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A sorpresa, la strategia di Giuseppe Conte passa dalla vittoria di Donald Trump

Trump o Harris? Conte non ha mai detto, a differenza del Pd, di stare dalla parte della vicepresidente uscente

Giuseppe Alberto Falcidi Giuseppe Alberto Falci   
Giuseppe Conte durante alcuni incontri a Piacenza (Ansa)
Giuseppe Conte durante alcuni incontri a Piacenza (Ansa)

Chi parla con Giuseppe Conte lo descrive «tranquillo» e «carico» in vista dei prossimi appuntamenti. Non è interessato, al momento, alle dinamiche di coalizione, a quel campo largo - per intenderci - che stenta a decollare per il gioco dei veti incrociati. Di tutto questo se ne occuperà a tempo debito quando si avvicinerà l’appuntamento delle elezioni politiche che si celebreranno nel 2027. C’è tempo, insomma.

Lo sguardo agli Usa

Semmai guarda a quello che sta succedendo Oltre Oceano, alle sorti degli Stati Uniti. Trump o Harris? Conte non ha mai detto, a differenza del Pd, di stare dalla parte della vicepresidente uscente. E ha continuato a rivendicare un rapporto con il tycoon Trump costruito negli anni della presidenza del Consiglio.

Conte balla da solo

Ecco perché da quando è passata la nottata delle regionali in Liguria, Conte preferisce ballare da solo e restare equidistante dal centrosinistra e dal centrodestra con cui ammicca in alcuni frangenti. E tornare così alla vecchia formula cara al Movimento d’antan «né di destra né di sinistra». Obiettivo: nemmeno tanto velato tornare a primeggiare.
E così le elezioni in Liguria segnano un prima e un dopo nella storia dei 5Stelle. A rischio le sorti di un contenitore che ha stravolto la politica italiana nella Seconda Repubblica aprendo le porte a un sistema tripolare. Ma Conte non demorde, è convinto che prima o poi riuscirà a tornare a Palazzo Chigi. Scenario a oggi più che complicato, visto che nel centrosinistra le redini della coalizione sono saldamente nelle mani di Elly Schlein. Al massimo da quelle parti si può ipotizzare un papa straniero, un simil Prodi, per federare una compagine eterogenea.

La scommessa americana

Ed è forse la vera ragione per cui Conte, nelle ore post voto in Liguria, avrebbe deciso di cambiare rotta. La presa di distanza dal centrosinistra non inizia certo adesso, non firmare il referendum sulla cittadinanza è stato un passaggio che hanno notato a più livelli, così come essere rimasto a distanza da sicurezza dalla sfida americana tra Kamala Harris e Donald Trump. Raccontano nei palazzi della politica romana che le elezioni americano rappresentano una sorta di scommessa. Una vittoria dell’ex presidente americano potrebbe avere un impatto sulle sorti della politica italiana. E potrebbe ridare centralità a chi in passato ha tessuto un rapporto con il tycoon. Il famoso “Giuseppi” è rimasto nel cuore del leader del M5S. Non è dato sapere se i due si siano sentiti recentemente o se nei mesi i due abbiano avuto un colloquio informale.

La Costituente

Notorio però che il trionfo dell’ex presidente americano ridarebbe fiato a Conte e slancio al suo percorso politico. Mancano pochi giorni al voto americano. Tutto il mondo guarda con il fiato sospeso a una sfida da cui dipendono in un certo senso le sorti delle due grandi guerre, quella tra Russia e Ucraina, l’altra Medio Orientale.
In questo contesto non è certo un caso se in queste ore diversi pentastellati di rito contiano confidano che il Movimento del futuro, quello che nascerà dopo la Costituente, «dovrà smarcarsi, specie in politica estera, rivendicare le lotte della sinistra, tornare fra gli ultimi». E ancora: «L’errore è stato essere diventati un partito come gli altri… Qual è oggi la differenza tra noi e il Pd?». Ecco perché da ora in avanti serve dare una scossa al Movimento: «Abbiamo bisogno di una identità chiara e nuova, di posizioni anche più nette, meno sfumate». Il leader del M5S non intende restare circoscritto al perimetro del centrosinistra.

Grillini spaesati

Tutto questo tratteggia il partito che rinascerà all’indomani della Costituente di fine novembre. I grillini in Transatlantico sono spaesati, non sanno come andrà a finire. Il Movimento continua a perdere peso specifico elezione dopo elezione. Il risultato in Liguria è stato considerato un punto di non ritorno. Il 5% nella terra di Beppe Grillo sembra sancire la fine di un progetto. Ragion per cui occorre resettare, rinnovarsi e ripartire con la stessa forza degli alberi. E va da sé con Conte punta di diamante. L’avvocato del popolo viene accusato da più parti di aver accompagnato alla porta le figure più ingombranti del Movimento. Il riferimento è a Luigi Di Maio, il volto governista dei 5Stelle, che a differenza di Conte ha sposato la causa draghiana senza infingimenti. Dall’altra c’è stata la fuoriuscita di Alessandro Di Battista. «Dibba» è stato sempre considerato il vero erede di Beppe Grillo perché incarnava più di tutti il dna del grillismo degli alberi.

Rischio scissione

La mossa di Conte che ha prima tagliato la consulenza del comico e poi annunciato un grande reset del Movimento potrebbe produrre una scissione innescata proprio da Di Battista.
Sia come sia, Conte intende giocarsi la sua partita. Modellando il movimento a sua immagine e somiglianza, portando le storiche battaglie del Movimento, ad esempio il reddito di cittadinanza, senza perdere di vista la politica. Restando autonomo rispetto allo scontro bipolare tra Elly Schlein e Giorgia Meloni. Non a caso, proprio due giorni fa, il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio ha scolpito queste parole sull’avvocato del popolo: «Conte ha un’indicazione netta dagli elettori ancor prima degli Stati Generali: niente alleanze organiche o rapporti preferenziali con il Pd. Fino alle politiche, il M5S faccia opposizione e intanto si rifondi e si apra alla società cercando dei candidati credibili e i votanti perduti. Anche a costo di ritirarsi per un po’ dalle amministrative».
Ma tanto come si diceva sopra sarà strettamente connesso al risultato americano. Martedì notte «Giuseppi» guarderà gli speciali dedicati al rinnovo della presidenza degli States. Trump o Harris? Anche se lo mai dirà espressamente tiferà per quello che considera un suo interlocutore quando era a Palazzo Chigi. Già, Palazzo Chigi: il sogno di Conte, anzi di «Giuseppi».

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