più in Parlamento, quindi è una specie di tecnico. A Bruxelles lo chiamano per nome, “Franco” e lui li conosce tutti di persona, dal momento che è stato commissario europeo, ministro degli Esteri ed è arrivato ad un soffio dal diventare segretario generale della Nato. Mano a mano che si avvicinano le elezioni del 4 marzo, oggi che è sempre più chiaro che il premier incaricato e l’ “esplorazione” sarà quello indicato da Forza Italia in quanto primo partito del centrodestra e che i numeri della sola coalizione non basteranno per mettere in piedi un governo, il borsino di Palazzo Chigi dà le quotazioni di Frattini in forte rialzo. Silvio Berlusconi va tratteggiando da giorni l’identikit di Antonio Tajani,  ma il suo ruolo di presidente del Parlamento europeo è un limite all’ipotesi che possa accettare un incarico senza garanzie. Molti  - e tra questi pare il Capo dello Stato - sono infatti contrari al fatto che il numero uno dell’europarlamento si debba dimettere da quel ruolo così prestigioso per una avventura difficilissima, per guidare un governo che potrebbe non vedere mai la luce o avere vita brevissima, solo per scrivere una nuova legge elettorale e mettere in sicurezza le casse pubbliche. Ecco perché ad Arcore e nei recenti vertici coi capi del Ppe, si è ipotizzato di coinvolgere l’ex ministro degli Esteri.

Frattini nel 2013, dopo essere per 4 anni alla Farnesina, decise di non ricandidarsi e oggi presiede una (importante) sezione del Consiglio di Stato. “Non si ricandiderà, mira ad altre cose”, comunicò il Cavaliere, parlando del suo (quasi) ex braccio destro nel corso di un videoforum poco prima delle ultime Politiche. Molti sospettavano che si fosse messo d’accordo con Mario Monti, ma, evidentemente, non era così.  “Ora faccio un altro lavoro appassionante come lo era la politica”, ha raccontato Frattini soltanto qualche mese fa in una delle sue rare interviste.  

Romano, classe 1957, da ragazzo fu segretario della Federazione giovane socialisti italiana e poi ha vinto giovanissimo, nel 1986, il (difficile) concorso per diventare consigliere di Stato. Nel 1994 è tra i primi iscritti di Forza Italia. Dal concorso in poi ha iniziato una lunga carriera di civil servant dapprima come consigliere giuridico a Palazzo Chigi, poi come segretario generale di Palazzo Chigi con Silvio Berlusconi, che lo conosce, lo apprezza e lo promuoverà Ministro per la Funzione Pubblica e per il Coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza nel 2001.

Nel 1996 si era candidato ed era stato eletto nel collegio di Bolzano e da quel momento ha sempre coltivato rapporti di stima con la Svp, che potrebbe tornare utilissima - coi suoi parlamentari, dopo le proteste per Maria Elena Boschi paracadutata fin là - in caso di stallo post elettorale tra una settimana. Per due decenni Frattini è stato l’uomo al quale il Cavaliere ha demandato i rapporti con l’Ue nel ruolo di commissario europeo alla Sicurezza e vicepresidente della Commissione ed ha lavorato in quella veste in stretto accordo proprio con l’ “altro” predestinato a Palazzo Chigi, Tajani, pure lui romano.

Stimato in Germania e pure dai russi al punto che Sergej Lavrov, capo della diplomazia russa, si dice abbia chiesto di lui sia al leader di Forza Italia che a quello della Lega, Matteo Salvini, quando era alla Farnesina è stato il regista degli accordi con i Paesi dell’Africa del Nord che avevano rallentato e poi di fatto fermato gli sbarchi di richiedenti asilo. Frattini aveva affrontato anche un’altra crisi, quella dell’Albania. Lo ha rivendicato in una intervista rilasciata la scorsa estate, suggerendo al governo a guida Pd di fare lo stesso con la Libia: “Si ricorda il dramma dell’Albania, alla fine degli anni Novanta? Io ero al comitato di controllo dei Servizi, il governo era di centrosinistra e al Viminale c’era Giorgio Napolitano. Partivano gommoni velocissimi, imprendibili. Quell’emergenza si è conclusa soltanto quando l’Italia ha mandato le sue navi nelle aree antistanti i porti di Valona. Italia e Ue hanno finanziato progetti di sviluppo e oggi l’Albania è un Paese stabilizzato e addirittura membro Nato”. Internazionale sì, ma non “lontano” dalla linea politica del centrodestra, al bisogno di sicurezza che si respira (da tempo) nel Paese.

Sul codice di condotta per le Ong e la stretta imposta da Marco Minniti, l’ex capo della diplomazia italiana era d’accordo: “È il passo giusto che mancava in una strategia che guardava soltanto - e penso a Mare Nostrum e alle decisioni prese dal governo di Matteo Renzi - all’aspetto accoglienza trascurando però l' altra faccia della medaglia, cioè il suo limite”.

Amico personale di Hillary Clinton così come di Colin Powell, qualche anno fa è stato nominato dal governo serbo di Aleksandar Vucic consigliere speciale per le trattative di adesione della Serbia all’Ue. Il ministro degli Esteri in carica, Angelino Alfano, gli ha chiesto una mano e lo ha nominato rappresentante speciale per la Transnistria per la soluzione del conflitto tra quella Regione e la Repubblica di Moldavia.

Sportivo (è stato maestro di sci), animalista (sui suoi profili social segnala casi di abbandoni e maltrattamenti), vicino alle rivendicazioni delle donne (ha organizzato a “casa” sua la prima Conferenza internazionale contro la violenza sulle donne in ambito G8) ha sempre mantenuto un ottimo rapporto col Cavaliere, che ne ha apprezzato la discrezione anche in questi anni. Frattini, in effetti, non ha mai chiesto nulla. Dentro Forza Italia vanta un nutrito gruppo di amici - specie i suoi ex colleghi ministri -, mentre nel centrosinistra non ha nemici. “Su sicurezza e immigrazione l’Italia ha fatto un lavoro straordinario ma è stata lasciata sola;, la missione in Niger è utile all’interesse nazionale”, ha detto qualche settimana fa, prima del voto bipartisan sulla missione contro i trafficanti di uomini. Oggi potrebbe essere l’uomo della sintesi, di centrodestra ma moderato, internazionale, ma che conosce i problemi degli italiani, con una lunga esperienza politica pur senza essere un “politico” di professione. Da buona “riserva della Repubblica” è scomparso dai radar di questi giorni, consegnando a La Stampa la frase definitiva: “Chi serve le istituzioni viene chiamato, non si propone”.

Paolo Emilio Russodi Paolo Emilio Russo, giornalista parlamentare   
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