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La promessa di Giorgia: “Difenderemo produzione e lavoro”. Il “miracolo” di Tavares: tutti felici per l’addio

Maggioranza, opposizioni e i sindacati chiedono che il presidente di Stellantis venga in Parlamento. Cosa che non ha mai fatto nonostante le richieste e gli aiuti dello Stato.C’è una data possibile: il 17 dicembre. Elkann ai lavoratori: “Adesso guardiamo avanti concentrati sui prossimi capitoli, sui nostri clienti e nel continuare a costruire una grande azienda”

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Foto Ansa
Foto Ansa

C’è un miracolo, almeno uno, che Carlos Tavares ha compiuto nella sua mission italiana: ha messo d’accordo politica e sindacati, tutti, di destra come di sinistra chi prima chi dopo, certamente oggi nell’ora dell’addio dicono convinti: “Tavares non ci mancherà. E Elkann riferisca subito in Parlamento”. Non si sa cosa abbia detto domenica nelle due telefonate istituzionali fatte al presidente Mattarella e alla premier Meloni. Oltre alla comunicazione dell’addio anticipato a Tavares dopo un consiglio di amministrazione molto teso in cui sono emerse “importanti divergenze sulle decisioni da prendere nei prossimi mesi”, Elkann deve aver rappresentato almeno in sintesi lo stato delle cose. Motivo per cui ieri sera Giorgia Meloni, mai stata tenera con il presidnete di Stellantis, ha detto intervistata da Nicola Porro su Rete 4: “Faremo del nostro meglio per difendere l'occupazione e l'indotto. Abbiamo un tavolo con Stellantis convocato a metà dicembre, speriamo possa essere quello risolutivo”. La premier cerca cosi di prendere in mano il caso Stellantis, il destino di sei stabilimenti e 40 mila lavoratori (solo in Italia). Consapevole che può diventare la slavina che spazza via tutto. Il contagio che veramente incendia una società che non trova ascolto e meno che mai risposte nel disagio economico e sociale che corre dal ceto medio in giù.

Il nuovo Ad a metà anno

John Elkann, che si trova a Detroit, è già al lavoro per definire la rotta, ma il nuovo amministratore delegato non arriverà subito e nessuno dei nomi finora ipotizzati, da Luca De Meo a Jean-Philppe Imparato ad Antonio Filosa, sembra essere quello giusto. L’azienda si muove in un contesto difficile e in Italia a novembre ha registrato un nuovo forte calo delle vendite pari al 24,6%. Così per gestire la transizione è già stato nominato un Comitato esecutivo ad interim, presieduto da Elkann che ha chiamato come suo Special Advisor Richard Palmer, responsabile finanziario dell'azienda fino al 2023 e grande conoscitore del mercato americano.

Ieri è stata una giornata nera in Borsa (-6,3 in chiusura; nel corso delle contrattazioni è arrivato a perdere il 9%) perchè gli analisti hanno considerato “del tutto inaspettata e molto negativa l’uscita anticipata di Tavares”, la comunità finanziaria si fidava ancora di lui e della sua capacità di gestire. Fu lui, nel 2021, a gestire la fusione tra Fiat-Chrysler (Fca) e il gruppo Peugeot-Citroen (Psa). Un’intuizione giusta e coraggiosa al momento considerato l’andamento del mercato ma poi, negli anni non supportata da politiche conseguenti e altrettanto “di visione”. Sarebbe comunque andato via prima del 2025. E’ successo un anno prima e nel pieno di una crisi di settore che dalla Germania all’Italia passando per la Francia rischia di mettere in ginocchio l’Europa.

La tragica audizione in Parlamento

Tre mesi dopo quell’audizione di Tavares in Parlamento (11 ottobre) in cui nessuna delle promesse fatte dal manager sul futuro di Stellantis aveva trovato riscontro nei fatti e nei numeri. Fu Carlo Calenda, oggi senatore ma un tempo manager dell’automotive, a mettere in fila numeri e fatti. A gennaio ’24 lo stesso Tavares aveva promesso un milione di veicoli nell’arco dell’anno: ne sono usciti 400 mila, il minimo storico di sempre. Ad aprile 2024 Tavares disse che Mirafiori è un "polo unico nel contesto internazionale” salvo poi registrare un calo della produzione pari al 33%.  “Lei accusa la Cina - ricordò Calenda - ma poi è contro i dazi alle merci cinesi. Sostiene che ci sia una sorta di processo darwiniano per cui i cinesi godono di un vantaggio competitivo del 30% rispetto al mercato europeo e però ha distribuito 13 miliardi di dividendi di cui 4,7 a maggio”. E ancora: il 31 maggio lo stesso Elkann parlò e rivendicò l’identità e la centralità dell’Italia per Stellantis ma intanto la 500 era stata demoralizzata in Algeria, la Panda in Serbia e la Topolino in Marocco.Cosa si intendeva per “identità” e “centralità”?

Una cosa è certa: il governo italiano in questi anni ha dato  un miliardo e mezzo di incentivi al settore, speso 703 milioni in Cig, 6,3 miliardi a garanzia durate il Covid. E’ chiaro che nessuno è più disposto a dare un euro. Quell’audizione, 11 ottobre 2024, ha segnato un po’ la fine del manager. Era chiaro che con lui alla guida ogni interlocuzione politica e sindacale non sarebbe stata più possibile. 

Una nuova fase?

L’uscita di Tavares - accusato dalla politica di non aver mai veramente presentato un piano industriale degno di questo nome - cambierà certamente le cose. Adesso possono esserci le condizioni “per una nuova fase” nel dialogo fra governo e Stellantis. E’ l’auspicio che si registra nell'esecutivo, al Quirinale, in ambienti qualificati del gruppo automobilistico e soprattutto alla luce della telefonata tra Elkann, Meloni e  Mattarella in cui il nipote di Gianni Agnelli deve aver anticipato qualcosa delle intenzioni future. Così come ha scritto nella lettera ai dipendenti inviata dalla sede americana di Auburn Hills per spiegare che cosa è successo. “Con Carlos abbiamo percorso tanta strada e abbiamo ottenuto risultati importanti. Gli sarò sempre grato per il ruolo che ha avuto nella creazione di Stellantis. Tuttavia, il nostro consiglio di amministrazione ha deciso, per il bene dell'azienda, che era giunto il momento di separare le nostre strade” ha scritto Elkann chiedendo ai lavoratori di “guardare avanti, concentrati sui prossimi capitoli, concentrati sui nostri clienti e concentrati nel continuare a costruire una grande azienda”.

Telefonate e scintille

La telefonata più delicata è stata con Meloni, anche per le pregresse scintille: una per tutte, a gennaio, quando la premier spiegò di non accettare dagli Elkann “lezioni di tutela dell’italianità”. I due colloqui non sono stati particolarmente lunghi ma con uno scambio, definito “costruttivo”  sulla situazione dell'automotive nel nostro Paese. Al centro dei ragionamenti, il mantenimento dei livelli occupazionali in Italia e la crescita di quelli produttivi, con riflessi sull’indotto, passando per questioni di dimensione anche europea, dall'elettrico ai tempi per la cessazione della produzione di motori termici: scenari su cui è alta l'attenzione dagli interlocutori di Elkann.  Le prossime settimane diranno se queste ore e l’uscita di Tavares sono un punto di ripartenza positivo del dialogo fra Stellantis e le istituzioni.

In Parlamento

Il primo nodo adesso è la convocazione Elkann davanti al Parlamento italiano. La chiedono tutti, maggioranza, opposizione e sindacati. L'azienda, secondo fonti di maggioranza, dopo le interlocuzioni fin qui avvenute con il ministero delle Imprese, punterebbe a portare la trattativa a Palazzo Chigi per trovare una convergenza sul metodo di lavoro e la condivisione del percorso di crescita. Spiegando di essere in “attesa della convocazione ufficiale presso la Presidenza del Consiglio” a ottobre Elkann ha disertato l’audizione in commissione Attività produttive della Camera. Una scelta bollata da Meloni come “una mancanza di rispetto verso il Parlamento”. Proprio Fratelli d’Italia è stato il primo gruppo parlamentare a sollecitare il presidente di Stellantis a presentarsi in Parlamento “per riferire sul futuro” del gruppo.

In ambienti di maggioranza viene considerata una possibile pre-condizione per avviare poi il tavolo a Palazzo Chigi. Ma se pochi scommettono sul suo passaggio i Parlamento, molti danno “probabile” la sua presenza al tavolo di palazzo Chigi già convocato per il 17 dicembre. Il ministro delle imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha avuto un colloquio telefonico con Elkann. Al tavolo già previsto al Mimint il 17 dicembre parteciperà Imparato “con il mandato di chiudere in modo positivo le interlocuzioni” sul Piano Italia.

Il ruolo dei sindacati

Meloni, dopo la promessa di “difendere l’occupazione e l’indotto”, ieri ha sottolineato “le battaglie dei sindacati francese e americano, mentre rispetto a queste urla il nostro sindacato - aggiunge - è stato ius po’ afono”. Accusa rivolta soprattutto a Landini. Ma in questi giorni la maggioranza è concentrata nel dare addosso a Landini su ogni cosa, dà fastidio la capacità di organizzare il dissenso del leader della Cgil.

I sindacati sperano che l’uscita di scena di Tavares  permetta un cambio di passo. “Tavares non ci mancherà, non ha mai creduto alle relazioni sindacali. Ha delocalizzato, ha frenato gli investimenti in Italia, è arrivato a sfidare lo Stato. Le sue dimissioni determineranno una svolta” afferma il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra. Maurizio Landini chiede che la presidenza del Consiglio convochi Stellantis  e i sindacati “per discutere su quali politiche industriali e quali investimenti si fanno nel nostro Paese”. “Quello di Tavares è un capitolo chiuso, purtroppo disastroso per l'occupazione e per l'azienda. Per il futuro ci aspettiamo discontinuità e coraggio” aggiunge il segretario generale della Uil, PierPaolo Bombardieri.

Nel mirino dei sindacati c’è anche la buonuscita di Tavares stimata in 100 milioni. Secondo alcune valutazioni avrebbe percepito uno stipendio annuale di circa 40 milioni di euro negli ultimi anni. Per questa cifra è stato definito il manager del settore automobilistico più pagato al mondo.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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