[L'analisi] Un ministro nel mirino, vi spiego cosa si nasconde dietro le scritte minacciose contro Salvini
Il dissenso politico nei confronti del ministro dell’Interno non è una sorpresa ma l'invito a ucciderlo è un brutto segno

Brutta la scritta sui muri di Parma contro Matteo Salvini, comparsa un paio di giorni fa. Che riporta a quei terribili anni Settanta, del secolo scorso. Un invito a uccidere il ministro dell’Interno Salvini (“Spara a Salvini e mira bene”). Firmato A in un cerchio, e cioè anarchici, o meglio ancora, oggi gli anarcoinsurrezionalisti.
Brutta perché è il segno di un mutamento di fase, diciamo così. L’inizio di una escalation verbale intanto. E infatti oggi a Modena ne è apparsa un’altra (“Salvini muori male”). Sempre la stessa firma: A in un cerchio.
Il ministro segretario
Il dissenso politico nei confronti del ministro dell’Interno non è una sorpresa. Soprattutto perché su immigrati e centri sociali la sua linea politica suscita reazioni polemiche dall’altra parte. C’è una identificazione totale del Salvini ministro di polizia con il Salvini segretario della Lega. Non si riesce a distinguere il ministro e il segretario. Si fa fatica a seguire comportamenti e affermazioni dell’uomo nei due ruoli. Ed è un problema perché le due figure sono interscambiabili.
La reazione del minacciato
Il ministro dell’Interno ha sradicato vecchie consuetudini e prassi ministeriali. Essendo ministro di polizia (e dei diritti), la prassi vorrebbe che prima agisse e poi commentasse. E cioè parlasse con i fatti. Ma in questo modo metterebbe il bavaglio al Salvini segretario. Difronte all’ennesima scritta minacciosa, lui ha replicato in prima persona lanciando il guanto di sfida: «Imbecilli all’opera, per loro una denuncia e un sorriso. Vado avanti come un treno». Da una parte «la pacchia è finita», dall’altra gli annunci di chiudere i centri sociali irregolari come i centri di accoglienza dei migranti. Dopo la scritta di Parma, Salvini aveva commentato: «Sono indignato per questa istigazione alla violenza, naturalmente non mi fanno paura. E mi aspetto una condanna unanime».
Istigazione alla violenza
Non capendo, Salvini, che anche le sue considerazioni, paradossalmente, sono istigazione alla violenza. La continua sfida (“la pacchia è finita”; “non mi fate paura”; “nessuna tolleranza per i “violenti”) sarebbe legittima se fosse il ministro a pronunciarla o meglio a esprimere un commento dopo iniziative di prevenzione o repressione delle forze di polizia, magari su indicazione dell’autorità giudiziaria. Ma purtroppo non è così perché prevale il Salvini politico.
La retata
Le scritte anarchiche arrivano dopo la retata di Sette anarcoinsurrezionalisti del Trentino, arrestati anche per le bombe dell’ottobre scorso contro una sede della Lega ad Ala (provincia di Trento). Dall’altra parte del Nord-Ovest, Salvini è polemicamente schierato a favore della Tav contro gli alleati di governo pentastellare che sono per il fermo dei lavori. E contro le gallerie della Lione-Torino si è creato un fronte di opposizione che in passato è stato attivo e violento.
Fuori delle regole
Matteo Salvini è consapevole di essere diventato una calamita di consensi per il suo agire (anche a livello di comunicazione) al di fuori delle regole, entrando in contatto direttamente con il “popolo”, con i cittadini, con l’opinione pubblica. E che si sia instaurato un feeling forte è fuori discussione.
Solo che oggi un possibile scenario ci propone una escalation della violenza verbale che può, a un certo punto, degenerare intanto in violenze di piazza. È uno scenario che gli stessi analisti dell’ordine pubblico hanno messo in conto. Qualcuno spera che dopo il voto delle Europee i pompieri riescano a raffreddare il clima. Che l’incendio distrugge e non va a vantaggio di nessuno.