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Il “successo” della missione europea a Tunisi. Forse, si, ma… e intanto Saied dice no ai rimpatri

Il team Europe, i due premier Meloni e Rutte e la presidente von der Leyen, hanno incontrato a Tunisi il presidente Saied. Accordi commerciali e soldi (150 milioni subito) in cambio di riforme e gestione dei flussi migratori. Il ruolo chiave  dell’Italia. In attesa del Fondo monetario  

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Il presidente della Tunisia Kais Saied e Giorgia Meloni (Ansa)
Il presidente della Tunisia Kais Saied e Giorgia Meloni (Ansa)

Un successo diplomatico non si misura certo nello spazio di poche ore. Servono tempo e pazienza, occorre vigilare e soprattutto verificare la messa a terra di promesse e progetti. La gestione del fenomeno migratorio non fa eccezione. La missione ieri a Tunisi di due premier - Meloni e l’olandese Rutte - e del Presidente della Commissione Ursula von der Leyen non sfugge a questi criteri. La fretta con cui fonti di governo gridano all’ “enorme successo diplomatico dell’Italia e della Ue”, non fa venire meno i timori che si sia davanti, invece, al nulla o quasi di fatto. Con l’aggravante che mai come adesso non esiste un Piano B convinti come siamo, e come ci dicono, che il Piano A sia destinato al successo.

Il Piano è uno solo

Il Piano A è l’accordo raggiunto dai 27 giovedì scorso a Bruxelles (tranne Polonia, Ungheria e altri quattro paesi) che riscrive le regole dell’immigrazione e dell’asilo in Europa (se e quando sarà adottato dal Parlamento Ue). In estrema sintesi, ecco i punti chiave: redistribuzione obbligatoria secondo quote predefinite in ciascun paese Ue; contributo di 20 mila per ogni migrante rifiutato; questi soldi vanno in un fondo europeo destinato ai paesi terzi di transito e di origine; possibili i rimpatri nei paesi terzi dove ci sono garanzie di rispetto dei diritti civili; obbligo di sbrigare in sei mesi tutte le procedure per i permessi di soggiorno e asilo. Ora il problema è che la Tunisia doveva essere, nei piani del governo italiano, il primo paese terzo dove rimpatriare gli arrivi visto che partono quasi tutti da lì. Ma giusto ieri, e davanti al Team Europa - Meloni, Rutte e Von der Leyen - andato in missione a Tunisi per promettere soldi e investimenti, il presidente Saied ha detto che non ci pensa neppure a riprendersi i migranti, che il suo paese non ha strutture e mezzi nè per farli partire nè per trattenerli una volta rimpatriati. In queste partite la trattativa è sempre lunga e punteggiata di rilanci per alzare il prezzo. Erdogan insegna: ogni tanto, quando vuole più soldi, fa partire migliaia di profughi e manda segnali. Dunque ci sta che Saied dica no e intanto lavori per accettare. Di sicuro quella di ieri a Tunisi è stata una giornata importante ma dall’esito ancora incerto. Tanto che l’accordo europeo su immigrazione e asilo presentato l’altro giorno come un grande successo diplomatico soprattutto italiano, può trasformarsi in un boomerang. Soprattutto per l’Italia che dovrà fronteggiare un’estate di sbarchi senza Piano A. E con il rischio del Piano B.

Il Team Europe, il ruolo chiave dell’Italia

Ma veniamo alla giornata di ieri. Il Team  Europe - i due premier Meloni e Rutte e la presidente con der Leyen - è arrivato al palazzo presidenziale di Cartagine ieri mattina con in offerta al presidente Saied di un pacchetto in cinque punti tra cui un memorandum d'intesa da approvare entro la fine di giugno e 150 milioni subito per le casse del governo per rilanciare la partnership bilaterale e provare a convincerlo ad accettare i prestiti - e le riforme - del Fondo monetario internazionale. Il grosso dei fondi, quello che permetterebbe di evitare il collasso finanziato della Tunisia, rimangono gli 1,9 miliardi di assistenza macrofinanziaria del Fmi, a cui si aggiungerebbero, una volta sbloccati, altri 900 milioni di prestiti da parte dell'Ue. Saied, ancora non ne vuole sapere di accettare le condizioni di riforma richieste in cambio dell'assistenza, ma il pressing della Commissione e degli Stati membri si è intensificato in questi ultimi giorni e il ruolo della Italia è stato definito “cruciale” a Bruxelles. Finora tra Tunisi e il resto del mondo era “chiusura totale”. L’incontro è certamente segno di “volontà di collaborazione”.

“Tunisi tratta. Finora era chiusura totale”

Martedì scorso Meloni era a Tunisi con Saied. Ieri ci è tornata supportata dall'Esecutivo comunitario e dall’omologo olandese con cui ha trovato un'insolita sintonia anche sul tema dei migranti. Fonti diplomatiche europee dopo la missione a Tunisi hanno sottolineato “la rilevanza della dichiarazione congiunta Europa-Tunisia che contiene impegni importanti perché delineano un'azione sia dell'Unione Europea che della Tunisia. È un altro segnale positivo del ruolo che viene riconosciuto all’Italia”. Per Ursula von der Leyen l’incontro di ieri segna “una tappa importante nel rapporto tra la Tunisia e l'Unione Europea. La Tunisia è un partner che ha molto valore nell'Unione europea. Il nostro supporto alla democrazia tunisina dopo il 2011 non è mai mancato. Una strada lunga, a volte difficile. Ma queste difficoltà possono essere superate”.

Un pacchetto in cinque punti

Il pacchetto proposto a Tunisi si poggia su cinque pilastri: rafforzare i legami economici, aumentare gli investimenti commerciali, stringere una partnership energetica sostenibile e competitiva, la gestione della migrazione e lo sviluppo di programmi di formazione per i giovani come l'Erasmus+. Oltre ai fondi promessi, von der Leyen ha prospettato di rivedere l’accordo commerciale con Tunisi e sviluppare il potenziale in termini di lavoro e crescita della Tunisia. Ha ricordato il cavo sottomarino Medusa che dal 2025 connetterà undici paesi del Nord Africa all'Europa portando la banda larga. Ma anche l’interconnettore Elmed per trasportare elettricità prodotta da energia pulita tra le due sponde del Mediterraneo. Sul tema migranti, la vera sfida che preoccupa l’Italia e l’Europa nella situazione attuale e a maggior ragione in caso di collasso del paese, l’Ue e la Tunisia “hanno entrambi interesse a rompere il cinico modello di business dei contrabbandieri” ha ricordato la numero Uno della Commissione, che ha annunciato “100 milioni di euro per la gestione delle frontiere, ma anche per la ricerca e il soccorso, la lotta al contrabbando e il rimpatrio”. Il tutto nel rispetto dei diritti umani.

Per la premier Meloni la dichiarazione congiunta tra Ue e Tunisia è “un passo avanti per la costruzione di un vero partenariato con la Ue per affrontare al meglio la crisi migratoria e il tema dello sviluppo da entrambi i lati del Mediterraneo”.

Entro la fine di giugno

L'obiettivo scritto nero su bianco è arrivare alla firma bilaterale entro giugno e l'inquilina di Palazzo Chigi invita a “lavorare sodo per arrivare al prossimo Consiglio europeo (del 29 e 30 giugno) con un memorandum già firmato tra Ue e Tunisia”.

Roma, inoltre, è pronta ad accogliere una conferenza internazionale su migrazione e sviluppo sulla Tunisia. Intanto, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è volato a Washington, dove incontrerà il Segretario di Stato americano, Antony Blinken e la direttrice Generale del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva. La crisi finanziaria in Tunisia è uno dei punti all’ordine del giorno. “Il Paese ha bisogno di aiuti - aveva detto Tajani prima di partire - e anche da parte del Fondo monetario serve un approccio pragmatico, non ideologico”. Il Fondo chiede a Saied di fare marcia indietro rispetto alla riforme autoritarie imposte dal suo regime negli ultimi tre anni. Ma il Presidente tunisino, pur con il paese che sta andando in rovina, non intende perà rivedere alcunché.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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