Il caso Sardegna e non solo: tutti i suicidi seriali del centrodestra
La colazione guidata dalla Meloni è maestra nella scelta degli uomini sbagliati. E non è una novità

Il centrodestra è maestro nel farsi del male da solo, soprattutto nella scelta degli uomini. Capitava ai tempi del Mattarellum con la scelta di improbabili personaggi piazzati in collegi uninominali considerati sicuri che poi diventavano sì sicuri, ma nel senso che la sconfitta era certa perché gli elettori del Polo della libertà e del buongoverno prima e della Casa della libertà poi non accettavano supinamente di votare chi consideravano inadeguato al ruolo.
E' successo a Milano
E la stessa cosa è capitata spessissimo alle amministrative, ultime della serie quelle di Milano, dove Luca Bernardo, medico scelto da Matteo Salvini, ha perso al primo turno contro Beppe Sala e ancor più a Roma, dove il centrodestra avrebbe avuto più possibilità, ma il candidato Enrico Michetti, star delle radio locali voluto da Giorgia Meloni, è stato surclassato dal candidato primo cittadino del centrosinistra Roberto Gualtieri, nonostante sulla carta il centrodestra potesse giocarsela.
Il caso Sardegna
Insomma, il caso Sardegna, con le liste di centrodestra avanti e non poco e invece la candidata presidente di centrosinistra che ha vinto è solo l’ultimo di una serie di suicidi politici seriali del centrodestra, di cui le regionali sarde sono solo la punta dell’iceberg, con la coazione a ripetere degli errori nella scelta degli uomini.
Certo, le peculiarità del voto dell’Isola sono moltissime, a partire dal fatto che – da quando c’è l’elezione diretta del presidente – mai una volta chi governava è stato confermato, con un turn over che dimostra una straordinaria maturità degli elettori, che non votano per appartenenza o almeno non solo, ma che valutano le personalità dei candidati e le loro qualità.
Ecco, credo che questo modo di ragionare, un voto consapevole e raziocinante, molto anglosassone se vogliamo, sia forse il maggior risultato dell’elezione diretta di sindaci e governatori. E, ad esempio, lo riscontro anche nella mia città natale, Bergamo, dove – da quando gli elettori eleggono direttamente il primo cittadino – hanno sempre ribaltato la coalizione che aveva vinto la volta precedente, con l’unica eccezione della conferma plebiscitaria di Giorgio Gori a Bergamo, premiato dagli elettori con una percentuale ancora superiore a quella della prima volta, segno del riconoscimento di buona amministrazione.
Lezione sarda
Detto questo, credo che se c’è una lezione che arriva queste elezioni sarde ed esportabile anche al resto d’Italia è proprio quella di ascoltare i territori.
Mentre, non va dimenticato che – in nome del “riequilibrio fra le forze della coalizione” e del “riconoscimento dell’accresciuto peso di Fratelli d’Italia” – dopo la Sardegna l’unica altra candidatura alla presidenza che non è stata messa in dubbio è stata (giustamente) quella del presidente dell’Abruzzo Marco Marsilio che è di Fratelli d’Italia ed è presidente uscente con un solo mandato. Ma, incredibilmente, anche altri presidenti con una sola elezione alle spalle come Vito Bardi, azzurro, in Basilicata e Donatella Tesei, leghista, in Umbria venivano indicati come a rischio a favore di esponenti di Fratelli d’talia o terzi e addirittura Alberto Cirio, presidente del Piemonte di Forza Italia, che gode di un’ottima reputazione nella regione ed è favoritissimo, ad oggi non ha ancora avuto il piacere di avere l’ufficializzazione della sua candidatura.
Per non parlare del dibattito sul terzo mandato che azzopperebbe un fuoriclasse leghista come Luca Zaia in Veneto il prossimo anno, ma anche, sempre nel Carroccio, il presidente della Conferenza Stato-Regioni e del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga. Che, invece, non andrebbero toccati. Come non andrebbe toccato in Liguria Giovanni Toti, il cui terzo mandato in realtà sarà contato come il secondo perché nel frattempo è cambiata la legge elettorale regionale.
Gli errori che servono da lezione
Già ieri Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Antonio Tajani e Maurizio Lupi hanno detto di aver imparato dagli errori.
Non conosciamo il menù dei pranzi del centrodestra di questi giorni, ma la ricetta è molto semplice, senza troppi sforzi: ascoltare i territori e soprattutto tener conto della forza del civismo, del fatto che non basta più che un partito indichi un nome, qualsiasi sia il partito e qualsiasi sia il nome.
Anzi, scandalosamente, prima il centrodestra con il Porcellum e poi il centrosinistra hanno fatto leggi elettorali nazionali che tolgono completamente il potere di scelta ai cittadini, decidendo – di fatto – chi sono i deputati e i senatori, dall’alto. Mentre, ovviamente, le scelte migliori sono quelle con le preferenze, oppure con il Mattarellum: X contro Y contro Z e se il candidato proposto da una coalizione non è amato, gli elettori scelgono diversamente, anche se simpatizzano per un altro partito.
Oggi, tutto questo si vede solo alle suppletive nei pochi collegi uninominali, dove si gioca l’”uno contro uno” e si vedono anche i risultati: per restare alla Liguria basti pensare ai collegi di Genova Levante e Genova Ponente, dove hanno vinto “fuori casa” rispettivamente Luca Pastorino, espressione del centrosinistra, e Ilaria Cavo, candidata del centrodestra. E hanno vinto anche se i sondaggi dicevano il contrario, anche perché i rispettivi territori hanno storie diametralmente opposte, ma hanno vinto perché sono entrambi bravi e credibili.
E sempre in Liguria Toti ha spiegato per l’ennesima volta che “questa regione non è di centrodestra, ma siamo passati dall’amministrare sul 20 per cento dei liguri a governare sull’80 per cento abbondante dei nostri cittadini grazie alle forze civiche”. A Imperia con Claudio Scajola, a Genova con Marco Bucci, alla Spezia con Pierluigi Peracchini. E poi a Sestri Levante con Francesco Solinas, a Chiavari con Marco Di Capua prima e Federico Messuti ora, a Sarzana con Cristina Ponzanelli, in qualche modo anche a Sanremo con Alberto Biancheri, pur nato con l’appoggio del centrosinistra.
La forza dei candidati civici
E quando il centrodestra “dei partiti” ha provato ad opporsi a questo - con Fratelli d’Italia che in un primo momento aveva un candidato alternativo a Scajola a Imperia, e ancora a Chiavari e a Sestri Levante - le cose sono andate malissimo, perché i candidati civici godevano di maggior sostegno popolare. E anche le prossime elezioni di Sanremo corrono questo rischio, con il centrodestra fortissimo a livello politico, ma la concreta possibilità che un candidato civico possa nuovamente ribaltare i pronostici. Insomma, la lezione sarda è quella di ascoltare i territori, ma sul serio, e senza scelte paracadutate dall’altro.
Qualcosa di incredibile in Sardegna
Mentre parlamentari alla decima o alla decima legislatura votavano contro il terzo mandato di sindaci e governatori, “perché occorre il ricambio generazionale”, in Sardegna abbiamo assistito a qualcosa di incredibile.
Al governatore uscente Christian Solinas è stato tolto il diritto di ricandidarsi, peraltro ignorando che è anche il segretario del Partito sardo d’azione, storica forza autonomista, e non è un particolare da poco. La motivazione addotta era che Solinas era basso nei sondaggi sul gradimento dei governatori, anche se in realtà gli ultimi sondaggi sulle regionali lo davano in vantaggio, ma la logica diceva che per un presidente al primo mandato, tranne che volesse rinunciare lui, occorreva comunque dare agli elettori il potere di esprimersi.
Ma ipotizziamo pure, ragionando per assurdo, che fosse così e che occorresse decidere il candidato perché quello naturale era basso nei sondaggi. Il punto è che, per precisa volontà di Giorgia Meloni e dei suoi, Solinas, che era in quota Lega, è stato sostituito da un candidato di Fratelli d’Italia, il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu, che però era bassissimo nei sondaggi nella sua città. Risultato: il centrodestra ha perso la Regione umiliando Solinas senza alcuna ragione proprio perché Truzzu è andato malissimo a Cagliari.
Insomma, il suicidio perfetto. L’ennesimo del centrodestra negli anni a livello locale, soprattutto quando non ci ha messo la testa e la faccia Silvio Berlusconi.