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In cerca di soldi per la manovra, Salvini “vende” Autostrade. Meloni dice no

Nelle oltre mille pagine tra Relazione e allegati alla Nadef prende forma quella che sarà la legge di bilancio. C’è un taglio di due miliardi alla Sanità. Revisione degli sgravi fiscali per semplificare e fare cassa. Servono altri dieci miliardi. Giorgetti ne vuole due dalla spending e venti dalle privatizzazioni

Claudia Fusanidi Claudia Fusani       
In cerca di soldi per la manovra, Salvini “vende” Autostrade. Meloni dice no
Salvini e Meloni (Ansa)

Una cosa è certa leggendo le 140 pagine della Relazione economica che tira un consultivo del 2023 e traccia l’andamento del 2024: c’è una disperata caccia alle risorse (che non ci sono) e una altrettanto disperata necessità di intervenire il prima possibile per le famiglie a redditi bassi messe in ginocchio dall’inflazione. Le oltre mille pagine (1300) di allegati spiegano il dettaglio che poi troverà ulteriore sviluppo entro il 15 ottobre con la legge di bilancio vera e propria.

Caccia ai soldi, quindi. Alla risorse, per essere più eleganti.  I 15,7 miliardi del tesoretto in deficit sono blindati per il taglio del cuneo, un primo assaggio della nuova Irpef che ridurrà a tre (invece che a quattro) le aliquote,  il pacchetto di misure per le famiglie. Se, come si profila, l'obiettivo è una legge di bilancio asciutta da 22-25 miliardi, restano 6-7 miliardi per fare il resto. Che è molto poco. E senza sorprese visto che il governo ha già indicato le priorità. Nella Relazione al Parlamento che accompagna la Nadef, si parla di “prosecuzione dei rinnovi contrattuali” della Pubblica amministrazione (scaduti da tre, quattro anni) con “particolare riferimento al settore della sanità, di  potenziamento degli investimenti pubblici” dando priorità a quelli del Pnrr e del “finanziamento delle politiche invariate”. 

Una manovra in due tempi

Per dare subito sollievo agli stipendi devastati dall’inflazione, il governo ha pensato di anticipare un pezzo di manovra con un decreto subito effettivo dedicato a pensioni e pubblica amministrazione. Palazzo Chigi e il Mef stanno pensando ad un decreto dal valore di circa 3,2 miliardi con cui anticipare alcune misure previste in manovra. Si parla di un consiglio dei ministri dopo il 12 ottobre, dopo ciò che le Camere avranno approvato la Nadef (serve la maggioranza assoluta) e lo scostamento di bilancio. Nello stesso decreto una nuova proroga del mercato tutelato dell’energia che scade a gennaio per il gas e in aprile per l’elettricità. Mentre è ormai certa la proroga di qualche mese del mercato tutelato dell'energia, che scade a gennaio per il gas e ad aprile per l’elettricità. Per le pensioni è atteso un conguaglio dello 0,8% per allineare gli assegni 2023 all’inflazione effettiva. Che è ed è stata assai più alta in Italia, ma è sempre meglio che nulla. L’adeguamento delle pensioni (introdotto dalla scorsa legge di bilancio e valido per due anni) dovrebbe essere in misura piena solo per le pensioni più basse. La relazione della Nadef conferma che le pensioni rappresentano una fetta notevole della spesa pubblica e aggiunge che l’impatto sul Pil è destinato a crescere nei prossimi anni. Nel 2036, presupponendo una crescita media annua del Pil di circa l'1% la spesa pensionistica è stimata in aumento di 1,9 punti (al 17,3%) rispetto al 2024.

Il decreto interverrà anche sulla Pubblica amministrazione per il rinnovo dei contratti relativi al 2019-2021 (mancano i dirigenti degli enti locali) e per avviare la nuova tornata contrattuale 2022-2024. Nulla da fare invece per le  tredicesime: la detassazione non scatterà quest’anno perchè la misura è troppo costosa. 

Nel mirino la spesa sulla sanità

Fin qui il decreto che anticiperà alcune misure della legge di bilancio che, si legge nella Relazione al Parlamento, prende forma “in un quadro di finanza pubblica gravato dall’incertezza del quadro geopolitico, con risorse limitate, condizionato dalla politica monetaria rialzista della Bce,  dal peso crescente della spesa per interessi sul debito, destinata a crescere progressivamente nei prossimi anni fino a a sfondare quota 100 miliardi nel 2026”. Entro il 17 di novembre le tre principali agenzie di rating riveleranno il loro giudizio sull’Italia. E a quel punto sarà chiaro il giudizio sul primo anno di governo Meloni. 

Nelle oltre mille pagine tra relazione e allegati si nascondono infinite notizie e sfumature di notizie. Il magico mondo del bilancio dello Stato, il libro che ciascun cittadino dovrebbe leggere ogni anno. E’ tutto già scritto. Basta saperlo cercare. E leggere. Ieri ad esempio sono stati puntati gli occhi sulla tabella allegata e relativa alla Nadef. Da cui risulta, se i numeri hanno un significato, che i fondi destinati al comparto sanitario sono stati limati rispetto alle previsioni di marzo di 0,1%, Nel 2023 è indicata una spesa del 6,6% del Pil (era 6,7%), Nel 2024 e nel 2025 scende a 6,02% e nel 2026 addirittura allo 6,01%. Oggi 0,1% vale circa due miliardi. Significa che in termini assoluti la spesa passa da 136,0 previsti a 134,7 miliardi nel 2023; da 132,7 (previsti) a 132,9 miliardi nel 2024; da 135,0 previsti a 136,7 miliardi nel 2025 e da 138,4 (previsti) a 138,9 miliardi nel 2026. Nel 2023 sono due mlicdi in meno. La tendenza cambia nelle previsioni. Ma è il presente che conta. Le opposizioni, che da 5 Stelle a Italia viva parlano tutte la stessa lingua su questo dossier, potrebbero decidere un’azione comune. Che sarebbe un segnale di buona salute per la politica italiana dove la maggioranza svolge la doppia funzione di maggioranza e opposizione.  

Luci e ombre dal fisco

Le luci, per quanto fioche, riguardano la lotta all’evasione fiscale. “Nel 2022 il risultato annuale relativo alla riscossione complessiva è pari a 20,2 miliardi di euro:  5,8 miliardi derivano dalla riscossione coattiva; 10,9 miliardi dai versamenti diretti (somme versate a seguito di atti emessi dall’Agenzia delle entrate o accordi per deflazionare il contenzioso); 3,2 miliardi dalle iniziative relative all'attività di promozione della compliance curate dall’Agenzia delle entrate;  0,3 miliardi dalle misure di pace fiscale. Poco più di trecento milioni. Un dato, quest’ultimo, su cui riflettere in vista di ulteriori puntate di pace fiscale tanto cara a Salvini.

Le ombre riguardano il capitolo del riordino delle spese fiscali e degli sgravi fiscali. Voci, si legge nella Relazione, “funzionali a promuovere l'efficienza del sistema tributario, ridurne le distorsioni e la complessità e favorire la semplificazione degli obblighi da parte dei contribuenti”. Tutto chiaro. Da anni. Ma ogni anno poi ci si chiede come e quando e si rinvia.Anche perchè rivedere gli sgravi significa aumentare la pressione fiscale.

La riforma fiscale adottata prima dell’estate pone particolare attenzione alla “razionalizzazione e riduzione delle spese fiscali per il conseguimento degli obiettivi di equità verticale e orizzontale, il sostegno della transizione energetica, nonchè per il miglioramento del funzionamento del mercato del lavoro e del mercato dei capitali”. Le linee di intervento per la razionalizzazione e la riduzione delle tax expenditures hanno come obiettivi da tutelare “i nuclei familiari con figli, la tutela del bene casa e della salute, dell'istruzione e della previdenza complementare”. Altri obiettivi riguardano “trasparenza e semplificazione del sistema tributario mediante una riduzione degli adempimenti a carico dei contribuenti e l'eliminazione dei micro-tributi, favorendo una maggiore efficienza della struttura delle imposte e l'alleggerimento del carico fiscale sui redditi derivanti dall'impiego dei fattori di produzione, nel rispetto della progressività del sistema e degli obiettivi di riduzione dell'evasione e dell'elusione fiscale”. Riuscirà il governo ad essere conseguente con quanto scritto e previsto? Sarebbe una bella notizia. In nome dell’equità e della trasparenza.

Spending &privatizzazioni

Poi certo, se il governo dovesse riuscire a trovare due miliardi grazie alla spending review e altri venti grazie alle privatizzazioni (sono numeri dati dal ministro Giorgetti in conferenza stampa), anche la legge di bilancio potrebbe regalare risorse e gioie inattese. Il ministro ha promesso che farà entrambe. Con o senza la collaborazione dei ministeri. In questo frattempo succedono cose interessanti. Come ieri quando per qualche ora abbiamo messo in vendita Autostrade per l’Italia (Aspi). È andata così. Verso le 17 l’agenzia Bloomberg ha battuto la notizia delle trattative in corso per la cessione di Aspi (Autostrade per l’Italia) a Fininc, holding della famiglia cuneese Dogliani, a capo di un gruppo con interessi che spaziano dal vino alle costruzioni e 1.500 dipendenti.  Palazzo Chigi ha smentito in modo perentorio, quasi stizzito, dopo pochi minuti. Dopo un’ora e mezzo circa è uscito il vicepremier Matteo Salvini, da ieri impegnato nel tour “L’Italia del sì”, in pratica va in giro per il paese illustrando le opere e le infrastrutture che saranno realizzate. A margine del tour i ministro delle Infrastrutture non ha avuto dubbi nello smentire palazzo Chigi. “Non so nulla - ha detto in premessa - ma mi auguro che l’offerta venga formalizzata per valutarne i contorni”. La Fininc sarebbe al lavoro per un’offerta da 8 miliardi (che arriverebbe a 20 miliardi includendo i debiti) insieme a un fondo internazionale.

E’ un nuovo capitolo del braccio di ferro tra premier e vicepremier. Un vasto programma. Utilissimo alle casse semi vuote del governo. E al progetto del Ponte sullo Stretto così caro a Salvini. Meno a Meloni.

 

Claudia Fusanidi Claudia Fusani       

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