La separazione delle carriere diventa ring elettorale. Nordio tende una mano. Le toghe non si fidano
Al 36° congresso dell’Anm a Palermo va in scena e si ripete il più classico degli scontri tra politica e magistratura. Forza Italia pretende la sua riforma. Il testo in Consiglio dei ministri il 20 maggio. Schlein al fianco delle toghe. Renzi: “Non riusciranno mai a farla”. L’inchiesta ligure è il convitato di pietra
Il dossier giustizia entra ufficialmente nell’agone elettorale. Ci si era già affacciato la scorsa settimana con il caso Toti e l’inchiesta per corruzione in Liguria. C’è entrato con prepotenza ieri con il via ufficiale al congresso nazionale dell’Associazione nazionale magistrati. Un congresso che si svolge mentre il governo sembra deciso a spingere sull’acceleratore della separazione delle carriere, la cosiddetta “riforma della giustizia”, ovverosia da una parte i giudici e dall’altra i pubblici ministeri, chi fa le indagini e chi rappresenta la pubblica accusa, due “giurisdizioni” diverse con tanto di concorsi separati e Consigli superiori sdoppiati. E’ la riforma costituzionale che Forza Italia pretende di incardinare in aula prima del voto di giugno, è la terza riforma prevista nel programma della maggioranza dove Fratelli d’Italia porta il premierato e la Lega l’autonomia differenziata. Queste ultime due sono già molto avanti (la prima in aula al Senato per la prima lettura; la seconda alla Camera per la seconda lettura) e nel quasi scambio di “figurine” in corso tra Meloni e Salvini, non c’è dubbio che il fedele Tajani sia rimasto indietro. Dunque ora in campagna elettorale tocca accelerare. Provarci almeno, per tenere buono l’alleato più prezioso che Meloni ha in maggioranza.
Muro contro muro
Ma le speranze, per Forza Italia, di avere un’accelerazione dei tempi grazie al dialogo e alla collaborazione con i magistrati nell’iter della riforma sono andate definitivamente disperse ieri nella seconda giornata di convegno. Venerdì, il primo giorno, davanti al Capo dello Stato che è anche il numero uno delle toghe, il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia era stato molto chiaro e aveva ripetuto i rischi e anche l’inutilità di questa riforma rispetto al vero problema che è la lentezza dei processi e i tempi troppo lunghi per arrivare ad una sentenza definitiva. “Separare giudici e pm ha l’unico scopo di indebolire la giurisdizione. Lo stesso progetto di separazione delle carriere pur dopo che la separazione delle funzioni è già stata dilatata all’estremo e con buona pace del favor per la pluralità delle esperienze professionali, reca con sé il germe dell’indebolimento della giurisdizione, almeno quella penale”. Il viceministro Paolo Sisto (Fi), sempre venerdì, aveva anche lui provato a tendere la mano (“la Costituzione, una volta in moto, non va avanti da sè”). Lo ha fatto sabato soprattutto il ministro della Giustizia Carlo Nordio che, arrivato a Palermo per ribadire che il governo ha il mandato dei cittadini per andare avanti sulla riforma della giustizia, è stato poi sommerso da una sfilza di interventi trasversali alle varie correnti della magistratura che hanno opposto un netto No ad ogni riforma.
La mano tesa di Nordio
Quando il Guardasigilli è entrato a metà mattinata nel Circo Massimo di Palermo, è scattato l’applauso della platea. Timido ma rivelatore dell’intenzione quantomeno di ascoltare. Il guardasigilli ha tentato la carta del dialogo: “Dobbiamo cercare un incontro sulle cose su cui potremmo essere d’accordo. So bene che ci sono differenze ma mai mi sognerei mai di entrare in conflitto con la magistratura”. A margine, con i giornalisti, è stato più diretto: “Non è possibile parlare di lotta tra magistratura e politica. Il dialogo deve continuare” perché “l'esigenza di trovare un sentiero comune è importante”. I problemi della giustizia “oggi sono incentrati sull’efficienza della giustizia, penale e civile, quindi il terreno di incontro deve essere questo”. Davanti alla platea dei magistrati ha provato ad essere persino rassicurante e ha definito “dogma” e “non negoziabile” il principio dell'indipendenza dei magistrati, “giudicanti e requirenti”. Resta il tema della separazione delle carriere e delle funzioni e della composizione del Csm: “Siamo stati incaricati dal corpo elettorale di riformare la giustizia e ci atterremo alla Convenzione di Bordeaux”. Nordio ha cercato di rassicurare. Della serie, fidarsi che poi alla fine tanto non cambia nulla. Sulle riforme, in genere, ha detto che non è vero che “le cose siano state scritte e che siano irrevocabilmente decise. Auspico che non si parli più di conflitto tra politica e magistratura, ma di dialogo franco e acceso, di idee opposte, anche di proposte da parte vostra”. Sembra una decelerazione sebbene il Guardasigilli non abbia lasciato dubbi: il governo porterà a casa la riforma “ma l’indipendenza della magistratura è un principio non negoziabile, una contiguità col potere esecutivo è inimmaginabile, in qualsiasi riforma del Csm la prevalenza dei togati sarà assoluta”.
L’Anm dice No
L’Anm non ci sta. “Nordio ancora una volta ci ha rassicurato sull’intenzione di mantenere ferma l'autonomia e l’indipendenza della magistratura. Ma ci ha confermato ancora una volta - ha sottolineato la vicepresidente dell’Anm Alessandra Maddalena - l’intenzione di andare avanti con la riforma sulla separazione delle carriere, che ancora una volta, lo ripetiamo, è incompatibile con il mantenimento dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura. Quindi noi continuiamo a ribadire la nostra contrarietà ad una riforma che stravolge l’impianto costituzionale in danno dei cittadini”. E circa la dichiarazione di Bordeaux, la numero 2 dell’Anm ha precisato: “Il ministro ci ha ricordato la Dichiarazione di Bordeaux per dirci che anche l'Europa vuole la separazione. Mi permetto di dire che io leggo quella dichiarazione in senso esattamente contrario”.
Il testo della riforma
Ora il punto è che di questa riforma, di cui si parla da un anno e mezzo, non esiste ancora un testo di legge. O meglio, esiste, è quello dell’onorevole ed ex sottosegretario alla Giustizia Enrico Costa (i cui ddl e regolamenti sono gli unici che hanno cambiato veramente qualcosa nella gestione della giustizia, ad esempio non poter più pubblicare interi pezzi di ordinanze di custodia cautelare) che però ogni volta che sta per essere discusso in Commissione, succede sempre qualcosa per cui si rinvia a data da destinare. Il “qualcosa” è quasi sempre l’annuncio che il governo sta per presentare il suo testo. È un gioco dell’oca. Che ora però ha stufato Forza Italia. Allora in via Arenula, al ministero della Giustizia, si parla del 20 maggio come data per portare la riforma in Cdm. A venti giorni del voto. Materia incandescente in piena campagna elettorale. E visto che l’Anm ha inviato al congresso anche i leader dei partiti, il ring è servito.
Elly con le toghe
La segretaria del Pd ha attaccato il disegno di riforma del governo, “il tassello di un mosaico di scelte e dichiarazioni che celano una certa insofferenza verso l’equilibrio dei poteri”. Schlein schiera il Pd totalmente contro la riforma e la separazione tra giudici e pm. “Quanto anticipato sulle riforme, a cominciare dalla separazione delle carriere, vede la nostra ferma contrarietà, il governo mostra sempre crescente insofferenza verso l’equilibrio dei poteri, l’attuale assetto istituzionale e verso la stessa magistratura su cui riversa un atteggiamento muscolare e aggressivo. Occorre sentire la voce della magistratura, invece che alimentare un pericoloso scontro istituzionale che non fa bene al Paese”. Duro attacco anche contro Salvini e la sua bizzarra ipotesi su cosa succederebbe se “le microspie fossero piazzate negli uffici dei magistrati”.
Matteo Renzi non ci crede
L’Anm ha inviato anche l’arcinemico - ma forse no - Matteo Renzi. Il leader di Iv, candidato come Schlein alle Europee, ha riconosciuto che “la responsabilità è della politica mediocre e vigliacca quando accetta il principio che un avviso di garanzia implichi le dimissioni di chi lo riceve”. Ha auspicato la fine della “guerra dei 30 anni tra politica e toghe” ed è convinto, così come Enrico Costa, che “la separazione delle carriere non si farà mai, dal governo solo effetti speciali. In fondo la vuole solo Forza Italia”. Giusto per mettere il dito sulla piaga. Cosa in cui il leader di Iv è certamente abile. “Sono imbarazzato dal metodo con cui opera il governo - ha continuato - Annunci invece di riforme e scambia Twitter per Gazzetta ufficiale. Dopo due anni non ha portato a casa neppure una riforma. Di questo provvedimento non esiste neppure il testo”. La riforma costituzionale serve - è convinto il leader di Iv “ma questo governo delle chiacchiere non è in grado di farla”.
Convitato di pietra
Ciò detto, al 36° congresso dell’Associazione nazionale magistrati, c’è un convitato di pietra grosso come una casa: l’inchiesta ligure. A Palermo ne parlano tutti ma a microfoni spenti. Lontano da qui, il leader leghista affonda: i magistrati non possono essere “una casta al di sopra di tutto”. E attacca “i tempi dilatati della giustizia” rincarando sul rischio che le inchieste possano determinare uno stop all'economia: “Spero che non ci sia qualcuno che abbia ‘'obiettivo di fermare lo sviluppo del Paese”. Anche il ministro di FdI Francesco Lollobrigida è tornato sul caso. E pur dichiarando di “non avere sospetti sui tempi dell’indagine” di Genova, sottolinea: “Si chiude dopo quattro anni e mezzo a venti giorni dalle elezioni”. Giuseppe Conte è invece andato direttamente a Genova per dichiarare, dalla pubblica piazza, l’inizio di “una nuova tangentopoli” con un “perverso intreccio tra politica e affari". Che per i 5 Stelle sarebbe come il miele. Essendo loro le api.